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Videosorveglianza, ieri e oggi

Telecamere in condominio: le condizioni di liceità sub Codice Privacy.
Avv. Caterina Tosatti 

Oggi esamineremo una pronuncia del Tribunale di Palermo, la sentenza n. 912 del 16 marzo 2021, che ha esaminato un trattamento di videosorveglianza svoltosi negli ultimi anni di vigore della disciplina privacy dettata dal D. Lgs. 196/2003 (Codice Privacy).

Videosorveglianza, ieri e oggi: la pronuncia

Le proprietarie di un immobile, facente parte di un ente denominato "Associazione Proprietari" insieme alle abitazioni presenti in un complesso residenziale, presentano, in data 04 marzo 2020 - la cronologia, come vedremo, è essenziale per l'esame della pronuncia - ricorso ai sensi dell'art. 152 del Codice Privacy, per chiedere il risarcimento del danno patito, quantificato in Euro 20.000,00, derivante dal trattamento illecito dei dati personali delle proprietarie, in particolare delle loro immagini, acquisite tramite la videosorveglianza (che di seguito indicheremo per abbreviazione in VS) eseguita dall'Associazione, che aveva installato n. 03 telecamere poste sui pali opposti alla strada di accesso alla loro abitazione, in assenza di consenso delle proprietarie ricorrenti.

L'Associazione si costituiva riportando che la VS - e così l'installazione delle 3 telecamere all'ingresso del complesso - era stata deliberata all'unanimità dall'assemblea dei proprietari delle abitazioni facenti parte del complesso residenziale da cui nasceva la stessa Associazione.

Lo scopo della VS era la tutela contro l'accesso di soggetti malintenzionati all'interno delle abitazioni, che avevano già subito ricorrenti furti.

La VS era stata installata a dicembre 2013, ma in realtà l'impianto era funzionante solamente dal maggio 2014.

La VS era segnalata da apposito cartello all'ingresso della strada e in prossimità dell'impianto.

I dati acquisiti dalla VS erano archiviati in un hard disk con cancellazione automatica ogni 24 ore.

Secondo l'Associazione, la VS è legittima ed il risarcimento del danno alle proprietarie non spetta, per una serie di motivi: innanzitutto, rilevava l'Associazione che le 3 telecamere erano collocate a 400 metri dall'abitazione delle proprietarie e questo, unitamente alla conservazione delle immagini limitata alle 24 ore, non poteva costituire fondamento per il danno 'rilevante' vantato dalle stesse.

Inoltre, sosteneva l'Associazione, il danno pure dedotto dalle proprietarie, era sguarnito di prova.

Apprendiamo, leggendo la parte narrativa, che già nel 2016 il Tribunale di Palermo aveva disposto la rimozione delle telecamere in via cautelare; non riusciamo a cogliere, tuttavia, se si fosse trattato di istanza delle odierne ricorrenti oppure di altro soggetto interessato.

Le proprietarie avevano acquistato l'immobile facente parte del complesso e, quindi, dell'Associazione, nel 2011, mentre avevano rilevato e denunziato la VS a loro dire illegittima nel 2015.

Il Tribunale di Palermo, con la pronuncia in commento, pur qualificando la VS esperita dall'Associazione illegittima, ha respinto la domanda di risarcimento delle proprietarie, in quanto non provata ed a fronte del danno 'lieve' e non serio subìto dalle ricorrenti.

Un problema di liceità

Il Tribunale, esaminando la legittimità della VS eseguita dall'Associazione, avvia il proprio ragionamento facendo una carrellata della normativa rilevante nel caso di specie.

In questo breve excursus, ci è dato di leggere il richiamo ad articoli del Codice Privacy (in particolare, gli artt. 4, 5, 15, 31, 18, 22, 23 e 24) ed al Provvedimento Generale sulla Videosorveglianza del Garante per la Protezione dei Dati Personali del 08 aprile 2010, elementi sui quali, ci pare di capire, il Giudice ha fondato il proprio percorso logico - argomentativo ed il proprio convincimento circa l'illegittimità della VS.

