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Amministratore non informa l'assemblea di una causa in corso: quali danni?

Se l'amministratore non informa l'assemblea di una causa in corso, il condominio deve provare i danni subiti per tale omissione.
Avv. Marco Borriello 

In generale, quando l'amministratore riceve un atto di citazione, convoca l'assemblea per informare i proprietari di quanto sta accadendo. In tale sede, gli aventi diritto, secondo la maggioranza di legge, decidono come procedere e difendersi, nominando, altresì, il procuratore che li dovrà patrocinare.

Invece, nel caso oggetto della recente sentenza della Corte di Appello di Roma n. 3912 del 30 maggio 2023, ciò non è successo. Un amministratore non aveva informato l'assemblea di una causa in corso.

Aveva, poi, nominato, personalmente, il difensore del condominio e aveva gestito, perciò, in totale autonomia la vicenda de quo. L'ente, quindi, si era attivato verso il proprio, ormai ex, rappresentante per ottenere i danni derivanti da tali omissioni.

Non mi resta, però, che approfondire il caso concreto.

Amministratore non avvisa l'assemblea di una causa in corso: quali danni? Fatto e decisione

Alcuni anni orsono, per la rottura di una conduttura comune, un fabbricato in Roma era citato per danni da un adiacente edificio.

Della contestuale citazione e del pedissequo procedimento, però, l'amministratore dell'epoca non riferiva all'assemblea.

La causa era dunque gestita nominando direttamente e personalmente il procuratore del condominio e si concludeva con l'accoglimento della domanda risarcitoria avanzata dal fabbricato danneggiato.

Per effetto della anzidetta sentenza, il condominio affrontava circa 6.000 euro di spese di giustizia. Di tale somma, l'ente chiedeva conto e ragione al proprio amministratore, ormai decaduto da ogni incarico. L'azione così intentata si concludeva con l'accoglimento.

Per il Tribunale di Roma, infatti, l'ex rappresentante del condominio, non avendo informato l'ente della causa risarcitoria in corso, doveva rimborsare al fabbricato le spese processuali affrontate dallo stesso in quella sede.

Si finiva, perciò, in appello dove l'appellante ribadiva le proprie ragioni. Per l'ex amministratore, la lite che aveva gestito rientrava in quelle attribuzioni per le quali non aveva necessità di alcuna autorizzazione assembleare. L'azione subita, infatti, riguardava le parti comuni dell'edificio (impianto idrico condominiale). L'amministratore era, perciò, legittimato a nominare il procuratore senza passare dal consesso.

La Corte di Appello di Roma ha accolto l'impugnazione dell'amministratore.

Per giustificare la propria decisione, ha ricordato la copiosa giurisprudenza che, in tema di parti comuni, riconosce pieni poteri al rappresentante del fabbricato nel resistere in giudizio senza il preventivo o successivo consenso assembleare "la rappresentanza processuale dell'amministratore del condominio dal lato passivo ai sensi del secondo comma dell'art. 1131 cod. civ., non incontra, limiti quando le domande proposte contro il condominio riguardino le parti comuni dell'edificio, con la conseguenza che l'amministratore non necessita di alcuna autorizzazione dell'assemblea per resistere in giudizio e per proporre le impugnazioni che si rendessero necessarie (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 5203 del 26/08/1986 cui è seguita Cass., Sez. 2, Sentenza n. 8946 del 29/10/1994; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 735 del 23/01/1995; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 7544 del 08/07/1995; Cass., Sez. 2, Sentenza n. 3773 del 15/03/2001)".

Non vi era motivo, quindi, per confermare la sentenza impugnata. L'amministratore aveva, infatti, agito nell'ambito delle proprie facoltà.

Considerazioni conclusive

Nel caso in commento, secondo la Corte di Appello di Roma, la condotta dell'amministratore non è stata, comunque, impeccabile. Egli, pur avendo la facoltà di resistere in giudizio e di nominare il procuratore in totale autonomia, avrebbe dovuto informare l'assemblea della causa in corso.

Per giustificare quest'affermazione, l'ufficio ha, quindi, richiamato alcune pronunce della Cassazione "Ai sensi dell'art.1131 secondo comma cod. civ., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio; in tal caso, l'amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 9093 del 16/04/2007, cui è seguita Cass., Sez. 2, Sentenza n. 22886 del 10/11/2010)".

Tuttavia, assodato il parziale inadempimento ai propri doveri dell'amministratore, questi non poteva essere condannato ad alcun risarcimento a favore del condominio. L'ente, infatti, non aveva provato che, se avesse saputo della lite in corso e se avesse intrapreso una diversa strategia difensiva, avrebbe evitato ogni soccombenza.

Ecco, dunque, perché l'appellato è riuscito a capovolgere il primo verdetto.

Sentenza
Scarica App. Roma 30 maggio 2023 n. 3912
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