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Videosorveglianza e processo penale

Quando la polizia giudiziaria ricorre alle riprese delle telecamere private.
Avv. Caterina Tosatti - Foro di Roma 

Parliamo oggi dell'utilizzo, da parte della polizia giudiziaria, delle riprese eseguite tramite le telecamere installate presso un complesso di proprietà di privati.

Ne parliamo commentando una sentenza penale, la n. 13779/2020 della Sezione V della Cassazione, che si è occupata dell'acquisizione di immagini di un furto registrate dalle telecamere di un centro commerciale.

Vediamo allora cosa accade nell'ambito penale ed il rapporto con gli aspetti privacy.

Il fatto

Un uomo viene condannato per il furto di una bicicletta dalla rastrelliera presso un centro commerciale.

L'uomo era stato ripreso dalle telecamere del centro commerciale, alla guida dell'autovettura a bordo della quale la bicicletta fu caricata e portata via.

Condannato in primo grado e in appello, egli ricorre in Cassazione, affermando l'inutilizzabilità dei dati relativi alle riprese video delle telecamere del centro commerciale in quanto, a suo parere, acquisiti senza le garanzie previste dall'art. 254 bis del Codice di procedura penale (c.p.p.).

Prova e ricerca della prova

L'art. 191 c.p.p. dispone l'INUTILIZZABILITÀ delle prove ILLEGITTIMAMENTE ACQUISITE, rilevabile dal Giudice in qualsiasi stato e grado del procedimento: sono «illegittimamente acquisite» le prove "prelevate" in contrasto con i DIVIETI previsti dalla legge.

L'art. 254 bis c.p.p. è invece dedicato ad un MEZZO DI RICERCA DELLA PROVA, cioè qualcosa che mira a cercare di ottenere una prova che, prima, non c'era: la norma parla di SEQUESTRO DI DATI INFORMATICI presso i fornitori di servizi informatici, telematici o di telecomunicazione.

In tali casi, è l'Autorità Giudiziaria a stabilire l'acquisizione di una COPIA dei dati su supporti che garantiscano la CONFORMITÀ ALL'ORIGINALE e l'IMMODIFICABILITÀ dei dati quivi contenuti.

Tra l'altro, in tali casi, si ordina anche al fornitore di conservare i dati originali e di proteggerli.

Le videoriprese eseguite da telecamere private sono considerate, in ambito penale, prove DOCUMENTALI - infatti, ai sensi dell'art. 234 c.p.p., non è "documento" solo il cartaceo, ma anche le immagini video o le registrazioni audio.

Siccome, nel caso concreto, la prova era costituita dai FOTOGRAMMI - sequenza di immagini - che la polizia giudiziaria aveva estrapolato dalle registrazioni per mostrare il momento preciso del furto e siccome le immagini erano state trasferite e conservate su di un floppy disk dal quale poi erano stati estratti i fotogrammi, l'imputato evidentemente riteneva che detto strumento non consentisse la garanzia di conformità all'originale dei dati e, pertanto, che fosse stato realizzato in violazione di quanto previsto dall'art. 254 bis c.p.p.

Videosorveglianza in Condominio: facciamo il punto?

Ma la Corte spiega che l'art. 254 bis c.p.p. non è applicabile a questa fattispecie, perché non si tratta di accertamento tecnico irripetibile: la Corte osserva come la procedura di estrazione dei fotogrammi dalle immagini conservate su floppy disk non sia un accertamento su «persone, cose o luoghi il cui stato è soggetto a modifica», come invece previsto dall'art. 360 c.p.p. per gli accertamenti irripetibili, dove, se viene violata la procedura prevista, la sanzione è appunto l'inutilizzabilità.

Peraltro, la Legge n. 48/2008, che ha modificato alcune norme del Codice di procedura penale, si è limitata, nell'interpretazione della Corte a dare indicazioni alla polizia giudiziaria su come assumere quelle prove che contengono dati informatici, ma non ha previsto la sanzione in caso di violazione delle indicazioni date.

Forse ci aiuta leggere un altro passo di una sentenza in materia completamente diversa - parliamo di stalking - ma inerente sempre l'utilizzabilità di dati estratti da un supporto: «La stampa dei messaggi estratti dal telefono della persona offesa ha natura di prova documentale e la utilizzabilità di detta prova sussiste anche laddove non sia prodotto il telefono sul quale i messaggi sono stati memorizzati, potendo semmai il supporto informatico servire solo a verificare l'attendibilità della copia, ossia la sua conformità all'originale; tuttavia, l'esigenza di un simile controllo può sorgere solo a fronte di una seria e specifica contestazione circa la suddetta conformità, che dal ricorso e dal tenore delle due sentenze di merito non risulta essere stata tempestivamente formulata» (Cassaz., Sez. V pen., sent. 11 dicembre 2019, n. 50199).

