L'art. 1382 c.c. consente alle parti di un contratto il potere di limitare, a priori e a una determinata prestazione promessa, il risarcimento del danno che la parte inadempiente - in ipotesi di inadempimento o ritardato adempimento - dovrà all'altra, salvo che non sia stata convenuta la risarcibilità del danno ulteriore (comma 1). Bisogna sottolineare come il pagamento della prestazione sia dovuto indipendentemente dalla prova del danno (comma 2); in ogni caso tale prestazione - così dispone il comma 1 - deve essere determinata. A tale proposito si può affermare che, affinché il contenuto di una clausola penale sia conforme all'art. 1382 c.c., è indifferente che l'ammontare della prestazione risarcitoria a carico della parte inadempiente sia determinato in via anticipata o sia rimesso a un momento successivo all'inadempimento, ma in quest'ultimo caso è sempre importante che la determinazione avvenga sulla base di criteri di calcolo definiti in anticipo. Naturalmente tale pattuizione è utilizzabile anche nell'ambito delle locazioni.
Ricorrendo a questa clausola, il conduttore inadempiente rispetto all'obbligazione di restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto fino alla riconsegna, salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno, che può essere "forfetizzato" con la previsione di una penale (Cass. civ., sez. III, 16/02/2023, n. 4904).
Si è posto però il problema di stabilire se una clausola penale - nel caso di specie inserita in un contratto di locazione -sia soggetta o meno a distinta imposta di registro.
Clausola penale e imposta di registro: la tesi dell'Agenzia delle Entrate
Secondo l'Amministrazione finanziaria la clausola penale è una previsione aggiunta dalle parti allo scopo di produrre ulteriori e distinti effetti giuridici e, quindi, deve essere assoggettata ad autonoma imposizione (quindi dovrebbe essere pagata un'ulteriore imposta di registro). Secondo la stessa Agenzia delle Entrate si deve applicare l'articolo 21 del Dpr n. 131/1986.
Tale norma prevede, al primo comma, che se un atto contiene più disposizioni che non derivano necessariamente, per la loro intrinseca natura, le une dalle altre, ciascuna di esse è soggetta ad imposta come se fosse un atto distinto.
Recentemente la tesi dell'Agenzia non è stata condivisa dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia (sentenza n. 1498 del 7 luglio 2020), a parere della quale, la clausola penale ha lo scopo di assicurare l'esatto, reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni principali reciprocamente assunte; per i giudici tributari la previsione degli interessi moratori per l'inadempimento assolve, dunque, allo scopo tipico della clausola penale che è volta a rafforzare l'interesse di uno dei contraenti all'altrui adempimento, attraverso la previsione di una prestazione aggiuntiva (interessi maggiorati rispetto a quelli legali) a quella pattuita; con ciò, pertanto, la clausola penale non assolve ad alcuna funzione autonoma, né può ritenersi "manifestazione di ricchezza imponibile ulteriore rispetto a quella espressa dall'operazione economica oggetto del contratto".
In altre parole per la CTR Lombardia, ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 21, comma 2), se le disposizioni contenute nel contratto derivano necessariamente, per la loro natura, le une dalle altre, l'imposta si applica come se l'atto contenesse la sola disposizione che dà luogo all'imposizione più onerosa: in altre parole, per questa opinione, il contratto di locazione, contenente la previsione di una condizione punitiva, nel caso di mancato adempimento, deve essere considerato come atto a tassazione unica (non si deve pagare un ulteriore imposta per la penale). L'Agenzia delle Entrate si è rivolta alla cassazione.
Clausola penale nel contratto di locazione: decisione dei giudici supremi
La Cassazione ha dato torto all'Agenzia delle Entrate.
Secondo i giudici supremi la clausola penale ha lo scopo di sostenere l'esatto, reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni "principali", intendendosi per tali quelle assunte con il contratto cui accede; essa non ha quindi una causa "propria" e distinta (cosa che invece potrebbe accadere in diverse ipotesi, pur segnate da accessorietà, come quella di garanzia), ma ha una funzione rafforzativa del contratto di locazione nel quale è contenuta.
Le clausole penali non possono sopravvivere autonomamente rispetto al detto contratto e ad esse deve applicarsi la disciplina generale dell'oggetto del contratto.
Tenendo conto di quanto sopra il Collegio ha precisato che la clausola penale ha lo scopo di sostenere l'esatto, eventualmente reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni "principali" assunte con il contratto cui accede; per la Cassazione essa costituisce un mero patto volto a specificare quanto già scritto nel contratto, al solo fine di stabilire in anticipo quanto la parte dovrà pagare, a titolo risarcitorio, qualora dovesse rendersi inadempiente delle obbligazioni già contenute nel contratto di locazione.
Per i giudici supremi non sembra che a diversa conclusione debba pervenirsi nell'ipotesi in cui le parti stabiliscano, a titolo di penale per il ritardo, un tasso di interesse eccedente quello legale.
Tanto più considerando che sia la penale sia l'interesse moratorio sono volti a predeterminare le conseguenze dannose dell'inadempimento (quanto ai secondi, nel caso in cui il ritardo riguardi un'obbligazione pecuniaria), e che il pagamento degli interessi di mora (salva la loro quantificazione) non discende dalla volontà delle parti, ma direttamente dall'art. 1224 c.c.; e, nell'ottica risarcitoria, anche in questo caso il creditore è ammesso a dimostrare di aver subito "un danno maggiore", così da spettargli "l'ulteriore risarcimento".
Alla luce di quanto sopra i giudici supremi hanno escluso l'applicazione dell'articolo 21 (il quale stabilisce l'autonoma tassazione delle disposizioni dell'atto che non discendano necessariamente le une dalle altre) perché, trattandosi di una mera specificazione e quantificazione di una prestazione già derivante dal contratto di locazione, in assenza di questo, non ha alcuna "forza" contrattuale propria (Cass. civ., sez. V, 07/02/2024, n. 3466).
Quindi, la clausola posta dal locatore al contratto di locazione per disporre il risarcimento in caso di mancato pagamento del canone da parte del conduttore non comporta un'ulteriore imposta di registro, oltre a quella già versata per la registrazione del contratto.