L'assemblea è luogo di incontro e, spesso, di scontro tra i condomini, oppure tra questi e l'amministratore. Il rappresentante della compagine condominiale, anche se il compito di moderare il clima della riunione assembleare è affidato al Presidente, è obbligato a tenere un comportamento di correttezza nei confronti di tutti i presenti utilizzando toni e frasi che non configurino offese, che non sono mai giustificate.
Condannato l'amministratore in proprio per le offese pronunciate. Fatto e decisione
Il Tribunale di Frosinone, con sentenza n. 752 pubblicata il 6 luglio 2023, si è pronunciato sull'impugnativa di una delibera assembleare promossa da un condomino, il quale ne aveva chiesto l'annullamento/nullità per un duplice motivo: omessa convocazione e incompletezza del verbale, che non avrebbe chiarito quali fossero i condomini presenti di persona, quali per delega e chi fossero i delegati.
L'attore aveva citato, altresì, l'amministratore personalmente per sentirlo condannare al risarcimento dei danni morali in quanto l'avviso di convocazione ed il verbale dell'assemblea avrebbero contenuto affermazioni lesive del suo onore e della sua reputazione.
L'amministratore si costituiva nella duplice veste, contestando gli assunti avversari ed eccependo, quanto all'entità del richiesto risarcimento per danni morali, l'incompetenza per valore del Tribunale, mentre per l'impugnata delibera chiedeva, tra l'altro, che fosse dichiarata la cessazione della materia del contendere, poiché la stessa era stata sostituita con altra, anch'essa oggetto di impugnativa.
In ogni caso, in merito alla lamentata mancata convocazione la circostanza era stata smentita dall'avviso inviato e ricevuto tramite PEC.
Il Tribunale, dichiarata cessata la materia del contendere con riferimento all'impugnativa della deliberazione, ne esaminava il merito al fine della condanna al pagamento delle spese di lite alla luce della soccombenza virtuale, che veniva accerta nei confronti dell'attore in relazione ai motivi dedotti nell'atto di citazione.
Al contrario l'amministratore veniva condannato, in proprio, al risarcimento dei danni morali per le gravi affermazioni adottate nei confronti del condomino, avendo il giudicante accertato l'uso di espressioni non giustificate e diffuse tra tutti i condomini con grave pregiudizio dell'immagine dell'attore stesso.
Sebbene le offese non avessero travalicato l'ambito condominiale, il comportamento illegittimo dell'amministratore era stato ritenuto sussistente determinando, tuttavia, una riduzione dell'entità del risarcimento richiesto.
=> Il reato di diffamazione commesso dall'amministratore di condominio ed a danno dello stesso
Riflessioni sulla diffamazione in ambito condominiale
Al di là del caso definito dal Tribunale di Frosinone, rispetto al quale si nutre qualche perplessità circa la natura offensiva delle espressioni riportate dall'amministratore nel verbale assembleare e giudicate tali da esporre il condomino di fronte all'intera comunità condominiale come soggetto leso, la sentenza merita qualche sintetica riflessione proprio sul problema della diffamazione, delle minacce o ingiurie che spesso si consumano nel corso delle assemblee condominiali.
La questione può essere considerata da diversi punti di vista in ragione delle diverse circostanze determinate dalle situazioni che si vengono a creare tra condomini, tra questi e l'amministratore o viceversa.
L'intera materia vede interessati tanto comportamenti penalmente rilevanti come la diffamazione (art. 595 c.p.), quanto legati ad illeciti civili come l'ingiuria che, per effetto dell'art. 4 del D. Lgs. n. 7/2016, è stata depenalizzata, con la conseguenza che tale comportamento determina l'applicazione di una sanzione pecuniaria, di competenza del giudice civile, anche se la sostanza della condotta indebita è rimasta sostanzialmente la stessa rispetto a quella prevista dall'abrogato art. 594 c.p.: offesa all'onore e al decoro di una persona presente.
Nella fattispecie in esame era stato accertato che l'offesa nei confronti del condomino era stata perpetrata dall'amministratore il quale, sia convocando l'assemblea sia verbalizzando il suo svolgimento aveva indirizzato al condomino frasi offensive.
In sostanza, si trattava di avere utilizzato atti scritti per dare forma ad aggressioni gratuite, che esorbitavano dalla necessaria continenza espositiva e non funzionali al contesto obiettivo nel quale si inserivano.
Anche se le offese erano rimaste confinate nell'ambito condominiale, questo nulla toglieva al comportamento illecito dell'amministratore, il quale veniva condannato al risarcimento del danno morale patito dal condomino.
Tuttavia, l'ambito ristretto nel quale l'evento rimaneva circoscritto aveva riflessi sull'entità del risarcimento riconosciuto all'attore, con conseguente riduzione a quanto richiesto rispetto alla domanda e determinazione da parte del Tribunale, in via equitativa.
In tutto in piena sintonia con il costante orientamento della giurisprudenza, secondo la quale "poiché l'onore e la reputazione costituiscono diritti della persona costituzionalmente garantiti, la loro lesione legittima sempre la persona offesa a domandare il ristoro del danno non patrimoniale, quand'anche il fatto illecito non integri gli estremi di alcun reato" (Cass., sez. 3, 14 ottobre 2008, n. 25157).