Quindi, se l'imputato del furto avesse voluto mettere in dubbio l'utilizzo dei fotogrammi, avrebbe dovuto chiedere la produzione e la verifica, tramite confronto, con le immagini originali contenuto sul diverso supporto, in dotazione al centro commerciale, su cui le stesse erano state registrate e venivano conservate.

Videosorveglianza. Adozione della delibera dopo l'avvento della riforma.

Dal punto di vista privacy, rileviamo che, anche il Condominio, laddove esegua videosorveglianza, potrebbe trovarsi a gestire la richiesta della polizia giudiziaria di acquisire le immagini: rammentiamo allora che già il Provvedimento in materia di videosorveglianza, adottato dal nostro Garante l'aprile 2010, prevedeva il caso di PERIODI DI CONSERVAZIONE PIÙ LUNGHI del massimo all'epoca previsto - cioè 24 ore oppure una settimana per i casi limitati indicati nel Provvedimento - laddove fosse l'Autorità Giudiziaria o la polizia giudiziaria a richiederlo. L'art. 254 bis c.p.p. prevede proprio la richiesta dell'Autorità Giudiziaria al fornitore - ma si potrebbe estendere all'Amministratore del Condominio che "fornisce" le videoriprese oggetto di accertamento - di conservare gli originali in modalità protetta per utilizzarli, laddove ve ne sia necessità, a scopo di raffronto con la copia per attestare la conformità della stessa.

Peraltro, anche se la base giuridica della videosorveglianza condominiale è l'interesse legittimo, dinnanzi ad una richiesta della polizia o dell'Autorità giudiziaria di fornire le immagini registrate, la base giuridica del trattamento che consiste nel fornire le suddette immagini non è più l'interesse legittimo, bensì diventa l'obbligo legale, cioè l'obbligo di corrispondere ad una richiesta dell'autorità secondo le leggi dello stato, pertanto è ugualmente lecito.

Inoltre, laddove eventuali altri soggetti (condòmini o terzi) ripresi dalle telecamere dovessero esercitare il diritto all'oblio, previsto dall'art. 17 GDPR, il titolare - cioè l'Amministratore, quale legale rappresentante del Condominio - risponderà che ciò non è possibile, potendo addurre alternativamente due delle motivazioni recate dal medesimo art. 17 (3) GDPR, cioè (lett. b) perché il trattamento è necessario per adempiere l'obbligo legale (del Condominio di comunicare i dati alla polizia giudiziaria) oppure (lett. e) perché il trattamento è necessario al fine di accertare un diritto in sede giudiziaria - per quanto, in questo caso, non trattandosi di diritto DEL Condominio, bensì della persona offesa dal reato commesso dal soggetto ripreso dalle telecamere condominiali, sarebbe forse più corretto utilizzare la prima eccezione (obbligo legale).

Allo stesso modo, se gli stessi soggetti (condòmini o terzi) esercitassero il diritto di opposizione ai sensi dell'art. 21 GDPR, il titolare potrebbe dichiarare che, in virtù del motivo legittimo cogente dato dall'ordine dell'Autorità o della polizia, egli deve continuare a trattare il dato; dinnanzi all'opposizione dell'interessato, il titolare dovrebbe poi procedere a "limitare" il trattamento dei dati, ai sensi dell'art. 18 (1), lett. d), GDPR, ma anche l'art. 18 GDPR prevede un'eccezione in caso di accertamento di un diritto in sede giudiziaria.

Siccome, in tali casi, le immagini potrebbero dover essere conservate per anni, in attesa della definizione del procedimento penale a carico del soggetto imputato, si ritiene che i diritti degli interessati subiscano una legittima 'sospensione', a fronte dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali: ovviamente, come anche previsto dall'art. 254 bis c.p.p., la conservazione delle immagini dovrà essere svolta con ogni cautela mirata al proibirne l'accesso a persone diverse dal Responsabile del trattamento (l'Amministratore o la ditta che esegue la videosorveglianza, a seconda del contratto stipulato) o altri soggetti incaricati ed a proteggere i dati da intrusioni, perdite o modifiche illecite, sino a quando venga revocato l'ordine dell'Autorità.

Sentenza
Scarica Cass. pen. 6 maggio 2020 n. 13779
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