Ebbene, essendo stato il ricorso delle proprietarie depositato il 04 marzo 2020, quindi ampiamente dopo l'avvio dell'applicazione del Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR), già entrato in vigore nel 2016 ed essendo la sentenza successiva alle Linee - guida dello European Data Protection Board (EDPB) n. 03/2019, adottate in versione definitiva, in data 29 gennaio 2020, nonché alle FAQs del Garante Privacy sulla VS del dicembre 2020, il lettore potrebbe domandarsi perché la pronuncia in commento non faccia menzione alcuna di questi provvedimenti, pur essendo stata redatta nel febbraio 2021 e pubblicata nel marzo 2021.

Dobbiamo osservare allora che, trattandosi di VS che dovrebbe essersi svolta tra gli anni 2014 - data di avvio della VS - . 2016 - quando il Tribunale medesimo ordinò la rimozione delle telecamere - e sempre ammettendo, come pare di potersi capire dalla sentenza, che la VS non sia stata riavviata dopo la rimozione delle telecamere avvenute nel 2016, il Giudice ha ritenuto di dover esaminare le condizioni che in quel periodo avrebbero determinato la legittimità o meno della VS.

Discorso diverso laddove la VS fosse continuata sino al momento di proposizione del ricorso, perchè avremmo dovuto vedere applicata la normativa medio tempore entrata in vigore e di cui sopra.

Tuttavia, anche applicando la normativa citata, alcuni conti non tornano.

Il Giudice, infatti, citando in particolare il Provvedimento Generale del Garante Privacy sulla VS dell'08 aprile 2010, afferma che detto provvedimento prescriva, come condizione di liceità del trattamento (Base Giuridica, diremmo oggi) il consenso oppure, laddove l'acquisizione del consenso «risulta in concreto limitata dalle caratteristiche stesse dei sistemi di rilevazione che rendono pertanto necessario individuare un'idonea alternativa», il c.d. 'bilanciamento di interessi' (oggi, Interesse Legittimo).

È evidente che sarebbe impossibile domandare il consenso a tutti i soggetti che entrano nell'angolo di visuale della VS prima che entrino, quindi il consenso, già sub Codice Privacy, non era ritenuto, in questi casi, condizione di liceità applicabile alla VS.

Segue poi il magistrato citando la Legge n. 125/2008, che disciplina le misure in materia di sicurezza urbana, nonché specificando che «spetta ai Sindaci ed ai Comuni l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza in luoghi aperti al pubblico al fine di tutelare la sicurezza urbana; rispetto all'esercizio di tali funzioni, il Garante ammette l'utilizzo da parte degli stessi di sistemi di videosorveglianza in luoghi pubblici o aperti al pubblico».

Da queste premesse, il Giudice sviluppa poi l'argomento a sostegno dell'illiceità della VS eseguita dall'Associazione, osservando che non si trattava di trattamento escluso dall'applicazione del Codice Privacy in quanto eseguito «per scopi personali», data la natura associativa dell'ente; che quindi l'Associazione doveva eseguirlo rispettando le condizioni di liceità previste dal Codice e dal Provvedimento Generale del Garante Privacy, cioè o l'adempimento di obblighi di legge o contrattuali o il legittimo interesse del Titolare o di terzi oppure il consenso degli interessati; che, siccome nel caso di specie non si poteva applicare il legittimo interesse perché spettava all'Autorità di Pubblica Sicurezza apprestare la forma di tutela realizzata invece dall'Associazione con la VS installata, l'Associazione avrebbe dovuto acquisire il consenso e, mancando lo stesso - almeno nel caso delle ricorrenti - la VS era da ritenersi illegittima.

Per installare le telecamere nel garage non occorre l'unanimità

Perché ci troviamo in disaccordo rispetto a questa interpretazione e lettura delle norme?

Innanzitutto, cerchiamo di fare chiarezza nel ragionamento alquanto criptico dell'estensore: dobbiamo dedurre cioè, leggendo più volte la parte narrativa del provvedimento, che, siccome le 3 telecamere installate dall'Associazione erano collocate su pali presenti sulla strada pubblica di accesso al complesso residenziale, quindi erano apposte su luogo pubblico, il Giudice abbia ritenuto che, così facendo, l'Associazione abbia realizzato una VS di luogo pubblico, non avendone i poteri in virtù della norma richiamata.

In realtà, prima ancora di indagare i poteri che l'Associazione poteva avere, sarebbe stato necessario esaminare ed istruire la finalità della VS così realizzata. Infatti, vi sono casi in cui la finalità del Titolare della VS può essere realizzata unicamente con telecamere che giocoforza inquadrino anche parti di luoghi pubblici, ma in questi casi è necessario 'consultare' il Garante Privacy.

