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Supermercato in condominio: quali limiti?

All'interno di un immobile di proprietà esclusiva, sito in condominio, si può esercitare attività commerciale che comporti contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori?
Avv. Fabrizio Plagenza - Foro di Roma 

Più volte abbiamo affrontato la questione dell'ammissibilità in condominio di attività esercitate all'interno di immobili di proprietà esclusiva. Nelle precedenti occasioni ha assunto sempre importanza privilegiata il regolamento condominiale, il suo contenuto e la sua accettazione da parte dei condomini.

Si è, dunque, spesso fatto riferimento alla valutazione della tipologia di regolamento: contrattuale o assembleare.

In giurisprudenza, abbiamo avuto modo di appurare che le clausole contenute in un regolamento condominiale, per poter incidere limitando i diritti dominicali dei singoli condomini sulle loro proprietà esclusive, per essere opponibili, devono essere approvate da tutti i condomini in quanto hanno valore negoziale (Tribunale di Roma, sentenza n. 12487/2019 pubbl. il 13/06/2019).

È stato ampiamente chiarito, inoltre, che è ormai chiaro che possa essere esercitata attività commerciale in condominio (si veda, ad esempio, l'ammissibilità delle strutture ricettive a conduzione ed organizzazione familiare, gestite da privati, che forniscono alloggio e prima colazione utilizzando parti della stessa unità immobiliare purché funzionalmente collegate e con spazi familiari condivisi, meglio note come B&B, ma anche di istituti di credito, compagnie assicurative ed altre).

Recentemente abbiamo altresì affrontato il caso di una Associazione di Arti Marziali che esercitava l'attività in un immobile di proprietà esclusiva sito all'interno di uno stabile condominiale.

In quest'ultima occasione, il Tribunale di Catania, con la sentenza n. 454/2019 pubbl. il 31/01/2019, evidenziava chiaramente che il regolamento contrattuale prevalesse e che fosse stata violata la norma regolamentare, che prevedeva espressamente il divieto oggetto della materia del contendere.

Oggi, è la volta del supermercato in condominio.

Il Tribunale di Milano, con la Sentenza n. 3462/2019 pubbl. il 09/04/2019, ha deciso la controversia nascente da un'impugnativa di delibera assembleare, con la quale si contestava la legittimità del deliberato, in relazione alla possibilità che all'interno di un immobile di proprietà esclusiva, sito in condominio, si potesse esercitare attività commerciale che comporti contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

In particolare, si chiedeva al Giudice meneghino, di accertare se il regolamento condominiale contenesse divieti in tal senso; di dichiarare illegittima e/o nulla e/ o annullabile la delibera assunta dall'assemblea del Condominio che aveva rigettato la "richiesta di revisione del regolamento condominiale" e che aveva, a maggioranza dei voti, deliberato in senso contrario alla possibilità che il proprietario esclusivo di un immobile sito in condominio, concedesse in "locazione a soggetti esercitanti attività commerciale che comporta contatto diretto degli utenti e dei consumatori".

Si dava atto che in assemblea l'argomento era stato oggetto di ampia discussione ove il condomino (si trattava di un Fondo) tentava di rassicurare la compagine condominiale dell'assenza di criticità ed elementi pregiudizievoli per i restanti condomini.

Anzi, a ben vedere, i condomini avrebbero dovuto accogliere con favore la possibilità di avere il supermercato all'interno del condominio.

In realtà, la volontà manifestata dai condomini era ben diversa. Le preoccupazioni emerse in assemblea, infatti, riguardavano diversi aspetti.

L'attività di ristorazione è diversa dall'attività commerciale

In primo luogo il Condominio convenuto, costituendosi, rilevava come la concessione in "locazione a soggetti esercitanti attività commerciale che comporta contatto diretto degli utenti e dei consumatori" si sarebbe scontrata con le difficoltà logistiche.

Il Condominio, infatti, lamentava che più volte al giorno, in specie nelle ore centrali della giornata, nella carreggiata antistante al condominio, sostavano mezzi e/o furgoni adibiti al carico e scarico delle merci al servizio del supermercato Carrefour sito al civico n. 13.

Oltre alla presenza di un supermercato, si doveva tenere conto del fatto che era altresì presente la fermata di due linee urbane di autobus del servizio pubblico. Ciò, a detta del condominio, comportava ingenti pregiudizi.

Lamentava, infatti, che le superiori circostanze provocassero ingorghi e impedimenti sia al traffico automobilistico sia a quello pedonale.

Non mancava, inoltre, di evidenziare come sui marciapiedi e anche nell'androne del civico n. 13, appena adiacente all'ingresso del supermercato, spesso si vedevano persone che intrattengono consumando bevande alcoliche e non alcoliche nonché cibarie e che l'attività del supermercato producesse deposito di rifiuti (involucri, scatoloni di carta, cestini, prodotti scaduti) sul marciapiede antistante di dimensione tale da impegnare l'intero marciapiede.

Tutti motivi che, per il Condominio costituito, giustificavano il voto contrario espresso in assemblea affinché si autorizzasse la locazione commerciale con previsione di contatto diretto con il pubblico.

