In tema di prerogative dell'amministratore relativamente all'azione giudiziale per gravi difetti dell'immobile ex art. 1669 c.c., secondo la Corte di Cassazione la legittimazione autonoma del mandatario non è estesa alle azioni risarcitorie.
In buona sostanza per gli ermellini (cfr. ord. interlocutoria n. 10010 del 15 maggio 2015) l'amministratore può proporre l'azione ex art. 1669 c.c. per fare accertare la esistenza di gravi difetti sull'immobile senza dover chiedere l'autorizzazione all'assemblea, ma se vuole domandare anche il risarcimento del danno che tali vizi hanno causato deve ottenere autorizzazione (o ratifica del proprio operato) da parte dell'assemblea condominiale.
Si tratta dell'ennesima pronuncia della Corte di Cassazione che interviene in materia di legittimazione dell'amministratore ad agire e resistere in giudizio intervenuta dopo l'arcinota sentenza delle Sezioni Unite n. 18331/2010.
Prima di entrare nel merito del caso è utile ricordare che l'azione di cui all'art. 1669 c.c. consente al proprietario dell'immobile di agire contro il costruttore (anche il costruttore venditore) per la sussistenza di gravi difetti che si manifestino entro dieci anni dalla consegna del bene.
L'azione è soggetta a particolari termini di decadenza (con riferimento alla denuncia del difetto) e di prescrizione (a seguito di tale adempimento).
Sul fatto che l'amministratore possa agire ai sensi del succitato art. 1669 c.c. nel caso di gravi difetti delle parti comuni, non vi sono dubbi.
In tal senso, ormai da anni, la Corte di Cassazione è costante nell'affermare che – ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1130 n. 4 c.c. – 1130, primo comma, c.c. – rientra nell'ambito degli atti conservativi che l'amministratore deve porre in essere l'azione di garanzia di cui trattasi, se oggetto della contestazione sono vizi riguardanti le parti comuni dello stabile condominiale (cfr. tra le tante Cass. 8 novembre 2010 n. 22656).
Nel caso provvisoriamente risolto dalla Suprema Corte con l'ordinanza n. 10010, un'impresa – costruttrice di un edificio – ha proposto ricorso per Cassazione avverso la sentenza che la vedeva condannata al risarcimento del danno per gravi difetti dell'immobile.
La responsabilità decennale per gravi difetti costruttivi.
Si costituiva in giudizio il condominio, in persona dell'amministratore, senza la preventiva autorizzazione a stare in giudizio dell'assemblea condominiale.
Il Pubblico ministro concludeva per il rigetto del ricorso e riteneva, vista la materia del contendere, che non vi fosse necessità di autorizzazione assembleare.
Gli ermellini si sono dimostrati di pare opposto: si legge nell'ordinanza che “l'azione giudiziale, essendo diretta al risarcimento del danno ex art- 1669 cc., esula dai poteri meramente conservativi dell'amministratore è necessario che l'amministratore sia autorizzato dall'Assemblea condominiale a stare in giudizio.
Come insegnano le SSUU di questa Corte di Cassazione (Sent. 18331 del 2010). (Cass. ord. 15 maggio 2015 n. 10010).
In sostanza, secondo questa sentenza l'amministratore può agire (e nel caso d'impugnazione resistere) autonomamente se l'azione è volta solamente all'accertamento (ed eliminazione dei gravi difetti), mentre deve farsi autorizzare dall'assemblea se oltre a ciò chiede anche il risarcimento del danno.
Non è chiaro perché debba fare ciò se il risarcimento del danno è solamente il corrispettivo in denaro necessario a fare eseguire da altri gli interventi riparatori, posto che l'art. 1669 c.c. norma non impone la condanna in forma specifica dell'appaltatore responsabile dei gravi difetti di cui trattasi.
Contrariamente a quanto affermato dalla sentenza in esame si legga: Amministratore di condominio, gravi difetti e azioni risarcitorie