Ebbene, laddove il ragionamento del magistrato sia stato determinato dall'angolo di visuale delle 3 telecamere installate dall'Associazione sulla via di accesso al complesso residenziale, ci pare che difetti, nella sentenza, un apprezzabile descrizione dei luoghi di causa tale da poter dedurre con ragionevole certezza che l'angolo di visuale delle telecamere realizzasse una VS di luoghi pubblici - la via pubblica di accesso al complesso - anziché una VS volta alla tutela della proprietà privata 'contenuta' e compresa nel complesso.

Infatti, nella parte dedicata alla disamina del risarcimento del danno, si rinviene la seguente affermazione in ordine ai luoghi di causa: «... le tre telecamere risultavano apposte su tre pali posti sulla Via (...), strada pubblica d'accesso all'abitazione delle stesse (cfr. all. 1 al ricorso introduttivo).

Come è possibile apprendere dalla consultazione della documentazione fotografica prodotta dalla resistente ed, in particolare, dalla aereofotogrammetria, il raggio di ripresa delle videocamere risulta piuttosto limitato, non intercettando alcun punto di ingresso di private abitazioni (cfr. all. 5 e 7 della comparsa di costituzione);».

Manca, pertanto, un apprezzamento di fatto circa la effettiva ripresa dell'intero transito sulla via pubblica di accesso, che avrebbe questo sì determinato una VS che spetta unicamente alle Autorità di PS e non al privato: infatti, sebbene si dica che la ripresa era limitata e non includeva l'accesso alle abitazioni private, non possiamo da qui automaticamente dedurre che le telecamere riprendessero tutta la via pubblica e non solamente, ad esempio, l'accesso al complesso residenziale.

Pertanto, la pronuncia avrebbe dovuto attestarsi sull'accertamento dell'angolo di visuale e, qualora si fosse raggiunta la prova di una VS su luogo pubblico in assenza delle condizioni di liceità previste, allora la VS sarebbe stata comunque dichiarate illecita, ma per assenza di finalità.

Laddove invece non si fosse raggiunta tale prova, sarebbe stato necessario indagare circa l'applicabilità del bilanciamento di interessi come condizione di liceità della VS realizzata.

Il magistrato, invece, sembra basare la propria decisione sulla non applicabilità, al caso di specie, delle condizioni di liceità del bilanciamento di interessi o del consenso.

Errato, a sommesso parere di chi scrive, perché, come osservato sopra, la condizione di liceità viene dopo, nell'esame del trattamento, dell'individuazione della finalità, quindi, una volta accertato che l'Associazione stava di fatto eseguendo VS su un luogo pubblico non potendolo fare, non era nemmeno necessario indagare se si potesse applicare il consenso o il bilanciamento di interessi, perché era la finalità stessa del trattamento a mancare.

Questo è quanto ci insegna il medesimo Provvedimento Generale del Garante Privacy dell'08 aprile 2010, in particolare il paragrafo 6.2.2. dello stesso, citato dal Giudice, che prevede quanto segue:

«Il presente provvedimento dà attuazione a tale istituto [il bilanciamento degli interessi, N.d.A.], individuando i casi in cui la rilevazione delle immagini può avvenire senza consenso, qualora, con le modalità stabilite in questo stesso provvedimento, sia effettuata nell'intento di perseguire un legittimo interesse del titolare o di un terzo attraverso la raccolta di mezzi di prova o perseguendo fini di tutela di persone e beni rispetto a possibili aggressioni, furti, rapine, danneggiamenti, atti di vandalismo, o finalità di prevenzione di incendi o di sicurezza del lavoro.

A tal fine, possono essere individuati i seguenti casi, in relazione ai quali, con le precisazioni di seguito previste, il trattamento può lecitamente avvenire pure in assenza del consenso.

Si può spiare il vicino con la telecamera?

Videosorveglianza (con o senza registrazione delle immagini)

Tali trattamenti sono ammessi in presenza di concrete situazioni che giustificano l'installazione, a protezione delle persone, della proprietà o del patrimonio aziendale.

Nell'uso delle apparecchiature volte a riprendere, con o senza registrazione delle immagini, aree esterne ad edifici e immobili (perimetrali, adibite a parcheggi o a carico/scarico merci, accessi, uscite di emergenza), resta fermo che il trattamento debba essere effettuato con modalità tali da limitare l'angolo visuale all'area effettivamente da proteggere, evitando, per quanto possibile, la ripresa di luoghi circostanti e di particolari che non risultino rilevanti (vie, edifici, esercizi commerciali, istituzioni ecc.).»

