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Prova del danno e valutazione da parte del giudice

La motivazione della sentenza deve essere coerente e non può presentare delle contraddizioni nella valutazione delle prove ritenute attendibili.
Avv. Marco Borriello - Foro di Nola 

Per ottenere un risarcimento bisogna provarlo. In tal senso una semplice dichiarazione di parte non può essere sufficiente.

Il magistrato, infatti, non ha alcun dovere di credere alla versione dei fatti di un potenziale danneggiato, nemmeno se questi si mostra come una persona onesta e affidabile. Per poter individuare un danno e condannare il responsabile al pagamento dell'indennizzo necessita di prove.

Queste possono essere rappresentate dalle dichiarazioni raccolte dai testimoni convocati in udienza oppure dai documenti che la parte interessata è in grado di produrre.

È il caso, ad esempio, di quanto è accaduto nella vicenda che si è conclusa con la sentenza del Tribunale di Pisa n. 1072 del 17 agosto 2021.

Nello specifico, l'ufficio toscano è stato chiamato a dirimere un giudizio di appello avverso una decisione assunta in primo grado da un Giudice di Pace. Questa, infatti, non aveva soddisfatto l'appellante, con particolare riguardo alla valutazione delle prove che erano state poste a fondamento di una domanda di risarcimento.

Non mi resta, pertanto, che descrivere il caso concreto per poi approfondire gli aspetti tecnico -giuridici.

Prova del danno: la valutazione da parte del giudice. Il caso concreto

A seguito di un evento atmosferico era accaduto che un pezzo di lamiera, facente parte di un condominio, era caduto sopra una vettura parcheggiata sottostante al fabbricato. I danni al veicolo erano stati, particolarmente, ingenti, e ricomprendevano anche i proiettori anteriori, andati in frantumi per l'impatto con l'oggetto de quo.

Ebbene, nonostante fossero stati ascoltati vari testimoni che avevano confermato l'accaduto e sebbene fosse stata prodotta una fattura di riparazione, nemmeno contestata dal perito della convenuta compagnia assicuratrice, il Giudice di Pace aveva riconosciuto un risarcimento ridotto al danneggiato, defalcando dall'importo complessivo il costo per la sostituzione dei predetti fari.

Secondo, infatti, il magistrato, «non vi [sarebbero stati] elementi sufficienti a comprovare che l'impatto con la lamiera caduta [fosse] in grado di determinare danni a parti diverse della carrozzeria».

Per questo motivo, era stato, quindi, proposto l'appello, invocando l'intervento del Tribunale, affinché operasse una più attenta e soprattutto più coerente interpretazione delle prove raccolte durante il primo giudizio.

In effetti, il Tribunale di Pisa ha ritenuto che il primo verdetto andava riformato e che il risarcimento, inizialmente ridotto, doveva essere riconosciuto nell'intero importo riportato nella fattura di riparazione.

La valutazione delle prove in giudizio: la giurisprudenza

In base l'art. 115 cod. proc. civ. «… il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti…». Inoltre, per il successivo art. 116 cod. proc. civ. «il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento...».

Per dire che l'amministratore usa per sé i soldi del condominio ci vogliono le prove

Secondo la consolidata giurisprudenza della Cassazione, queste due disposizioni debbono essere interpretate nel senso che «il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla formazione dello stesso, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell'esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga - in maniera concisa ma logicamente adeguata - gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo svolto» (ex multis Cass. Sez. L., 20/02/2006, n. 3601 - Cass. Civ. Sez. 5 ord. n. 29730 del 2020).

In linea di principio, quindi, passando al caso in commento, la conclusione del Giudice di Pace può essere stata legittima, se la valutazione delle prove offerte non ha convinto il magistrato a riconoscere il danno ai proiettori anteriori.

La valutazione della legittimità del restringimento del passaggio carrabile.

A quanto pare, però, il Tribunale di Pisa ha ravvisato delle incongruenze inammissibili.

Carenza di elementi probatori: la motivazione

Se è vero che il giudice non è tenuto a considerare tutti gli argomenti probatori raccolti nel procedimento e che può basare il proprio convincimento sulle prove ritenute più attendibili, è altrettanto importante sapere che la motivazione della sentenza deve essere coerente e non può presentare delle contraddizioni negli elementi presi in considerazione.

Ad esempio, è ciò che è accaduto nella vicenda in esame, dove, secondo l'ufficio toscano, il magistrato di prime cure non ha sufficientemente e coerentemente valutato le prove poste a fondamento della propria decisione di ridurre il risarcimento richiesto.

In particolare, non è stato considerato che le foto dell'impatto dimostravano che la lamiera, caduta dall'alto, aveva impattato in prossimità dei fari in contestazione, che il testimone, ritenuto attendibile, aveva confermato la descritta rottura e che il perito della compagnia non aveva espresso alcuna remora a riconoscere come congrua la loro riparazione.

Secondo il Tribunale di Pisa, quindi, «la conclusione raggiunta in primo grado relativamente alla carenza di elementi probatori a suffragio della correlazione tra sinistro e rottura dei proiettori» doveva «ritenersi, da una parte, non sufficientemente motivata e, dall'altra, positivamente esclusa».

Per queste ragioni, l'appello è stato accolto.

Sentenza
Scarica Trib. Pisa 17 agosto 2021 n. 1072
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