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Gli oneri fiscali sono a carico del conduttore: quando la clausola del contratto di locazione è valida?

È lecita la clausola di un contratto di locazione che preveda che imposte e tasse relative all'immobile locato siano poste a carico del locatario?
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 
Mar 13, 2019

La vicenda. La Corte d'Appello di Firenze aveva respinto il gravame interposto dalla società Beta in relazione alla pronuncia del Trib. Prato di rigetto della domanda di accertamento e declaratoria del vantato diritto alla restituzione degli importi versati alla società Alfa in virtù del contratto idi locazione ad uso ufficio per la durata di anni 18.

Secondo la società Beta (conduttrice), non erano dovuti alcuni importi previsti dal contratto; in particolare, le voci di tassa, imposta e onere relativo.

Dunque, si trattava di una nullità discendente dall'essere la detta clausola in realtà volta a riversare l'onere tributario relativo all'ICI e all'IMU gravanti sull'immobile locato, su un soggetto diverso da quello passivo tenuto per legge a subire il relativo sacrificio patrimoniale, e quindi in chiaro contrasto con il principio, costituzionalmente sancito, di concorso alla spesa pubblica in ragione della (e non oltre la) propria capacità contributiva, nonché' con la L. n. 392 del 1978, articolo 89, che non indica in alcun modo, tra gli oneri accessori a carico del conduttore, ivi tassativamente elencati, anche le imposte patrimoniali relative ai beni locati.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, la società Beta ha proposto ricorso per cassazione.

La rimessione della questione alle Sezioni Unite. Con ordinanza interlocutoria n. 28437 del 2017, la Terza Sezione della Corte di Cassazione ha evidenziato che il giudice del gravame aveva ritenuto valida la (sopra riportata) clausola del contratto di locazione ad uso diverso da abitazione in argomento, non prevedendo essa un obbligo diretto della conduttrice verso il fisco di pagamento delle imposte a vario titolo gravanti sull'immobile, bensì meramente che "si faccia carico, nei confronti della locatrice, dei relativi oneri". Di conseguenza, secondo una prima ricostruzione interpretativa, tale pattuizione non determinava nella specie una traslazione in capo alla conduttrice delle imposte gravanti sull'immobile a carico della proprietaria/locatrice, bensì la mera integrazione del canone di locazione dovuto.

Ed ancora, il giudice del gravame non aveva riconosciuto pregio all'assunto della locatrice secondo cui la L. n. 212 del 2000, articolo 8 (c.d. Statuto del contribuente), nel prevedere (recependo il principio affermato da Cass., Sez. Un., n. 6445 del 1985) "l'accollo del debito d'imposta altrui senza liberazione del contribuente originario", aveva espressamente ammesso la negoziabilità del debito d'imposta, con l'unico limite posto dell'impossibilità di liberare l'originario contribuente; la Sezione rimettente, però, ha sottolineato come la liceità del patto di traslazione dell'imposta involga in termini più generali la problematica se l'obbligo costituzionalmente rilevante di concorrere alle spese pubbliche in ragione della rispettiva capacità contributiva abbia un significato anche soggettivo (nel senso che il relativo adempimento debba non solo essere compiuto oggettivamente in modo completo, ma altresì esclusivamente dal soggetto che per legge ne ha l'obbligo, con impossibilità pertanto di trasferire il debito tributario a soggetto diverso) ovvero esclusivamente oggettivo (nel senso di obbligo da assolvere in quanto giustificato da espressione di capacità contributiva).La Sezione rimettente ha quindi osservato come, pur essendo da tempo chiamata ad affrontare la tematica in argomento, questa Corte non sia al riguardo invero pervenuta ad "un'uniformità ermeneutica". La questione rimessa all'esame di queste Sezioni Unite è: "se sia valida la clausola di un contratto di locazione che attribuisca al conduttore di farsi carico di ogni tassa, imposta ed onere relativo ai beni locati ed al contratto, tenendone conseguentemente manlevato il locatore".

La clausola risolutiva espressa nei contratti di locazione. Problematiche fiscali.

