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Supercondominio: se non c'è l'amministratore, si nomina il curatore speciale

Qualora non sia stato nominato l'amministratore del super-condominio, la rappresentanza processuale passiva compete, in via alternativa, ad un curatore speciale.
Avv. Rosario Dolce del Foro di Palermo 

La Corte di Cassazione con sentenza n. 2279/19; depositata il 28 gennaio rammenta il principio per cui: Qualora non sia stato nominato l'amministratore del super-condominio, la rappresentanza processuale passiva compete, in via alternativa, ad un curatore speciale nominato a norma dell'art. 65 disp. att. c.c. o al titolare di un mandato ad hoc conferito dai comproprietari.

Il fatto. Con autonomi atti di appello, il Condominio Alfa ed il Condominio Beta hanno impugnato una sentenza del Tribunale di Messina, con cui è stata costituita la servitù coattiva di passaggio penale pedonale e carrabile in favore dei fondi dei proprietari dei fondi limitrofi, su una strada interna, comune ai due condomini appellanti.

Gli appellati hanno proposto impugnazione incidentale, dolendosi dell'ammontare delle indennità di asservimento liquidate in primo grado, sostenendo che il passaggio comportava la realizzazione di opere da eseguire solo sul fondo dominante.

Riuniti i giudizi, la Corte distrettuale di Messina ha riformato parzialmente la prima decisione, riducendo l'importo dovuto a titolo di indennità e respingendo ogni altra istanza, con compensazione delle spese di appello.

La sentenza impugnata ha stabilito, sulla base della c.t.u., che la strada asservita era in comproprietà dei titolari delle singole porzioni facenti parte dei due condomini.

Ha ritenuto, soprattutto, che la domanda fosse stata correttamente proposta evocando in giudizio gli amministratori ed ha escluso che occorresse integrare il contraddittorio nei confronti dei proprietari dei fondi circostanti al fine di determinare il percorso più breve.

Per la cassazione di questa sentenza i Condomini, hanno proposto ricorso in cinque motivi.

Come fare se durante l'amministrazione del condominio non si riceve il pagamento del compenso professionale?

I motivi di contestazione. I Condomini ricorrenti hanno dedotto, tra i diversi motivi di gravame sollevati, la violazione degli artt. 1117, 1130 e 1131 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, sostenendo che, anche voler ritenere che la strada su cui è stata imposta la servitù fosse comune ai due condomini, andavano evocati in causa i singoli proprietari e non gli amministratori, non essendo questi ultimi titolari dei poteri di rappresentanza processuale rispetto alle azioni volte a costituire vincoli sui beni comuni.

Un altro motivo di denuncia constava la violazione degli artt. 1117, 1130 e 1131 c.c., in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.., con cui i condomini lamentavano che, essendo la strada originariamente in proprietà della Cooperativa e non dei medesimi, non poteva essere ricompresa tra i beni comuni ai sensi dell'art. 1117 c.c., con la conseguenza che la domanda di costituzione della servitù andava proposta verso tutti i comproprietari del suolo gravato.

Il provvedimento. La Corte distrettuale siciliana aveva stabilito che la porzione su cui è stata costituita la servitù coattiva di passaggio rientrava nella presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c., essendo in titolarità comune ai proprietari delle singole unità assegnate e in rapporto di accessorietà rispetto ai due edifici.

Ciò nonostante ha ritenuto che la domanda sia stata correttamente proposta verso gli amministratori dei due edifici. Secondo i giudici di legittimità l'assunto è illegittimo (Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza n. 2279/19; depositata il 28 gennaio).

Con il provvedimento in commento è stato obiettato che i che la sussistenza di servizi o beni comuni a più condomini autonomi dà luogo ad un super-condominio, che è distinto ed autonomo rispetto ai singoli condomini che lo compongono e che viene in essere ipso iure et facto ove il titolo non disponga altrimenti (Cass. n. 2305/2008; Cass. n. 13883/2010; Cass. n. 17332/2011; Cass. n. 19939/2012; Cass. n. 5160/1993).

In tal caso, il potere degli amministratori di ciascun condominio di compiere gli atti indicati dagli artt. 1130 e 1131 c.c., si riflette, sul piano processuale, nella facoltà di agire o resistere in giudizio soltanto con riferimento ai beni comuni all'edificio amministrato e non per quelli facenti parte del complesso immobiliare composto da più condomini, che deve essere gestito attraverso le deliberazioni e gli atti assunti dai propri organi (assemblea di tutti i proprietari ed amministratore del super-condominio).

Qualora non sia stato nominato l'amministratore del super-condominio, la rappresentanza processuale passiva compete, in via alternativa, ad un curatore speciale nominato a norma dell'art. 65 disp.att. c.c. o al titolare di un mandato ad hoc conferito dai comproprietari. In mancanza occorre convenire in giudizio tutti i titolari delle porzioni esclusive ubicate nei singoli edifici (Cass. n. 8570/2005; Cass. n. 8842/2001; Cass. n. 12588/2002; Cass. n. 9206/2005; Cass. n. 14765/2012).

Conclusione. Il fondamento normativo della decisione in commento si trae dall'articolo 1117 bis codice civile, a mente del quale: «Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117».

La norma è stata inserito dall'articolo 2, comma 1, della Lege 11 dicembre 2012, n. 220 (in vigore dal 18 giugno 2013). Essa trova applicazione ogni qual volta ci si trovi dinanzi ad un caso di pluralità di edifici, costituiti in distinti condomini, ma ricompresi in una più ampia organizzazione condominiale (cosiddetti supercondomini), legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni in rapporto di "accessorietà" con i fabbricati.

Il condominio senza amministratore e la necessità di fargli causa. La citazione di tutti i condomini o la richiesta di nomina di un curatore.

Sentenza
Scarica Corte di Cassazione del 28 gennaio 2019, n. 2279
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