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È complicato provare lo spostamento del divisorio del balcone da parte del vicino

Spesso tra i balconi di un condominio esistono dei divisori, che hanno la funzione di delimitare le rispettive proprietà dei condomini.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

In ambito condominiale è frequente che appartamenti posti sullo stesso piano condividano un balcone o una balconata divisi da manufatti di diverso materiale e forma. Questi divisori - che hanno la funzione di delimitare le rispettive proprietà dei condomini - sono spesso costituite da una struttura in ferro e da un vetro smerigliato: in tal modo viene assicurata ad ogni condomino utente del balcone la riservatezza e la possibilità di ottenere luce.

A proposito di tali manufatti merita di essere presa in considerazione una recente decisione (sentenza della Corte di Appello di Milano n. 2117 del 27 giugno 2023) che si è occupata di un presunto spostamento del divisorio di un balcone posto a confine delle proprietà di due condomini.

È complicato provare lo spostamento del divisorio del balcone da parte del vicino. Fatto e decisione

Una società, proprietaria di un appartamento di un edificio condominiale citava in giudizio, i proprietari dell'appartamento adiacente, per ottenerne la condanna al rilascio di una porzione di 42 centimetri di balcone; secondo l'attrice infatti i convenuti, spostando il divisorio in vetro a confine tra le due proprietà si erano appropriati illecitamente di una porzione del balcone comune.

I convenuti si costituivano in giudizio contestando la domanda della condomina vicina e chiamavano in giudizio anche il condominio, ritenendo necessaria la sua partecipazione al giudizio, posto che la domanda della controparte comportava, qualora accolta, un mutamento della facciata, rilevante sotto l'aspetto estetico e del decoro dell'edificio.

Si costituiva in giudizio anche il condominio facendo rilevare come nessuna domanda fosse stata proposta nei suoi confronti; in ogni caso confermava che lo spostamento del pannello divisorio in questione avrebbe leso il decoro del caseggiato.

Nel corso del procedimento il CTU rilevava che il divisorio del balcone oggetto di causa, risultava allineato a quello del balcone del piano superiore, mentre quello esistente al piano inferiore era in posizione differente dagli altri due, e quindi disallineato; le schede catastali allegate agli atti di compravendita, indicavano la posizione del divisorio in vetro in una posizione diversa da quella attuale, coincidente con la "mezzaria ipotetica di confine" delle proprietà stesse; dagli elaborati grafici relativi alla autorizzazione edilizia del 1968, si ricavava invece che il manufatto divisorio era collocato in posizione sostanzialmente corrispondente a quella attuale e che a quest'ultimo dato andava assegnata rilevanza determinante, dovendo pertanto ritenersi che il divisorio in vetro fosse conforme al titolo abilitativo della costruzione dell'edificio.

Alla luce di quest'ultimo documento (e non considerando perciò le schede catastali e il disallineamento del divisorio del piano inferiore) il Tribunale dava torto alla società attrice dal momento che il suo accoglimento avrebbe comportato una modifica dell'allineamento dei balconi e una violazione del titolo abilitativo comunale. Secondo lo stesso giudice l'asserito spostamento del divisorio non era stato provato.

Divisori dei balconi in condominio

La soccombente si rivolgeva alla Corte di Appello facendo presente, tra l'altro, che il CTU non aveva valorizzato il disallineamento sopra detto; inoltre notava che secondo lo stesso CTU il divisorio in questione non era quello originario ma poteva farsi risalire a circa dieci anni prima, fatto che confermava lo spostamento del divisorio ad opera dei convenuti.

In ogni caso per la società condomina era errato prendere in considerazione l'autorizzazione edilizia del 1968 in quanto il balcone era stato oggetto di varianti in corso d'opera, in particolare ne era stata ridotta la lunghezza inizialmente pari alla facciata del condominio.

La Corte di Appello ha confermato la decisione di primo grado; secondo i giudici di secondo grado la circostanza che la posizione attuale del divisorio sia corrispondente a quella che risulta nel titolo abilitativo della costruzione dell'edificio è elemento che, come ritenuto dal Tribunale, contrasta con la richiesta della società condomina che non è riuscita a dimostrare la proprietà della porzione del balcone rivendicata.

In ogni caso la stessa Corte ha ritenuto irrilevante sia il disallineamento del divisorio in questione rispetto a quello al piano di sotto, sia il fatto che il manufatto in vetro esistente risalisse a circa dieci anni prima del sopralluogo compiuto dal CTU.

Considerazioni conclusive

La Cassazione ha precisato che i divisori dei balconi, ben visibili all'esterno, disposti simmetricamente, omogenei per dimensioni, forma geometrica e materiale, possono assolvere in misura preponderante alla funzione di rendere esteticamente gradevole la facciata del caseggiato: in tal caso la spesa per la sostituzione di tali manufatti deve gravare su tutti i condomini secondo i rispettivi millesimi (Cass. civ., sez. VI, 08/06/2020, n. 10848).

Si ricorda poi il che il Tribunale di Sulmona ha ritenuto illegittima l'istallazione di un armadio sul divisorio balcone, operazione che riduce l'uso e il godimento del manufatto da parte del titolare dell'unità contigua (Trib. Sulmona 10 ottobre 2022 n. 216). Allo stesso modo è illegittimo lo spostamento da parte di un condomino del divisorio per appropriarsi di una porzione del balcone. In tal caso il condomino che agisce in rivendicazione ai sensi dell'art. 948 c.c. è sempre tenuto a fornire la piena prova della proprietà, dimostrando di aver acquistato il bene a titolo originario ovvero derivativo.

In tale ultimo caso, la prova che il rivendicante deve esibire è la c.d. probatio diabolica: egli è tenuto, cioè, a dimostrare la proprietà del bene ricostruendo la catena degli acquisti a partire dal proprio acquisto inter vivos o mortis causa sino a giungere ad un acquisto a titolo originario (Cass. civ., sez. II, 17/10/2022, n. 30438).

Sentenza
Scarica App. Milano 27 giugno 2023 n. 2117
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