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Accesso alla documentazione condominiale e responsabilità penali

Ecco cosa rischia l'amministratore che non consegna i documenti condominiali.
Prof.ssa Maria Beatrice Magro 

Al diritto del condomino ad una piena informazione sulla gestione condominiale corrisponde il dovere dell'amministratore di consentirne l'accesso a tutta la documentazione condominiale di cui egli è in possesso.

Tale documentazione è innanzitutto quella contabile, relativa cioè ai bilanci (la cui verifica spetta però ai revisori contabili), a fatture di pagamento, Mav, estratti conto, bonifici, rendicontazione bancaria periodica attinente alla gestione condominiale.

Sono comprese anche le delibere assembleari nonché tutti i documenti, anche in formato digitale, oggetto di discussione durante le assemblee condominiali.

Una particolare menzione richiedono gli eventuali atti giudiziari, qualora il condominio sia parte in causa, come ad esempio in caso di morosità. La nuova formulazione dell'articolo 63 disp. att. obbliga l'amministratore a comunicare le informazioni concernenti i condomini morosi ai creditori (nominativi e rispettive quote millesimali), con l'unica condizione che questi ultimi ne facciano richiesta.

L'amministratore di condominio risponde personalmente se non comunica l'elenco dei morosi.

Infine la documentazione condominiale in possesso dell'amministratore può concernere anche gli impianti di cui è dotato il condominio (ascensore, piscina, antenne, riscaldamento, etc.) e altre informazioni concernenti le condizioni strutturali dell'immobile, posto che l'amministratore è titolare di una posizione di garanzia complessiva che coinvolge responsabilità penali anche in caso di danno a terzi.

In ordine all'accesso alla documentazione condominiale, premettiamo che, mentre sussiste sul piano civilistico il dovere dell'amministratore di custodire la documentazione inerente la gestione condominiale, e il corrispondente diritto di ciascun condomino ad accedere, prendere visione e trarre copia di tale documentazione, sotto il profilo penalistico, viceversa, non sussiste alcuna penale che tuteli, in vigenza del mandato, tale accesso alla documentazione.

La tutela penale si configura, infatti, solo nella fase conclusiva del mandato dell'amministratore, cioè con la cessazione dell'incarico, e in caso di prolungata dolosa inerzia da parte di questi.

In caso di revoca o cessazione del mandato all'amministratore del condominio, la norma che viene in rilevo è l'appropriazione indebita, la quale, come è noto, si differenzia dal furto, in quanto presuppone il possesso della res (cioè la documentazione condominiale) da parte dell'autore del reato.

In questo caso, trattandosi di possesso inerente allo svolgimento di un rapporto di lavoro e di attività professionale, la fattispecie sarà aggravata, in quanto l'autore gode del possesso della documentazione in ragione del proprio servizio.

Come si accennava, la lesione degli interessi dei condomini (cioè di tutti i condomini) alla restituzione della documentazione condominiale si profila solo nel momento conclusivo del rapporto professionale, ovvero in caso di dimissioni, revoca, cessazione del mandato.

Tali eventi producono effetti giuridici immediatamente, obbligando l'amministratore solo al compimento degli atti urgenti non prorogabili e al passaggio di consegne al nuovo amministratore mediante consegna di tutto quanto in suo possesso.

A tal proposito, appare essenziale accertare quando si realizza il reato di appropriazione indebita condominiale. Dal momento della interversione del possesso, con la destinazione delle somme condominiali ai bisogni privati dell'amministratore, oppure già al momento del passaggio delle consegne della documentazione e del denaro di cassa con la nomina del nuovo amministratore, a prescindere dal compimento di atti di disposizione?

La giurisprudenza della cassazione ha, anche in recenti pronunce, optato per questa seconda possibilità evidenziando come - a prescindere dal compimento di precedenti atti di disposizione sul denaro, il momento consumativo del reato vada inequivocabilmente individuato nella cessazione dell'incarico, quale dies a quo da cui decorre il termine di prescrizione (Cass. Pen. Sez. II, n. 39702 del 2019).

Poiché il delitto di appropriazione indebita è un reato istantaneo che si consuma con la prima condotta appropriativa, cioè nel momento in cui l'agente compia un atto di dominio sulla cosa con la volontà di ritenerla come propria, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto consumato il delitto di appropriazione indebita sulle somme relative al condominio, introitate a seguito di rendiconti da parte di colui che ne era stato amministratore, alla cessazione della carica, momento in cui, in mancanza della restituzione dell'importo delle somme ricevute nel corso della gestione, senza giustificato motivo, si verifica con certezza l'interversione del possesso (Cass. Pen., sez. II, 21 aprile 2017, n. 25444).

Allo stesso modo, anche nella giurisprudenza di merito: "L'amministratore di condominio, alla cessazione del proprio incarico, è tenuto a consegnare tutta la documentazione in suo possesso afferente al condominio e ai singoli condomini e ad eseguire le attività urgenti al fine di evitare pregiudizi agli interessi comuni senza diritto ad ulteriori compensi.

Tale obbligo discende dalla disposizione normativa di cui all'art. 1713 c.c.in materia di mandato: l'amministratore del condominio configura un ufficio di diritto privato assimilabile al mandato con rappresentanza, con la conseguente applicabilità, nei rapporti tra l'amministratore e ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato.

Pertanto, a norma dell'art.1713 c.c., alla scadenza l'amministratore è tenuto a restituire ciò che ha ricevuto nell'esercizio del mandato per conto del condominio, vale a dire tutto ciò che ha in cassa, indipendentemente dalla gestione alla quale le somme si riferiscono" (Corte appello sez. I - Firenze, 5 dicembre 2018, n. 2090).

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