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È nullo il regolamento condominiale che vieta di tenere gli animali domestici in condominio

Se il regolamento condominiale vieta di tenere animali è nullo.
Avv. Maurizio Tarantino 

VI è nullità sopravvenuta per contrarietà a diritti inviolabili che travolge le norme volute dal costruttore oltre che quelle approvate dall'assemblea.

"Deve essere posta nel nulla la disposizione del regolamento condominiale di natura contrattuale, e ciò per nullità sopravvenuta conseguente all'introduzione con la legge 220/12 del disposto dell'ultimo comma dell'articolo 1138 c.c., a mente del quale le norme del regolamento non possono vietare di possedere e detenere animali domestici".

Questo è il principio di diritto espresso dal Tribunale di Cagliari con l'ordinanza del 22 luglio 2016 in merito alla possibilità di tenere animali domestici in condominio.

I fatti di causa. Tizio (condomino) con ricorso chiedeva al giudice adito l'annullamento dell'articolo 7 del regolamento di condominio.

In particolare, il ricorrente insisteva nella revoca della disposizione che vietava di tenere animali domestici in condominio e che per l'effetto venisse consentito al proprio cane l'accesso al condominio.

A tal proposito, Tizio evidenziava la nullità sopravvenuta della predetta disposizione per effetto della modifica dell'art. 1138, ultimo comma, c.c., intervenuta con l'art. 16 L. n. 220/2012.

Costituendosi in giudizio, il condominio contestava in toto le pretese del ricorrente. Secondo il Condominio, la disposizione in esame, riveniva dalla natura contrattuale del regolamento, predisposto dall'originario unico proprietario e costruttore dello stabile condominiale; mentre l'innovazione introdotta nel 2012 riguardava i soli regolamenti assembleari assunti a maggioranza.

Gli animali domestici in condominio. La legge di riforma del condominio (legge 220/2012, entrata in vigore il 18 giugno 2013) ha introdotto, all'articolo 1138 del Codice civile, il 5° comma, il quale prevede che «le norme del regolamento non possono vietare di possedere o detenere animali domestici». La norma recepisce i princìpi che la giurisprudenza ha elaborato nel tempo, proprio con riferimento alla disposizione contenente il divieto di detenzione di animali negli spazi privati.

In particolare, l'introduzione del citato divieto è stata preceduta dai principi elaborati dalla giurisprudenza che, nel prendere posizione in merito alla legittimità dei regolamenti che vietavano l'accesso e il mantenimento di animali domestici negli appartamenti, aveva più volte sostenuto la necessità che essi fossero espressione, in caso di regolamenti assembleari, dell'unanimità dei consensi del condomini, siccome atti ad incidere, menomandole, sulle facoltà comprese nel diritto di proprietà, sia comune che esclusivo, dei singoli ovvero, in caso di regolamenti contrattuali (quelli predisposti dall'originario unico proprietario), che fossero richiamati negli atti di acquisto, costituendosi con essi servitù reciproche (Cass. 25.10.2001, n. 13164; Cass. 15.2.2011, n. 3705).

Il regolamento contrattuale: il problema del divieto e della retroattività delle norme. Premesso ciò,l'articolo 1138, al quarto comma, prevede che le disposizioni contenute in questo tipo di regolamento «non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni» (intendendosi come tali i regolamenti di natura contrattuale).

Se, infatti, i proprietari possono prevedere, in applicazione delle facoltà derivanti dal generale principio di autonomia contrattuale, delle regole in grado di comprimere i diritti dei singoli sulle parti di loro esclusiva proprietà (regolamento contrattuale), lo stesso non può dirsi per quei regolamenti di natura assembleare che, come tali, devono rispettare i dettami contenuti dall'articolo 1138, ovvero limitarsi a disciplinare l'uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese, la gestione e la tutela del decoro architettonico dell'edificio e dell'amministrazione dello stabile.

È vietato portare i cani in ascensore?

