Nel linguaggio comune e nelle pubblicazioni di natura giuridica, frequentemente, si utilizzano termini come quelli di domicilio, abitazione, residenza e dimora che, nell'immaginario collettivo, sono identificati quali espressioni di un concetto comune.
In pratica risiedere in una casa piuttosto che domiciliare o dimorare in essa viene, spesso, valutato come un modo differente per dire e intendere la stessa cosa.
In realtà, da un punto di vista legale, i termini qui in esame hanno un valore e un significato differente oltre a determinare una serie di conseguenze variabili, a seconda dei casi e dell'istituto giuridico di riferimento.
Con la presente pubblicazione, quindi, si desidera chiarire l'argomento e si vuole rispondere alle domande: cosa si intende per domicilio, residenza, abitazione e dimora e quali sono le differenze? Procediamo con ordine.
Domicilio: definizione e rilevanza legale
Il domicilio viene definito esplicitamente dal codice civile: «Il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (Art. 43 co. 1 cod. civ.)».
In altre parole il domicilio rappresenta la sede dell'attività professionale di una persona nonché il luogo prescelto per la gestione di un affare.
Esempio della prima ipotesi è quello dell'avvocato il quale ha il proprio domicilio presso lo studio dove opera. È a questo indirizzo, pertanto, che riceverà la notifica cartacea degli atti giudiziari o le eventuali lettere a lui inviate in relazione al proprio ruolo.
Esemplificazione, invece, della seconda circostanza è l'elezione di domicilio che siamo adusi fare in occasione del conferimento del mandato ad un professionista: tutte le comunicazioni a noi dirette e riguardanti il procedimento saranno, infatti, destinate allo studio del legale prescelto, presso il quale abbiamo eletto domicilio, con l'effetto di determinare la piena e valida conoscenza di questi atti da parte nostra.
Anche indicare un indirizzo dove ricevere gli avvisi conseguenziali alla partecipazione di un concorso pubblico corrisponde a un domicilio in cui abbiamo stabilito la sede di un nostro affare; stesso dicasi quando comunichiamo al nostro gestore telefonico di voler ricevere le bollette ad un recapito diverso dalla nostra abitazione (ad esempio, presso l'ufficio dove lavoriamo).
Ovviamente, può capitare che si elegga domicilio dove abbiamo la nostra residenza anagrafica. Ciò non toglie che si tratta di due concetti diversi e dal significato giuridico differente.
Residenza: differenze rispetto al domicilio
Anche per quanto riguarda la residenza è il codice civile, con la norma citata in precedenza, a fornirci una definizione precisa: «La residenza è nel luogo in cui la persona ha la dimora abituale (art. 43 co. 2 cod. civ.)». In parole molto più povere, si tratta del luogo in cui dormiamo, mangiamo, etc.
Già questo è sufficiente a spiegare quanta e quale differenza ci sia rispetto al significato giuridico e pratico di domicilio.
Tecnicamente, i termini appropriati che si devono utilizzare in questo caso sono quelli di residenza anagrafica. In pratica la nostra dimora abituale, ai fini e per gli effetti che deve determinare per le legge, si fonda sulla dichiarazione della residenza che facciamo presso il comune di competenza e che dobbiamo rinnovare ogniqualvolta la cambiamo.
Sto parlando di un vero e proprio obbligo di legge, visto che la normativa in materia prevede che «è fatto obbligo ad ognuno di chiedere per sé e per le persone sulle quali esercita la patria potestà o la tutela, la iscrizione nell'anagrafe del Comune di dimora abituale e di dichiarare alla stessa i fatti determinanti mutazione di posizioni anagrafiche, a norma del regolamento, fermo restando, agli effetti dell'articolo 44 del Codice civile, l'obbligo di denuncia del trasferimento anche all'anagrafe del Comune di precedente residenza (art. 2 Legge 1228/1954)».
Ovviamente alla nostra dichiarazione seguiranno gli accertamenti delle competenti autorità comunali affinché verifichino se, effettivamente quella da noi affermata sia, realmente, la nostra dimora abituale «L'ufficiale d'anagrafe provvede alla regolare tenuta dell'anagrafe della popolazione residente ed è responsabile della esecuzione degli adempimenti prescritti per la formazione e la tenuta degli atti anagrafici.
Egli ordina gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti denunciati dagli interessati, relativi alle loro posizioni anagrafiche, e dispone indagini per accertare le contravvenzioni alle disposizioni della presente legge e del regolamento per la sua esecuzione (art. 4 Legge 1228/1954)».
Insomma per la legge italiana, la residenza è il luogo dove, abitualmente e stabilmente, vive e può essere reperita una persona. Per tale ragione diventa un dato essenziale, ai fini e per gli effetti di molti istituti giuridici.
Tra i tanti possiamo ricordare che la residenza anagrafica è il luogo in cui riceviamo, con piena efficacia e legittimità, tutte le comunicazioni, quali ad esempio un atto giudiziario, così come un sollecito di pagamento stragiudiziale.
È, altresì, possibile rammentare che eleggere la propria dimora abituale in un comune può essere essenziale per usufruire delle agevolazioni fiscali legate all'acquisto della prima casa o per essere esentati dal pagamento dell'Imu in relazione alla cosiddetta abitazione principale.
Dimora: significato e implicazioni giuridiche
Tecnicamente parlando, quando una persona dimora, semplicemente e non abitualmente, all'interno di un'abitazione si tratta di una circostanza occasionale. Ad esempio, la vecchia zia che viene a soggiornare per una settimana a casa dei parenti si dice che sta dimorando in essa.
Stessa conclusione per la casa al mare, dove la famiglia si reca, solo temporaneamente, in occasione delle vacanze estive.
La dimora, quindi, presuppone una relazione con l'abitazione saltuaria ed eccezionale. Per questo motivo essa non ha particolare rilievo ai fini giuridici, fatte salve alcune sporadiche eccezioni.
Tra queste, quella a proposito del luogo dove eseguire la notifica degli atti giudiziari. «Quando non è noto il comune di residenza, la notificazione si fa nel comune di dimora… (Art. 139 ult. co. cod. civ.)».
Abitazione: caratteristiche e significato legale
Nel linguaggio comune con il termine abitazione si intende il luogo dove una persona dimora abitualmente e dove, quindi, elegge anche la propria residenza anagrafica. Tale definizione sembra trovare corrispondenza anche in quelle occasioni dove il concetto di abitazione viene richiamato dalla legge.
È il caso, ad esempio, del diritto di abitazione sulla casa coniugale che il coniuge superstite acquista al momento delle morte del partner. Lo stesso avviene a proposito del presupposto essenziale ai fini dell'esenzione dal pagamento dell'Imu, dove la legge parla, chiaramente, di abitazione principale e della necessità che in esse dimorino, abitualmente, il proprietario e la sua famiglia.
Pertanto, non sembrano esserci dubbi sul concetto e sul significato giuridico di abitazione così come sono stati appena definiti.