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Gravi difetti e legittimazione dell'amministratore di condominio per i danni subiti alle singole unità immobiliari.

Opere di ristrutturazione del Condominio, opposizione al pagamento richiesto ed azione risarcitoria per i danni subiti anche alle abitazioni, necessità del mandato rappresentativo ad hoc in favore dell'amministratore per le proprietà private.
Avv. Laura Cecchini - Foro di Firenze 

I lavori di ristrutturazione dell'edificio condominiale rappresentano, sempre più sovente, motivo di lite al momento del pagamento del saldo alla impresa edile, per mancata esecuzione a regola d'arte e/o per il verificarsi di danni provocati alle parti comuni nonché alle personali unità immobiliari.

La pronuncia della Corte di Cassazione n. 3846 del 17 febbraio 2020 affronta, in prevalenza, la questione trattata dall'art. 1669 Cod. Civ. in materia di rovina e difetti di cose immobili, garanzia decennale dell'appaltatore e del relativo termine di denuncia del vizio, in particolare, sotto il profilo attinente alla legittimazione dell'amministratore alla richiesta risarcitoria anche il pregiudizio alle proprietà dei singoli condomini.

Lavori di ristrutturazione delle parti comuni del condominio, richiesta pagamento dell'impresa e opposizione del condominio.

La vertenza all'esame della Suprema Corte ha avuto origine dalla opposizione promossa dal condominio in conseguenza della notifica di decreto ingiuntivo portante la condanna al pagamento del saldo corrispettivo dovuto alla impresa edile, quale appaltatrice, delle opere di ristrutturazione dello stabile.

Nell'azione promossa dal condominio posta a difesa del diritto a vedersi riconosciuto la revoca della pretesa di cui al decreto ingiuntivo emesso in favore dell'impresa per gravi vizi riscontrati nella esecuzione degli interventi commissionati, da cui ne sono derivati danni alle parti comuni, sono intervenuti anche singoli condomini al fine di ottenere il risarcimento delle lesioni arrecate alle loro abitazioni.

La sentenza di primo grado ha accolto la domanda proposta dal Condominio riducendo significativamente l'importo da corrispondere alla impresa.

Avverso detta pronuncia ha promosso appello sia il condominio che alcuni dei condomini intervenuti avanti al Tribunale e l'impresa si è costituita avanzando appello incidentale.

La Corte d'Appello ha rigettato entrambe le domande, confermando la statuizione di primo grado.

Il ricorso per cassazione è stato formulato unicamente da uno dei condomini intervenuti già nel giudizio avanti al Tribunale ed in appello, la impresa edile non ha depositato difese.

In questa sede, procederemo alla disamina del quinto e sesto motivo del ricorso in cui il condomino contesta la violazione e falsa applicazione, nonché vizio di motivazione, di cui all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c., con riferimento agli artt. 2697, 1667 e 1665 Cod. Civ. "per aver omesso di valutare i documenti depositati nel corso del giudizio innanzi al Giudice di prime cure", e la violazione degli artt. 1331 e 2702 Cod. Civ., in correlazione all'art. 360 n.3,4 e 5 c.p.c., "per avere escluso che l'amministratore di condominio fosse legittimato anche per le azioni aventi ad oggetto le singole pretese risarcitorie fatte valere dai singoli condomini".

Denuncia dei vizi e decadenza dall'azione

In tema di appalto, il dettato normativo di cui all'art. 1667 Cod. Civ.

è chiaro nel disporre che "L'appaltatore è tenuto alla garanzia per le difformità e i vizi dell'opera.

La garanzia non è dovuta se il committente ha accettato l'opera [1665] e le difformità o i vizi erano da lui conosciuti o erano riconoscibili, purché in questo caso, non siano stati in malafede taciuti dall'appaltatore".

Parimenti, al secondo comma, la richiamata norma rappresenta che è onere del committente, a pena di decadenza, denunciare i vizi entro sessanta giorni dalla scoperta e, comunque, prosegue il terzo comma, promuovere l'azione contro l'appaltatore entro due anni dalla consegna del bene.