Per meglio dire, la differenza tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare è nel fatto che quest'ultimo non può imporre limiti alla proprietà individuale mentre è legittimo, nei regolamenti contrattuali, l'inserimento di clausole che impongono divieti o che di fatto incidono sui diritti dei condomini, poiché "tali disposizioni hanno natura contrattuale, in quanto vanno approvate e possono essere modificate con il consenso unanime dei comproprietari, dovendo necessariamente rinvenirsi nella volontà dei singoli la fonte giustificatrice di atti dispositivi incidenti nella loro sfera giuridica" (Cass. n. 3705/2011).

Sul punto in esame, i primi commentatori della riforma, avevano delineato una tesi restrittiva delle norme della Riforma in tema di animali domestici, sostenendo che essa non potrebbe applicarsi che per l'avvenire, in virtù del principio generale di irretroattività delle leggi di cui all'art.11, 1° co. disp. prel. c.c. (secondo cui la legge "non dispone che per l'avvenire").

Da ciò conseguirebbe che il vecchio regolamento, contrattuale e trascritto, che prevedesse ad esempio il divieto alla detenzione di cani, manterrebbe la propria efficacia anche nel periodo successivo.

Tuttavia, col passare del tempo, detta tesi restrittiva è stata criticata, in quanto non tiene conto, peraltro, dell'evoluzione del diritto vivente e della nuova valorizzazione del rapporto uomo-animale, già affermatasi a livello europeo e nazionale.

A livello europeo, si considerino il Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea ratificato dalla Legge 130/2008 (che all'articolo 13 riconosce gli animali come esseri senzienti) e la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia (Strasburgo, 13.11.1987), ratificata ed eseguita in Italia con Legge 201/2010, dove si prevede "che l'uomo ha l'obbligo morale di rispettare tutte le creature viventi", e "in considerazione dei particolari vincoli esistenti tra l'uomo e gli animali da compagnia" si afferma "l'importanza degli animali da compagnia a causa del contributo che essi forniscono alla qualità della vita e dunque il loro valore per la società".

Il ragionamento del Giudice di Cagliari. Con la pronuncia in esame, il giudice adito ha ritenuto applicabile quell'orientamento in base al quale l'eventuale norma regolamentare difforme da tale precetto (art. 1138 co. 5 c.c.) sia inficiata da nullità, siccome contraria ai principi di ordine pubblico, ravvisabili, per un verso, nell'essersi indirettamente consolidata a livello di legislazione nazionale, la necessità di valorizzare il rapporto uomo-animale e, per altro verso, nell'affermazione di quest'ultimo principio anche a livello europeo.

Sul punto, la sentenza in commento, appare interessante in quanto il giudicante ha avuto modo di evidenziare che dalla riforma 220/12 scaturirebbe una nullità per contrarietà ai principi di ordine pubblico che non travolge soltanto i regolamenti approvati dalle assemblee condominiali dopo l'entrata in vigore della riforma.

Ne consegue che la nullità sopravvenuta travolge anche il regolamento approvato prima della riforma del condominio e che soprattutto ha natura contrattuale: non inficia soltanto quello approvato a maggioranza dall'assemblea ma anche quello predisposto dal costruttore dell'edificio e originario proprietario di tutti gli appartamenti sottoscritto per accettazione da ogni condomino all'atto dall'acquisto.

E ciò perché la novella del 2012, anche in ambito condominiale, codifica «principi operanti nel diritto vivente», a livello nazionale e internazionale, frutto di una nuova concezione per il rapporto uomo-animale che è «espressione dei più generali diritti inviolabili di cui all'articolo 2 della Costituzione".

Le conclusioni. Alla luce di tutto quanto innanzi esposto, Il Tribunale di Cagliari con la pronuncia in commento ha accolto il ricorso di Tizio e per l'effetto ha dichiarato la nullità della disposizione del regolamento condominiale che vietava gli animali domestici in condominio.

Sentenza
Scarica Tribunale di Cagliari con l'ordinanza del 22 luglio 2016
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