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Telecamere posti auto. Non serve l'unanimità per l'installazione

L'installazione di telecamere nei garage condominiali è legittima con la sola maggioranza, garantendo così la sicurezza senza violare la privacy degli spazi comuni.
Avv. Giuseppe Donato Nuzzo 

Bastano la maggioranza e la metà dei millesimi per installare la videosorveglianza nel garage. Nessuna interferenza con la privacy in quanto le aree comuni non rientrano nella privata dimora.

Non viola la privacy l'installazione di videocamere di sorveglianza che riprendono l'autorimessa comune o i posti auto privati di pubblica visibilità, se finalizzata ad evitare la commissione di reati.

Lo ha stabilito la quinta sezione civile del Tribunale di Roma con la sentenza n. 17803, depositata l'8 settembre 2015, che ha confermato la legittimità della delibera che prevedeva l'installazione di un sistema di telecamere nella zona box auto, anche se non adottata all'unanimità, perché non si tratta di un'innovazione vietata.

Per il giudice romano non v'è alcuna lesione della riservatezza, in quanto le aree comuni condominiali non rientrano nei concetti di “domicilio”, di “privata dimora” e di “appartenenza di essi” ai quali si riferisce l'art. 614 c.p., nozioni che individuano una particolare relazione del soggetto con l'ambiente ove egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza.

Invero, le aree comuni sono destinate all'uso di un numero indeterminato di soggetti; di conseguenza, la tutela penalistica non si estende alle immagini eventualmente ivi riprese, non trattandosi di private dimore.

Smentito in parte il Garante della privacy, che talora si è espresso contro la sorveglianza video delle parti comuni a tutela della riservatezza dei condòmini.

Il caso – La delibera condominiale, con la quale l'assemblea aveva disposto, tra le altre cose, l'installazione di telecamere a chiuso nel garage condominiale, viene impugnata perché costituirebbe innovazione gravosa e lesiva del diritto alla privacy e, inoltre, perché votata a maggioranza, e non all'unanimità.

Il Tribunale di Roma, nel rigettare il ricorso sul punto, sottolinea anzitutto che l'installazione dei telecamere sulle parti comuni non costituisce innovazione vietata in quanto non integra modifiche che alterano l'entità materiale della parte comune e non determina un utilizzo del bene stesso per fini diversi da quelli precedenti.

Non serve pertanto l'unanimità dei consensi per dare il via libera agli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni.

Quanto alla privacy, la giurisprudenza di legittimità è concorde nel ritenere che “i beni comuni o comunque privati, tuttavia aperti alla pubblica visione non possono essere oggetto della tutela offerta ai beni di privata dimora, onde l'installazione di telecamere che riprendano spazi comuni o aperti alla pubblica visione non integra neanche un'innovazione vietata da deliberare all'unanimità

A tal proposito, il Tribunale cita anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 149/2008) che, dopo aver sottolineato che l'art. 14 Cost. tutela il domicilio anche come diritto alla riservatezza in ordine a quanto si svolge in quel luogo e che, nel caso di riprese visive, il limite costituzionale dell'inviolabilità del domicilio costituisce presidio della sfera di intangibilità della riservatezza”, ha osservato che “non basta che un certo comportamento venga tenuto in luoghi di privata dimora ma occorre altresì che esso avvenga in condizioni tali da renderlo tendenzialmente non visibile ai terzi.

Con la conseguenza che, se l'azione può essere liberamente osservata dai terzi senza dover ricorrere a particolari accorgimenti, il titolare del domicilio non può accampare una pretesa alla riservatezza”.

Dunque, è sulla base di tali principi – ribaditi anche dalla Cassazione (sentenze n. 14346/12 e 71/13) – che va effettuata la valutazione della legittimità o meno dell'installazione di videocamere “verificando se l'oggetto inquadrato dalle camere meriti la tutela che viene garantita ai luoghi di privata dimora. Invero, se il fine indicato dal Garante è quello di evitare la commissione di reati e se la giurisprudenza di legittimità esclude la configurabilità dell'illecito sulle parti comuni per la loro intrinseca natura, le parti comuni di un edificio ben possono essere oggetto di sorveglianza video contrariamente a quanto talora affermato dal Garante”.

Le condizioni per installare le telecamere in condominio

Sentenza
Scarica Tribunale di Roma, n. 17803 dell'8.9.2015
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