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La minaccia nei confronti dell'amministratore legittima la condanna al risarcimento dei danni

Il mancato pagamento delle prestazioni lavorative all'imprenditore non ha la caratteristica della ingiustizia obiettiva.
Avv.to Maurizio Tarantino - Foro di Bari 

La vicenda. La Corte di Appello confermava la sentenza di condanna di Tizio per i reati di cui agli artt. 392 cod. pen.(capo A) e 635, 2°comma n.3 cod. pen. (capo B), in quanto, pur potendo ricorrere al giudice al fine di ottenere dall'amministratore di condominio il compenso per prestazioni di pulizia degli stabili condominiali effettuati dalla sua ditta, si era fatto ragione da sé minacciando di morte l'amministratore e usando violenza consistita nel danneggiare gli sportelli dei contatori del gas del palazzo ove era ubicato il suo studio.

Avverso tale decisione, Tizio ha proposto ricorso in cassazione eccependo che non l'azione di Tizio non era una condotta violenta esercitata sulla cosa quale esercizio di un preteso diritto, ma di un espediente per richiamare l'attenzione sull'impegno assunto dai condomini in relazione al pagamento dell'attività di pulizia; quanto alle minacce, l'amministratore non era presente quando il ricorrente si era recato presso il suo studio.

L'imputato, infine, eccepiva l'erroneità della legge penale circa l'applicazione dell'art. 165 c.p., in quanto il preventivo risarcimento del danno costituiva sanzione eccessiva rispetto alla condotta delittuosa posta in essere e non si era proceduto alla valutazione delle condizioni economiche dell'imputato.

Quando è lecito insultare l'amministratore

Il ragionamento della Cassazione. Secondo i giudici di legittimità, nel caso in esame, il ricorrente non si era confrontato affatto con la motivazione della Corte di appello contenuta nella quale si evidenziava che le minacce erano state rivolte alle dipendenti dell'amministratore al fine di farsi ragione da sé e che era irrilevante la presenza di quest'ultimo, visto che il delitto di cui all'art. 392 c.p. sussiste anche quando le minacce siano rivolte a persona diversa da quella che si trovi in conflitto di interessi con l'agente; la Corte territoriale ha anche sottolineato le minacce telefoniche ricevute dall'amministratore, la cui attendibilità non necessariamente doveva accompagnarsi a riscontri esterni, ad essa non applicandosi i canoni dell'art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, e che la versione dei fatti dell'amministratore era compatibile con il quadro generale in cui si era svolta la vicenda (lo stesso imputato, come risulta dalla sentenza di primo grado, parlava dei motivi di risentimento nei confronti dell'amministratore in quanto quest'ultimo gli doveva pagare lavori da lui effettuati).

Minacce tra condòmini che si odiano da tempo

Inoltre, ai fini dell'attenuanti ex art. 62 n. c.p., nel caso in esame, non è presente il requisito della causalità psicologica, vista l'occasionalità della condotta del ricorrente, già da tempo in contrasto con l'amministratore, e l'assoluta mancanza di proporzione tra minacce e distruzione dei contatori e mancato pagamento.

Tuttavia, nonostante la colpevolezza dell'imprenditore, la Corte di legittimità ha accolto il motivo della valutazione del risarcimento (eccessivo).

Difatti, la Corte di appello non aveva motivato in maniera esauriente sul perché fosse corretta la decisione del primo giudice di subordinare la sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, limitandosi ad affermare la correttezza della decisione.

Pertanto, una volta ritenuta la fondatezza del ricorso, i reati sono stati dichiarati estinti per intervenuta prescrizione, con conferma delle statuizioni civili posto che correttamente è stata ritenuta la responsabilità di Tizio a lui ascritti.

In conclusione, alla luce di tutto quanto innanzi esposto, il ricorso è stato accolto e la sentenza annullata senza rinvio.

TABELLA RIEPILOGATIVA

OGGETTO DELLA PRONUNCIA

MINACCE E DANNI NEI CONFRONTI DELL'AMMINISTRATORE

RIFERIMENTI NORMATIVI

artt. 392 cod. pen. (capo A) e 635, 2°comma n.3 cod. pen. (capo B)

PROBLEMA

Il titolare di un'impresa di pulizia, operante in un condominio, riteneva di non essere stato pagato per le prestazioni effettuate e, invece di ricorrere al giudice, si faceva giustizia da solo, minacciava di morte l'amministratore e danneggiava gli sportelli dei contatori del gas del palazzo in cui lo stesso abitava.

LA SOLUZIONE

Secondo la Cassazione, l'imprenditore aveva esercitato arbitrariamente le proprie ragioni, perché era irrilevante che le minacce fossero rivolte ai dipendenti dell'amministratore, e quindi in sua assenza, in quanto il reato sussiste quando le minacce siano rivolte ad una persona diversa che si trovi in conflitto di interessi con il dichiarante.

Inoltre era provata l'effettuazione da parte dell'imputato delle telefonate minacciose all'amministratore, sulla base del risentimento dovuto al mancato pagamento di somme per i lavori effettuati.

LA MASSIMA

Non si applica l'attenuante della provocazione (art. 62 n. 2) c.p., quando manca uno stato d'ira cagionato dal fatto ingiusto altrui. Difatti, il mancato pagamento delle prestazioni lavorative all'imprenditore non ha la caratteristica della ingiustizia obiettiva e tale 'ingiustizia non può basarsi sulla sua sensibilità personale dell'imputato.

Cass. pen., sez. II, 25 novembre 2019, n. 47853

Sentenza
Scarica Cass. pen. sez. II 25 novembre 2019 n. 47853
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