Pertanto, nel caso di specie, sussistendo verosimilmente l'interesse legittimo dell'Associazione ad eseguire la VS, la stessa sarebbe stata legittima - ovviamente, laddove l'accertamento circa l'angolo di visuale avesse restituito esito favorevole, cioè avesse confermato che non sussisteva sorveglianza di un luogo pubblico.

Totalmente inconferente, pertanto, il riferimento al consenso delle proprietarie ricorrenti che, nel caso di specie, non avrebbe potuto costituire condizione di liceità della VS eseguita dall'Associazione.

Volendo tuttavia indagare sul consenso prestato o meno dalle ricorrenti, dobbiamo rilevare come anche su questo punto manchi un'indagine sull'epoca in cui fu approvata la VS dall'assemblea dei proprietari appartenenti all'Associazione.

Sappiamo unicamente che le proprietarie ricorrenti acquistarono nel 2011, mentre la VS, installata nel 2013, entrò in funzione nel 2014, cosicché da ciò potremmo dedurre che la delibera adottata all'unanimità circa la VS potrebbe ben essere avvenuta tra il 2011 ed il 2013, per cui le proprietarie erano a conoscenza del fatto che la VS sarebbe stata installata, in quanto o avevano partecipato all'assemblea o vi erano state convocate.

Il danno non sussiste

Rispetto al risarcimento del danno, che, come anticipato sopra, il Giudice non ha concesso, riportiamo quanto dal medesimo osservato sul punto: «deve ritenersi che le immagini potessero tutt'al più riprendere il veicolo delle stesse (con la relativa targa) in entrata ed in uscita e non anche carpire il ritratto e la figura delle medesime, se non nel caso di passaggio a piedi, e peraltro senza un'apprezzabile vicinanza dell'inquadratura.

Peraltro, deve altresì escludersi che il danno patito dalle stesse possa considerarsi "serio" e, dunque, meritevole di tutela risarcitoria; lo stato di ansia e stress allegato dalle ricorrenti - quantunque non provato, né per via documentale né attraverso prove orali - non si ritiene abbia superato quel livello di tollerabilità che è imposto dal vivere sociale»

Non si conviene con l'affermazione «Il pregiudizio patito dalle sorelle No. è irrisorio, potendo - come detto - la loro immagine essere carpita, di sfuggita e a sorpresa, anche in qualsiasi pubblica via, per consentire una tutela del territorio su larga scala; peraltro, il ridotto spatio temporis di conservazione delle acquisizioni, non contestato dalle ricorrenti, nonché la bassa risoluzione delle stesse, riducono ancor di più la serietà del pregiudizio sofferto».

Infatti, ciascun utilizzo di dati personali - quali è l'immagine - deve avere una finalità ed una Base Giuridica, pertanto non si ritiene sufficiente affermare che in qualsiasi momento potremmo essere ripresi per sostenere che la ripresa illegittima di immagini integra un danno bagatellare.

Non solo: solamente in questo punto, posto al termine della parte motiva della pronuncia in commento, ci è dato apprendere che la risoluzione delle telecamere non era elevata, ma 'bassa', rendendo anche difficile l'identificazione delle persone fisiche riprese.

L'attuale normativa, come quella precedente, avrebbero imposto un'indagine più approfondita, in quanto, se non è possibile leggere distintamente una targa (anch'essa dato personale in quanto volto ad identificare un soggetto, cioè il proprietario del veicolo) o visualizzare il volto ed il corpo di una persona, in maniera tale da consentire l'identificazione, allora non ci troviamo nemmeno di fronte ad un trattamento di dati personali, perché, come oggi ci rammento l'art. 4 GDPR, il dato personale deve essere riconducibile ad un soggetto (l'interessato) identificato o identificabile, al di sotto della soglia di identificabilità, non sto trattando un dato personale, quindi non mi si applica la normativa in merito.

Va in ogni caso precisato che del danno lamentato le ricorrenti, a quanto ci è dato leggere nella sentenza, non avessero fornito prova, pertanto, su questo punto, dobbiamo rimetterci al sindacato di merito del Tribunale.

Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI PALERMO n. 912 del 16/03/2021
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