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Ordine illegittimo di potatura dell'albero del condomino con giardino: una decisione del giudice viziata da ultrapetizione

La Cassazione affronta il problema della distanza della magnolia di un condomino dal balcone del vicino.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

La c.d. scalvatura degli alberi è l'operazione di privare un albero dei suoi rami, che vengono recisi rasente quasi il tronco, allo scopo di ottenere germogli dal breve tratto di rami rimasto.

È possibile che il proprietario di un terreno, lamentando l'invasione del proprio fondo da parte di rami di filari dimoranti nella proprietà vicina, chieda la "scalvatura" degli alberi ma, successivamente, nel corso del giudizio, richieda il taglio dei rami: il tal caso non si può parlare di una domanda nuova, ma solo di una legittima specificazione della pretesa originaria, trattandosi di una nuova richiesta "ridotta" rispetto alla domanda originaria (Cass. civ., sez. II, 18/12/2013, n. 28348).

Le prescrizioni relative alle distanze legali degli alberi e delle piante dal confine, stabilite nei primi tre commi dell'art. 892 cod. civ., non devono essere osservate quando sul confine esista un muro divisorio e le piante non lo superino in altezza, in quanto in questo caso il vicino non subisce diminuzione di aria, luce e veduta.

In quest'ottica è stato affermato che, ai sensi dell'art. 892 c.c., è legittima e non affetta da ultrapetizione la sentenza del giudice di merito che, nel giudizio instaurato con domanda di sradicamento degli alberi di alto fusto posti a dimora dal confinante proprietario a distanza inferiore a quella legale, ordini al convenuto soltanto di mantenere le piante (che sono risultate una siepe) ad altezza non eccedente la sommità del muro di cinta, ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 892 c.c. (Cass. civ., sez. II, 09/04/2008, n. 9280).

Si deve considerare, infatti, che non incorre nel vizio di ultrapetizione il giudice che accoglie la domanda sulla base di una prospettazione che, seppur non espressamente formulata, possa ritenersi tacitamente proposta e virtualmente contenuta nella domanda introduttiva del giudizio.

Sempre in tema di distanze degli alberi dal confine, la Cassazione ha recentemente ritenuto illegittima la decisione di un giudice di merito che aveva accolto una domanda differente da quella effettivamente proposta nelle conclusioni della citazione introduttiva (e con una causa petendi diversa).

Azione ex art. 892 c.c. e ordine di potatura e riduzione dell'altezza della pianta: la vicenda

Una condomina, proprietaria di un appartamento al secondo piano di un caseggiato, conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace la condomina proprietaria dell'appartamento sottostante dotato di giardino pertinenziale.

Secondo l'attrice la magnolia presente nel giardino della convenuta si trovava ad una distanza dal confine inferiore a quella prevista dalla legge; di conseguenza chiedeva la condanna della condomina titolare dell'abitazione sottostante ad adottare misure e provvedimenti necessari al ripristino delle distanze previste dalla legge.

Il Giudice di pace rilevava che l'albero risultava piantato ad una distanza dal confine rispettosa della legge; tuttavia, ordinava alla convenuta di ridurre l'altezza dell'albero fino alla quota di mt. 7,70 dal piano nel giardino e di potarlo in modo da ridurne la chioma ad una distanza di mt. 1,50 dalla ringhiera del balcone dell'attrice.

Quest'ultima, non soddisfatta della decisione di primo grado, si rivolgeva al Tribunale che riformava la sentenza del primo giudice, ritenendola viziata da ultrapetizione; di conseguenza rigettava l'appello della proprietaria dell'appartamento al secondo piano di un caseggiato.

Il Tribunale notava che la domanda originaria della soccombente era volta ad accertare e dichiarare che l'albero piantato nel giardino della condomina sottostante si trovava ad una distanza inferiore a quella dovuta per legge e, per l'effetto, condannare ad adottare le conseguenti decisioni.

Come nota lo stesso Tribunale, però, all'esito della CTU disposta, era emerso come l'albero risultasse piantato nel rispetto delle distanze legali; nonostante tale accertamento, il Giudice di Pace aveva ordinato una potatura dei rami e una riduzione dell'altezza della magnolia.

Secondo il Tribunale, però, la decisione del Giudice di Pace attribuiva un bene diverso da quello conteso, in quanto, sebbene l'attrice avesse prospettato anche disagi connessi alla presenza dei rami, in termini di riduzione di aria, sole e di veduta, le relative richieste non figuravano nelle conclusioni dell'atto di citazione.

Azione ex art 892 c.c. e ordine di potatura e riduzione dell'altezza della pianta: la decisione

La Cassazione ha condiviso pienamente le considerazioni del Tribunale; i giudici supremi hanno ritenuto viziata da ultrapetizione la sentenza di primo grado.

Il Giudice di Pace, disponendo la potatura della magnolia, ha infatti accolto una domanda che differiva da quella effettivamente proposta nelle conclusioni della citazione introduttiva non solo quantitativamente ma anche qualitativamente, giacché si fondava su una causa petendi diversa; la domanda ex art. 892 c.c. volta a far dichiarare che gli alberi non sono a distanza legale consiste in un'azione reale, mentre la domanda accolta dal primo giudice è relativa un'azione personale ex art. 2043 c.c. e segg.; in altre parole la domanda di eliminazione di un albero piantato a distanza inferiore al minimo di legge non può ritenersi comprensiva della richiesta di ridimensionamento dell'albero per una causa diversa dalla violazione delle distanze legali, ossia per la lesione del diritto della vicina alla salute ed al godimento di aria, sole e veduta (Cass. civ., Sez. II, 22/03/2022, n. 9263).

Sentenza
Scarica Cass. 22 marzo 2022 n. 9263
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