La tesi di parte attrice, invece, si basava sulla ritenuta considerazione che "il Regolamento, contrariamente da quanto sostenuto dal Condominio, non conterrebbe alcun espresso divieto di procedere a locare gli immobili per adibirli a attività commerciali, che comportano un contatto diretto con il pubblico dei consumatori", di talché la delibera sarebbe viziata e l'impugnativa meritevole di accoglimento.

Il Tribunale di Milano, coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale maggioritario, ribadiva il principio secondo il quale in tema di condominio, i poteri dell'assemblea condominiale possono invadere la sfera di proprietà dei singoli condomini, sia in ordine alle cose comuni sia a quelle esclusive, soltanto quando una siffatta invasione sia stata da loro specificamente accettata o in riferimento ai singoli atti o mediante approvazione del regolamento che la preveda, in quanto l'autonomia negoziale consente alle parti di stipulare o di accettare contrattualmente convenzioni e regole pregresse che, nell'interesse comune, pongano limitazioni ai diritti dei condomini (cfr. Cass. n. 26468/2007).

Fatta questa premessa, nel merito, la sentenza n. 3462/2019 accoglieva la domanda volta a dichiarare la nullità della delibera in ordine alla sussistenza di un divieto regolamentare che comporti l'impossibilità di locare l'immobile a un'attività commerciale.

Appare importante rimarcare il fatto che il Tribunale, per giungere alla decisione assunta, faceva riferimento all'esatto contenuto letterale del regolamento condominiale, ritenendo, da un lato, che il regolamento condominiale vigente non contenesse alcuna disposizione regolamentare che vietasse tale possibilità "in modo aprioristico", dando però atto del fatto che, dall'altro, lo stesso regolamento disponeva che "a) ciascun proprietà dovrà astenersi da qualsiasi godimento che possa recare danno o pericolo a cose o a persone, che sia motivo di rilievi per effetto di esalazioni o rumori o esibizioni immorali, che turbi la tranquillità dei condomini e che comunque sia in contrasto con l'igiene e il decoro della casa, la quale si deve destinare uso abitazione civile ed a studi di uffici commerciali e professionali; b) sono pertanto tassativamente escluse le destinazioni ad uso pubblico (con l'ammissione solo di quelli relativi al credito - banche e all'assicurazione), alberghi, trattorie, osterie, bar, pensioni, camere d'affitto, laboratori, magazzini di merce, scuole specie di canto e musica, asili, ricoveri in genere, sale da ballo e da gioco, luoghi di ritrovo, istituiti per esercizi fisici, gabinetti di cura ed ambulatori per malattie contagiose ed infettive; [...]; d) non sono ammesse concessioni pubblicitarie specie luminose a terzi ma sono permesse l'installazione d'insegne anche luminose o targhe in proprio contenute in un'inquadratura decorosa o comunque armonizzante colle facciate; [...] i) il godimento delle cose comuni dovrà esercitarsi dai vari comproprietari con discrezione e nei limiti delle necessità, evitando abusi e senza alterare la destinazione per modo che gli altri condomini possono farne parimente uso secondo il diritto".

Era il testo del Regolamento vigente, dunque, che doveva essere analizzato con la conseguenza che, in difetto di una chiara previsione, non sussiste alcun espresso limite alla locazione dell'immobile a un soggetto che eserciti un'attività commerciale con contatto diretto con il pubblico degli utenti e dei consumatori.

Regolamento dell'edificio di un unico proprietario e regolamento condominiale

Né poteva prevalere la tesi sostenuta dal Condominio secondo la quale tale divieto si poteva e si doveva ricavare da una interpretazione (estensiva) delle norme regolamentari, per il fatto che i condomini avevano voluto prevedere che gli immobili potessero essere destinati solo a uso di abitazione civile e a studi di uffici commerciali e professionali e non ad altra attività.

La suddetta tesi veniva respinta dal Tribunale milanese, atteso che tale interpretazione della clausola condominiale si porrebbe in contrasto con i consolidati principi espressi dalla Suprema Corte in tema di limitazioni convenzionali al diritto di proprietà, "scaturenti per l'appunto da un regolamento condominiale di natura contrattuale". Veniva richiamato, infatti, l'orientamento della Suprema Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 19229/2014; Cass. n. 21307/2016), secondo cui il regolamento condominiale di origine contrattuale può imporre divieti e limiti di destinazione alle facoltà di godimento dei condomini sulle unità immobiliari in esclusiva proprietà sia mediante elencazione di attività vietate, sia con riferimento ai pregiudizi che si intende evitare, purché la compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini risultasse "da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze" (cfr. Cass. n. 20237/2009; Cass. n. 16832/2009; Cass. n. 9564/1997; Cass.1560/1995; Cass. n. 11126/1994; Cass. n. 23/2004; Cass. n. 10523/2003).

Non può, pertanto, concedersi una siffatta limitazione che comporterebbe una limitazione del diritto esclusivo di proprietà, in assenza di un'interpretazione del regolamento fondata sulla chiarezza e univocità del tenore e delle espressioni letterali, "dovendosi rifuggire quindi da un'esegesi, invece, ancorata alla ricostruzione di una volontà implicita".

Non conta, dunque, ciò che si intendeva dire ma ciò che effettivamente si è detto. Attenzione, dunque, alla massima chiarezza del tenore letterale del regolamento condominiale.

Sentenza inedita
Scarica Tribunale di MilanoSentenza n. 3462 del 09/04/2019
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