Un condomino non avvisa l'amministratore del cambio di residenza e dopo un po' di tempo arriva il conto…
Oggi ci occupiamo di rispondere alla seguente domanda: se un condomino cambia residenza e non avverte l'amministratore cosa può succedere?
In primis, ricapitoliamo cosa prevedono le norme.
Cambio di residenza e anagrafe condominiale
Come noto la Legge di riforma del condominio (L. n. 220/2012) ha introdotto a carico dell'amministratore (tra molti altri) l'obbligo di tenuto del registro di anagrafe condominiale. Anche i condomini però hanno alcuni "compiti".
Testualmente, l'art. 1130 co. 1 n. 6) c.c. prevede che l'amministratore deve "6) curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio, i dati catastali di ciascuna unità immobiliare, nonché ogni dato relativo alle condizioni di sicurezza delle parti comuni dell'edificio.
Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all'amministratore in forma scritta entro sessanta giorni.
L'amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe.
Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l'amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili".
Quindi una conseguenza espressamente prevista, è l'addebito delle spese in caso di mancata risposta alla richiesta dell'amministratore. Richiesta che peraltro nella nostra ipotesi non può esserci, perché stiamo ipotizzando che l'amministratore non sappia nulla (altrimenti il problema non si porrebbe) e quindi non può chiedere nulla.
Comunque, se l'amministratore si accorge del fatto che l'abitazione è vuota e fa le dovute richieste al condomino (eventualmente per pec, email, etc. e non riceve nulla) le spese saranno comunque da addebitarsi al condomino.
Mancata comunicazione cambio di residenza e richiesta degli oneri condominiali
Ma la mancata comunicazione del cambio di residenza può comportare conseguenze ben più sostanziose. Può cioè succedere che il condomino che cambia residenza e non si curi né di avvertire l'amministratore né di andare di quanto in quanto a controllare la posta dell' ex abitazione, abbia un bel giorno una brutta sorpresa.
L'amministratore prima o poi potrebbe raggiungerlo, anche lì, nella nuova residenza. E sarebbe meglio che fosse l'amministratore e non invece il legale incaricato dall'amministratore per il recupero degli oneri non pagati.
Potrebbe però succedere che sia l'amministratore ad avere qualche brutta sorpresa..
Bisogna in proposito considerare due ipotesi.
Se nei tentativi effettuati, la posta inviata al condomino "dimentichino" è rientrata all'amministratore mittente con la dicitura "trasferito" o "sconosciuto" o simili, allora è chiaro che egli è tenuto ad effettuare le dovute verifiche anagrafiche (addebitando nel caso le spese al condomino) e inviare il tutto all'indirizzo di residenza corretto.
Se invece la posta torna indietro solo perché si compie la giacenza, per la legge la comunicazione ha avuto buon esito e formalmente è giunta al destinatario: insomma si dà per conosciuta.
Mentre, quindi nel secondo caso l'amministratore è in regola e può legittimante pretendere il pagamento, nel primo così non è e tutte le comunicazioni eventualmente inviate negli anni è come se non ci fossero.
A quel punto è necessario che invii tutto al nuovo indirizzo; dopo di ciò dovrà aspettare la risposta.
Un rischio che corre l'amministratore in questo caso è che si sia verificata la prescrizione del diritto di credito.
Secondo il codice civile infatti "ogni diritto si estingue per prescrizione, quando il titolare non lo esercita per il tempo determinato dalla legge" (art. 2934 co. 1 c.c.).
Come sappiamo infatti, la legge prevede un certo lasso di tempo per l'esercizio del diritto; tempo che varia da diritto a diritto; alcuni poi sono imprescrittibili, ma certo non si tratta di quelli riguardanti il pagamento degli oneri condominiali.
Vogliamo però osservare un aspetto: l'amministratore, salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, sempre ai sensi delle norme introdotte dalla legge di riforma del condominio, è tenuto ad agire per la riscossione forzosa entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio (v. art. 1129 co. 9 c.c.); egli dovrà quindi rivolgersi al legale per il recupero in via forzosa.
Si badi, la violazione della norma di cui all'art. 1129 co. 9 c.c. non incide sulla debenza del credito: cioè, se la richiesta di pagamento è stata inviata dopo tempo, la violazione da parte dell'amministratore della norma citata non è un argomento utilizzabile dal condomino moroso; certamente tale norma (essendo sicuramente osservata dalla maggior parte degli amministratori) riduce al minimo le probabilità di prescrizione del diritto e che la somma lieviti nel tempo.
Eventuali violazioni della norma di cui all'art. 1129 co. 9 c.c.) potrebbero influire poi sulle eventuali responsabilità dell'amministratore e la sua revoca.
Insomma se l'amministratore esegue bene i sui compiti, e dunque procede celermente con il recupero del credito, non si dovrebbero avere molti problemi, perché nell'eventuale nella fase giudiziale che seguirà, le verifiche circa la residenza dovrebbero farsi più approfondite e quindi eventuali errori dell'indirizzo dovrebbero venire fuori.
In ogni caso si suggerisce il massimo dello scrupolo nel compimento dei propri atti, a tutti.
In conclusione, aggiungiamo che i comportamenti vanno valutati anche alla luce del principio di affidamento e del canone della diligenza, correttezza e buona fede (ex artt. 1175 e 1375 c.c.; per il mandatario, l'amministratore vale anche la norma ex art. 1710 c.c.), da applicarsi a tutti i soggetti, quindi sia all'amministratore che al condomino e che in conclusione bisogna sempre valutare i casi concreti, onde considerarne tutti gli aspetti specifici.