Le risposte della Cassazione a Sezioni Unite (analisi dei precedenti). Preliminarmente, le Sezioni unite hanno richiamato le due precedenti sentenze (sempre a Sezioni unite) del 1985, numero 5 e 6445, che però interessavano le imposte dirette (in questo caso restano direttamente a carico del locatore).

La prima sentenza n. 5/1985 aveva dichiarato nulla, in termini generali, la clausola che «riversi su un altro soggetto (…) il peso della propria imposta» (è nulla - sia ai sensi dell'articolo 1418 c.c., comma 1, che per contrasto con l'articolo 53 Cost. -, la clausola con la quale - sia pure con effetti limitati al rapporto fra le parti - venga convenuta l'imposizione a carico del mutuatario di quanto il mutuante è tenuto a versare all'erario).

Nella seconda pronuncia n. 6445/1985, invece, i giudici avevano chiarito che il patto traslativo d'imposta è nullo per illiceità della causa, contraria all'ordine pubblico, solo quando esso comporti che effettivamente l'imposta non venga corrisposta al fisco dal percettore del reddito. Ipotesi che si verifica "nelle ipotesi di rivalsa facoltativa, quando il sostituto viene a perdere la qualità tipica di mero anticipatore del tributo, non corrisposto al fisco, né recuperato dal sostituto medesimo, sicché effettivamente il dovere tributario non viene adempiuto, pur verificandosi un aumento di ricchezza del contribuente".

Non anche, nell'ipotesi in cui l'imposta è stata regolarmente e puntualmente pagata dal contribuente al fisco, allorquando cioè l'obbligazione di cui si stipula l'accollo non ha per oggetto direttamente il tributo, né mira a stabilire che esso debba essere pagato da soggetto diverso dal contribuente", ma "riguarda... una somma di importo pari al tributo dovuto ed ha la funzione di integrare il "prezzo" della prestazione negoziale.

Le conclusioni delle Sezioni unite. Con il contratto di locazione qui in esame, le parti, sia pure con due distinte clausole contrattuali, hanno voluto determinare il canone locativo in due diverse componenti, rappresentate: l'una dalla parte espressamente qualificata come tale ed oggetto della pattuizione; l'altra come componente integrante tale misura, costituita dalla pattuizione specificamente oggetto della domanda di nullità qui azionata. Invero, la clausola contrattuale in argomento è stata nell'impugnata sentenza intesa come prevedente un'ulteriore voce o componente (la somma corrispondente a quella degli assolti oneri tributari) costituente integrazione del canone locativo, concorrendo a determinarne l'ammontare complessivo a tale titolo dovuto dalla conduttrice.

Detto ciò, secondo gli ermellini, tale clausola risultava dalla corte di merito nell'impugnata sentenza correttamente interpretata.

Per meglio dire, tale giudice, movendo dal dato letterale (in particolare avvertendo che la parola "manlevare" va intesa nel senso di "operare un rimborso a carico del conduttore") ha riguardato la clausola de qua alla stregua del complessivo tenore del contratto, al riguardo ponendo in rilievo come con "due distinte clausole contrattuali" di un "unico atto", le parti abbiano nella specie inteso determinare il canone in due diverse componenti.

Di conseguenza, correttamente la corte di merito aveva nell'impugnata sentenza interpretato la clausola contrattuale in argomento alla luce della ragione pratica dell'accordo e del contratto, in coerenza con gli interessi che le parti.

Inquilino moroso? Il proprietario non è tenuto a versare le tasse.

Principio di diritto: "è legittima nel contratto di locazione ad uso diverso da abitazione la clausola secondo cui il conduttore deve farsi carico di ogni tassa, imposta e onere relativo ai beni locati, tenendo «manlevato» il locatore, dovendosi ritenere che detta pattuizione non determini la traslazione in capo al conduttore dei tributi gravanti sull'immobile a carico del proprietario/locatore ma la mera integrazione del canone di locazione". Cass. civ., sez. Un., 8 marzo 2019, n. 6882

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