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Uso esclusivo di una porzione del cortile. La natura condominiale sarà decisa dalle Sezioni Unite della Cassazione

L'uso esclusivo della corte antistante e interpretazione della natura condominiale.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

L'uso esclusivo della corte antistante i negozi, riconosciuto nell'atto di divisione e poi ceduto ai compratori convenuti con la compravendita, deve qualificarsi come qualcosa di diverso dal diritto di uso ex art. 1021 c.c., trattandosi, piuttosto, di diverso titolo di uso delle parti condominiali.

La questione. Secondo la Corte d'appello era "dubbia" la natura condominiale della corte antistante il locale commerciale di proprietà dei convenuti, definendo "apodittici" i risultati cui era pervenuto il CTU.

Di seguito, la sentenza impugnata ha affermato che l'uso esclusivo delle porzioni di corte antistanti i negozi, contemplato nell'atto di divisione del 1980 (e poi ceduto ai compratori convenuti), non dovesse ricondursi all'art. 1021 c.c., ma "all'uso delle parti condominiali ex artt. 1102 e 1122 c.c.", concludendo che "l'utilizzo delle corti, a voler ammettere la loro natura condominiale, fosse comunque "legittimo perché voluto in origine da tutti i condomini".

Da ciò il rigetto della domanda degli attori inerente all'abusiva occupazione ad opera dei convenuti della porzione di suolo individuata dagli attori come condominiale, mediante costruzione di due pensiline poi tamponate con pannelli.

Dunque, dubitando della natura condominiale delle corti oggetto di lite, la Corte d'Appello prospettava in alternativa "la natura pertinenziale in quanto destinate in modo permanente al servizio di tali locali".

Proprietà esclusiva del cortile e condivisione di aree di parcheggio

Il problema centrale. Secondo la Cassazione, è, peraltro, centrale, nella sentenza della Corte d'appello, l'argomentazione secondo cui "l'uso esclusivo della corte antistante" i negozi, riconosciuto nell'atto di divisione del 1980 e poi ceduto ai compratori convenuti con la compravendita del 1983, fosse da qualificare come qualcosa di diverso dal diritto di uso ex art. 1021 c.c., trattandosi, piuttosto, di diverso titolo di uso delle parti condominiali.

Dunque, a parere degli ermellini, la questione, cui occorre dare soluzione per decidere la questione, circa la natura, i limiti e la apponibilità del diritto di uso esclusivo su beni comuni, involge evidentemente il più classico problema della utilizzabilità delle obbligazioni come espressioni di autonomia privata volte a regolare le modalità di esercizio dei diritti reali, opponendosi dai teorici che la libertà negoziale possa conformare unicamente i rapporti di debito, e non anche le situazioni reali.

Il ragionamento della Cassazione. Nella specie, si ha riguardo ad un "uso esclusivo" di porzione del cortile che era stato pattuito all'interno dell'atto di divisione costituente il titolo costitutivo del condominio, e che è poi stato richiamato in un successivo atto di subentro nella titolarità di una delle singole unità immobiliari, supponendo di poter così garantire l'efficacia e la conoscibilità del vincolo reale del rispetto dell'uso esclusivo appunto mediante richiamo nelle provenienze.

L'interpretazione contenuta in Cass. n. 24301/2017, facendo leva sulle nozioni di «uso esclusivo», contenuta nell'art. 1126 c.c., e di «uso individuale», prevista dal novellato art. 1122 c.c., ha ritenuto che tali previsioni pattizie, senza escludere del tutto la fruizione "di una qualche utilità sul bene c.d. in uso esclusivo altrui" in favore degli altri comproprietari, costituiscono deroghe all'art. 1102 c.c.., espressione dell'autonomia privata, che conformano i rispettivi godimenti.

La stessa ricostruzione ha affermato che l'uso esclusivo si trasmette anche ai successivi aventi causa dell'unità cui l'uso stesso accede.

L'uso esclusivo in ambito condominiale, così come prospettato, sarebbe, quindi, "tendenzialmente perpetuo e trasferibile", e per niente riconducibile al diritto reale d'uso di cui agli artt. 1021 ss. c.c., sicché non condividerebbe con quest'ultimo istituto né i limiti di durata, né i limiti di trasferibilità, e nemmeno le modalità di estinzione.

Proprietà esclusiva del cortile e condivisione di aree di parcheggio

Le criticità sul nuovo diritto. Come affermato in sentenza, l'interpretazione richiamata appaga certamente le diffuse esigenze avvertite dalla pratica notarile di dare al cosiddetto "uso esclusivo" di parti condominiali il rango di un diritto perpetuo e trasmissibile, a contenuto, dunque, non strettamente personale, e cioè stabilito a favore del solo usuario, collegando la facoltà di usare il bene non ad un soggetto, ma ad una porzione in proprietà individuale senza limiti temporali.

Parte della dottrina parla al riguardo di "un nuovo diritto reale di creazione pretoria", che nulla avrebbe a che fare con il diritto d'uso di cui all'art. 1021 c.c., con esso intendendosi indicare un godimento, nell'ambito di bene comune, di una frazione spazialmente determinata dello stesso

«quasi» uti dominus, seppur sempre con il limite di cui all'art. 1102 c.c. Peraltro, evitandone la qualificazione in termini di diritto reale di godimento su cosa altrui, non viene così risolto il problema della trascrivibilità, e quindi dell'opponibilità, dell'uso esclusivo sulla cosa comune.

In conclusione, per le suesposte ragioni, attesa la particolare importanza della questione di massima da decidere, anche alla luce della diffusa pratica negoziale implicata, il Collegio ha ritenuto opportuno rimettere gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.

TABELLA RIEPILOGATIVA

OGGETTO DELLA PRONUNCIA

USO ESCLUSIVO PORZIONE CONDOMINIALE

RIFERIMENTI NORMATIVI

1102, 1021 e 1122 c.c.

PROBLEMA

Secondo la Corte d'appello era "dubbia" la natura condominiale della corte antistante il locale commerciale di proprietà dei convenuti, definendo "apodittici" i risultati cui era pervenuto il CTU.

LA SOLUZIONE

Secondo la Cassazione, l'uso esclusivo in ambito condominiale, così come prospettato, sarebbe, quindi, "tendenzialmente perpetuo e trasferibile", e per niente riconducibile al diritto reale d'uso di cui agli artt. 1021 ss. c.c., sicché non condividerebbe con quest'ultimo istituto né i limiti di durata, né i limiti di trasferibilità, e nemmeno le modalità di estinzione. Peraltro, evitandone la qualificazione in termini di diritto reale di godimento su cosa altrui, non viene così risolto il problema della trascrivibilità, e quindi dell'opponibilità, dell'uso esclusivo sulla cosa comune

RICHIAMI GIURISPRUDENZIALI

Cass. Sez. 2, 16/10/2017, n. 24301

LA MASSIMA

La conformazione negoziale della comproprietà che si ha attribuendo ad un comunista l'uso esclusivo della cosa comune potrebbe postulare per la Suprema Corte un controllo circa l'esistenza o meno di un interesse meritevole di tutela in capo ai soggetti interessati da tale utilizzo. Cass. civ., sez. II, ord. interloc. 2 dicembre 2019, n. 31420

Sentenza
Scarica Cass. civ. sez. II ord. 2 dicembre 2019 n. 31420
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