I locali presenti al piano terreno o interrato di un edificio in condominio sovente hanno una destinazione commerciale e non è raro trovarvi dei supermercati: quanto questa destinazione non è consentita e come verificarlo?
La questione ci viene posta da un nostro lettore che domanda: «Abito in un condominio di recente costruzione, il palazzo a circa due anni mezzo. Al piano terra c'è un grande locale commerciale, ancora in proprietà del costruttore. Siccome questi non riesce a venderlo, allora ha deciso di affittarlo.
Da qualche giorno ho notato che stanno eseguendo dei lavori all'interno, ho chiesto e mi è stato detto che lì apriranno un supermercato. La cosa in sé non dispiace affatto, ma altri vicini hanno detto che non è possibile.
Motivo: il regolamento contrattuale che il costruttore c'ha fatto firmare quando abbiam comprato casa dice espressamente che nei locali commerciali non possono essere svolte attività rumorose o che comunque rechino nocumento alla tranquillità dell'edificio anche semplicemente peggiorando complessivamente l'estetica dello stabile.
Secondo questi signori non c'è dubbio che nella sostanza la norma vieti proprio l'apertura di un supermercato in condominio e dicono che chiederanno all'amministratore di convocare l'assemblea per impedire quest'apertura. Secondo voi come stanno le cose?».
Regolamento contrattuale, limiti e interpretazione
Gli approdi di studi e giurisprudenza sul contenuto del regolamento condominiale contrattuale - cioè quello firmato da tutti i condòmini al momento dell'acquisto delle loro unità immobiliari dall'unico costruttore dell'edificio ovvero in un momento successivo - sono chiari ed univoci: questa tipologia di statuto del condominio può contenere limiti ai diritti dei condòmini sulle parti comuni e sulle loro proprietà esclusive.
Si badi: solo questo tipo di regolamento, se i divieti fossero contenuti in un regolamento assembleare, le relative clausole dovrebbe essere considerate nulle.
Tra i limiti che il regolamento condominiale contrattuale può contenere, dunque, vi sono anche specifici limiti alle destinazioni d'uso delle unità immobiliari.
È pacifico altresì che tali limiti possano «essere formulati nel regolamento sia mediante la elencazione delle attività vietate (in tal caso, al fine di stabilire se una determinata destinazione sia vietata o limitata, basterà verificare se la destinazione stessa sia inclusa nell'elenco) sia mediante riferimento ai pregiudizi che si ha intenzione di evitare (in questo secondo caso, naturalmente, al fine suddetto, è necessario accertare la idoneità in concreto della destinazione contestata a produrre gli inconvenienti che si vollero evitare) (Cass., n. 1560 del 1995; Cass., n. 9564 del 1997; Cass., n. 11126 del 1994)» (così Cass. 18 settembre 2009 n. 20237).
È altrettanto pacifico che limiti e divieti in esame debbano essere formulati in maniera chiara e precisa, ma non solo: siccome essi incidono sul diritto di proprietà, per quanto accettati da tutti i condòmini, non possono essere oggetto d'interpretazione estensiva (Cass. 28 settembre 2016 n.19212).
Se su un regolamento c'è scritto che è vietato aprire un ristorante in condominio, ciò non vuol dire che non si possa aprire una gastronomia d'asporto.
Supermercato in condominio e regolamento contrattuale
È chiaro allora che il regolamento condominiale di origine contrattuale può vietare l'apertura di un supermercato in condominio.
Il divieto può essere espresso cioè specificamente riguardare l'attività in esame, ovvero più generico, cioè non vietare l'attività del supermercato in sé, quanto una serie di pregiudizi.
Non sfugge che la prima modalità di divieto è sicuramente quella più efficace rispetto alla specifica destinazione.
Se si dice che è vietato aprire un supermercato in condominio, allora tale attività non può essere aperta. Si badi: come si accennava in precedenza, dottrina e giurisprudenza sono concordi nell'affermare che «l'individuazione della regola dettata dal regolamento condominiale di origine contrattuale, nella parte in cui impone detti limiti e divieti, va svolta rifuggendo da interpretazioni di carattere estensivo, sia per quanto concerne l'ambito delle limitazioni imposte alla proprietà individuale, sia per quanto attiene ai beni alle stesse soggetti» (così, tra le tante, Cass. 28 settembre 2016 n.19212).
È utile, quindi, che il divieto di supermercato in condominio sia chiaro e preciso eventualmente anche in relazione alla specifica tipologia di attività di riferimento. Non sfugge che un supermercato è cosa diversa da un piccolo negozio di generi alimentari, la classica salumeria di un tempo, ovvero da una macelleria.
È bene allora che nell'individuare il divieto si specifichi anche che cosa s'intende per supermercato (con rimando alla definizione contenuta in altre normative, ovvero con una specifica definizione dell'attività che s'intende vietare) proprio per evitare incertezze.
Supermercato in condominio, se il problema è il pregiudizio
Più complessa la situazione quando ad essere vietata non è l'apertura di un supermercato in condominio, ma più in generale lo svolgimento di attività rumorose, ovvero che possano recare disturbo ai condòmini o ledere la tranquillità e l'estetica complessiva dell'edificio.
Qui, appare evidente, la valutazione può non essere agganciata a parametri oggettivi, finendo per essere soggetta a valutazione discrezionale del giudice eventualmente chiamato a dirimere la controversia.
Un lontano arresto della Suprema Corte di Cassazione (sent. n. 5393 del 2 giugno 1999) riguardante proprio un supermercato in condominio ci fa capire che anche in giurisprudenza si giunge alla medesima conclusione.
In questo caso il regolamento vietava che i locali presenti al piano terra fossero destinati ad attività di qualsiasi natura e a qualsiasi uso incompatibile con l'igiene, la sicurezza, il decoro, la quiete.
Dei condòmini avevano contestato al proprietario del locale a piano terra l'apertura di un supermercato, in quanto contrastante con questi divieti contenuti nel regolamento contrattuale. I giudici di merito, interpretando il regolamento erano giunti alla conclusione che il supermercato in condominio non potesse starci per ragioni connesse alla sicurezza dello stabile.
La Cassazione, chiamata a valutare questa conclusione, ha avuto modo di specificare che «l'interpretazione delle clausole di un regolamento condominiale contrattuale contenenti il divieto di destinare gli immobili a determinati usi è sindacabile in sede di legittimità solo per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale o vizio di motivazione» (Cass. 2 giugno 1999 n. 5393, in Giust. civ. Mass. 1999, 1250).
Morale della storia: nel caso di norme volte ad evitare pregiudizi al condominio, le conclusioni vanno tratte caso per caso, essendo impossibile affermare a priori che sia vietato aprire un supermercato in condominio.