Orari dei lavori di ristrutturazione e rimedi

Nell'ipotesi in esame, non appare che detto diritto sia stato esercitato nei termini di Legge, per cui sia il Tribunale che, successivamente la Corte d'Appello, confermando la statuizione di primo grado, hanno ritenuto decaduti i singoli condomini dalla azione di risarcimento danno riferita al loro immobile.

Ad avviso della Corte, il Giudice di secondo grado ha ravvisato il mancato assolvimento, da parte del condomino ricorrente, dell'onere probatorio sul medesimo gravante, atto a dimostrare una diversa data di consegna dell'immobile rispetto a quella della contabilità finale.

Aggiunge la Corte, nel motivare il rigetto del motivo di ricorso, che, trattandosi di una valutazione in punto fatto, non può essere oggetto di censura.

La questione rappresenta l'occasione di ricordare come, per la valida proposizione di una azione e l'esercizio di un diritto, nel contenzioso che interessa un appalto, la parte che se ne voglia avvalere debba rispettare i termini di decadenza, in difetto di prova dei quali la domanda non potrà essere accolta.

In conclusione, è di rilevante importanza non solo la denuncia dei vizi entro sessanta giorni, nel caso di difetti riconoscibili, ma, soprattutto ed in particolare, la dimostrazione della data di consegna per il computo del termine di due anni, atto a validare la legittima proposizione dell'azione risarcitoria.

Difetto del mandato rappresentativo dell'amministratore per i danni subiti alle singole unità.

La azione disciplinata dall'art. 1669 Cod. Civ. configura un atto palesemente conservativo in ragione del quale, l'amministratore del Condominio ha facoltà di agire in giudizio, in aderenza e rispondenza degli artt. 1131 comma 1 Cod. Civ. e 1130 n. 4 Cod. Civ., senza la necessità di alcuna preventiva autorizzazione da parte dell'assemblea condominiale.

Azione per gravi difetti. L'amministratore di condominio «salta» la preventiva autorizzazione assembleare

In proposito, la legittimità dell'amministratore ad agire in via autonoma ex art. 1669 Cod. Civ., secondo l'interpretazione ad opera della Giurisprudenza di Legittimità, trova la sua giustificazione nel potere riconosciuto allo stesso di porre in essere tutti gli atti idonei a conservare l'esistenza delle parti comuni (Cass. civ., 31 marzo 2011, n. 7470).

Tanto premesso, nel caso in esame, la Corte sia pur ribadendo tale principio, laddove l'azione dell'amministratore è stata rivolta a tutelare i condomini dal pregiudizio che è conseguito alla esistenza di vizi alle parti comuni per mancata esecuzione a regola d'arte dei lavori commissionati all'impresa, non ha ravvisato la medesima legittimazione dell'amministratore per il risarcimento dei danni alle singole unità abitative, non risultando l'avvenuto conferimento di mandato espresso in tal senso dai singoli condomini.

A tal riguardo, ulteriormente, la Corte illustra che la circostanza dell'avvenuto specifico del mandato è risultata unicamente, ed in modo sommario, nel giudizio innanzi alla stessa, peraltro senza trascrizione della delibera con la quale, a suo tempo, sarebbe stato conferito, oltre al fatto che, la trattazione di tale questione, non emerge dalla sentenza impugnata e neppure pare che il condomino l'abbia mai fatta valere.

In conseguenza, la Corte non può che respingere il motivo di doglianza, in considerazione del richiamato orientamento per cui "Tale legittimazione non poteva tuttavia estendersi anche alla proposizione, senza alcun mandato rappresentativo da parte dei singoli condomini, delle azioni risarcitorie, in forma specifica o per equivalente pecuniario, relative ai danni subiti dai singoli condomini nei rispettivi immobili […]" (Cass. Civ. n.22656/2010).

In conclusione, l'amministratore del condominio deve ricevere da ogni singolo proprietario un espresso mandato per essere legittimato ad agire anche per i danni subiti dai singoli appartamenti e, quindi, vedere riconosciuta l'ammissibilità dell'azione risarcitoria.

Sentenza
Scarica Cass. 17 febbraio 2020 n. 3846
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