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Affissione di targhe sulle parti comuni dell'edificio: bisogna fare attenzione al regolamento

Solo un regolamento di natura contrattuale o assembleare approvato con il consenso di tutti i condomini può vietare l'apposizione di targhe sulle parti condominiali.
Avv. Adriana Nicoletti 

Esporre sulla facciata dell'edificio, nell'androne oppure accanto alla porta d'ingresso di uno studio professionale una targa sulla quale siano incisi i nomi dei componenti rientra nella logica dell'uso delle parti comuni.

Malgrado ciò può accadere che nasca un contenzioso all'interno della compagine condominiale la cui soluzione va individuata, in primis, nel regolamento di condominio, che può contenere specifici divieti in argomento.

Se, invece, il regolamento non prevede alcuna disposizione in merito allora il condomino non potrà che uniformarsi ai principi che dettano le linee per un corretto utilizzo del bene comune nel rispetto dei diritti degli altri partecipanti.

Il regolamento di condominio vieta di apporre una targa sulle parti condominiali e la conseguente delibera negativa è valida. Fatto e decisione

Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 11356 pubblicata il 18 luglio 2023, pronunciata nell'ambito di un'impugnativa di delibera assembleare, dopo aver dichiarata la cessazione della materia del contendere, ha condannato l'attore al pagamento delle spese di lite sostenute dal condominio convenuto in causa. I fatti oggetto del giudizio si possono sintetizzare come segue.

Un avvocato, proprietario di un appartamento sito in uno stabile condominiale, impugnava la delibera assembleare con la quale gli era stato ordinato di rimuovere le targhe, indicanti la professione svolta, apposte all'ingresso dell'edificio e della sua unità immobiliare.

Assumeva l'attore, da un lato, di non essere mai venuto a conoscenza, neppure al momento dell'acquisto, di un regolamento del condominio che imponesse tale divieto e, dall'altro, che l'esistenza del documento era ignorata anche dall'amministratore e dai condomini interpellati.

Il condominio, da parte sua, evidenziava che l'attore, pur essendo consapevole che già in fase di mediazione la questione si stava per risolvere, aveva iscritto immediatamente la causa a ruolo. In effetti l'assemblea, riunitasi nuovamente in tempi celeri, aveva riconosciuto all'impugnante la possibilità di mantenere le targhe talché la delibera opposta era stata sostituita con altra favorevole alle richieste dell'istante.

A questo punto al Tribunale non restava che dichiarare la cessazione della materia del contendere, essendo venuto meno l'interesse dell'attore alla prosecuzione del giudizio, e pronunciarsi, in base al principio della soccombenza virtuale. sulle spese di mediazione e di lite richiesta dalle parti.

Ad avviso del giudicante non vi erano dubbi sul fatto che parte attrice non avesse mai avuto contezza dell'esistenza di un regolamento di condominio che, tra l'altro non era neppure menzionato nell'atto di acquisto.

Peraltro, era stato accertato che neppure alcuni condomini, interpellati dal medesimo attore, avessero mai saputo della presenza di tale documento, mentre tale conoscenza era stata acquisita solo nel momento in cui l'amministratore aveva rinvenuto un atto regolamentare risalente agli anni '60, anche se il condominio nasceva negli anni '20. Questo significava che su detto regolamento, di natura assembleare, approvato all'unanimità, pendeva l'obbligo di trascrizione ove avesse imposto limiti alla proprietà esclusiva.

Nel caso specifico, invece, ad avviso del giudicante l'attore non aveva subito alcuna lesione nella parte di sua esclusiva proprietà dal momento che le targhe erano state posizionate su superfici di natura condominiale: ovvero la parete esterna del condominio e quella esterna dell'appartamento, parimenti condominiale.

Tuttavia, il fatto determinante per condannare l'attore alla rifusione delle spese processuali in favore del condominio andava individuato proprio nel comportamento del primo, il quale aveva adottato un comportamento contrario al principio della buona fede, dando vita ad un giudizio che si sarebbe potuto evitare, così vanificando le finalità del Dlgs 28/2010.

Infatti, il legale/proprietario/attore a fronte della richiesta avanzata dal condominio al mediatore di rinviare un incontro che sarebbe caduto in pieno periodo estivo, iscriveva ugualmente la causa a ruolo senza dare al condominio convenuto la possibilità di esibire quella delibera che eliminava qualsivoglia interesse di parte attrice ad incardinare il giudizio di impugnativa.

Considerazioni conclusive

Con specifico riferimento alla dichiarazione di cessazione della materia del contendere dichiarata dal Tribunale capitolino non possiamo non ricordare quanto affermato dalla Corte di cassazione, secondo la quale "in tema di impugnazione delle delibere condominiali, la sostituzione della delibera impugnata con altra adottata dall'assemblea in conformità della legge, facendo venir meno la specifica situazione di contrasto fra le parti, determina la cessazione della materia del contendere, analogamente a quanto disposto dall'art. 2377, comma 8, c.c. dettato in tema di società di capitali, a condizione che la nuova deliberazione abbia un identico contenuto, e che cioè provveda sui medesimi argomenti, della deliberazione impugnata, ferma soltanto l'avvenuta rimozione dell'iniziale causa di invalidità" (Cass. sez. 6-2, 8 giugno 2020, n. 10847; Cass. sez. 2, 21 novembre 2019, n. 30479).

Principio ancora più valido nel nostro caso, considerato che la volontà espressa dall'attore, ovvero quella di mantenere le targhe indicanti l'esercizio della sua professione sulle parti condominiali, era stata rispettata con la nuova delibera assembleare che aveva posto nel nulla quella recante il divieto de quo.

Ugualmente pacifica la questione concernente l'apposizione di targhe o insegne sulle parti comuni che deve essere sempre risolta avendo come riferimento il regolamento di condominio che può contenere divieti che rendono gli interventi dei condomini illegittimi se effettuati nel mancato rispetto delle clausole regolamentari.

In tal caso "il provvedimento con il quale l'amministratore del condominio nell'esercizio dei suoi poteri di curare l'osservanza del regolamento di condominio, ai sensi dell'art. 1130, comma 1, c. c., e di adottare provvedimenti obbligatori per i condomini, ai sensi dell'art. 1133 c.c., inviti un condomino al rispetto del divieto regolamentare di collocazione di targhe, senza autorizzazione, sulla facciata dell'edificio, non costituisce atto illecito, e non può, quindi, porsi a fondamento di una responsabilità risarcitoria personale dell'amministratore stesso" (Cass. sez. 2, 22 giugno 2011, n. 13689. Fattispecie relativa ad invio di lettera raccomandata contenente il termine per l'adempimento).

Poiché l'uso sia della facciata dell'edificio, sia dei muri perimetrali interni all'edificio che delimitano le proprietà individuali è disciplinato dall'art. 1102 c.c., il quale riconosce ai condomini il diritto di utilizzo nel rispetto dei limiti in esso indicati (rispetto del decoro architettonico e del pari diritto all'uso da parte degli altri partecipanti al condominio), nel silenzio del regolamento il professionista che voglia inserire una targa all'esterno, oppure accanto alla porta dello studio di norma non dovrebbe incontrare ostacoli.

Restando, tuttavia e per motivi di quieto vivere, sempre opportuna una comunicazione da inviare all'amministratore.

Il relativo divieto, invece, andando ad incidere sul diritto del singolo di utilizzare le parti comuni dell'edificio non può che essere contenuto in un regolamento contrattuale oppure in uno assembleare ma approvato con il consenso di tutti i partecipanti.

Il tutto tenendo conto che il divieto di affissione può anche essere espresso non in termini assoluti, ma tramite l'obbligo di subordinare l'intervento all'autorizzazione dell'assemblea.

Sotto il profilo meramente amministrativo, infine, vogliamo evidenziare che, come ritenuto dai giudici di legittimità (Cass. sez. 5, 16 luglio 2010, n. 16722), l'imposta sulla pubblicità non si applica all'esposizione delle targhe recanti solo l'indicazione dello studio professionale venendo a mancare la struttura e la finalità del messaggio pubblicitario.

Mentre un'eventuale tassa per l'affissione esterna sarà soggetta alla normativa del Comune di riferimento, che determinerà l'esenzione in relazione alle dimensioni della targa stessa.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 18 luglio 2023 n. 11356
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