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La costituzione in mora dei condomini insolventi. Esegesi del comma nove dell'art. 1129 c.c

Mancato pagamento degli oneri condominiali: come procedere?
Avv. Michele Orefice 

In condominio capita spesso che i condòmini non paghino le spese condominiali e non soltanto perché hanno difficoltà economiche, ma anche perché assumono un atteggiamento disinteressato e insofferente nei confronti della vita condominiale e dell'amministratore.

La trascuranza nel pagamento delle rate condominiali è un'abitudine congenita di molti condòmini, che non rispettano le date di scadenza delle rate da pagare e pretendono pure che l'amministratore gliele ricordi, ovviamente in via bonaria Da qui la prassi dell'amministratore di contattarli con mezzi irrituali tipo il telefono, oppure tramite sms, whatsapp, messenger, e finanche di persona nell'intento di persuaderli a corrispondere le quote scadute.

Parimenti in condominio si registra il malcostume di quei condòmini, che scelgono, invece, di corrispondere le quote di loro spettanza soltanto alla fine dell'anno e magari pure in acconto sul maggior dovuto, come se i fornitori condominiali fossero tenuti ad aspettare la fine dell'anno, per ottenere il pagamento delle prestazioni rese.

=> I debiti li pagano i condomini morosi e non il condominio. Il Tribunale di Palermo cambia orientamento

Di fronte a simili abitudini, sono tanti gli amministratori che non prendono provvedimenti o perché mantengono rapporti di amicizia con i condòmini insolventi, oppure perché temono che i morosi possano decidere di revocarli dall'incarico, soprattutto se detengono le quote millesimali più alte.

Così facendo, però, c'è il rischio che i debiti condominiali aumentino oltre misura, con il pericolo che i fornitori possano agire in via giudiziale contro il condominio sospendendo l'erogazione dei servizi.

In questi casi è ovvio che l'amministratore debba desistere dal continuare a temporeggiare, dovendo pensare, al contrario, ad agire nei confronti dei condòmini morosi, perché è la legge che glielo impone.

Nello specifico è l'art. 1129 comma nove c.c. a stabilire che l'amministratore "è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice".

In parole povere l'amministratore è costretto ad agire, con solerzia, per riscuotere le somme dovute dai morosi, "anche" attraverso un decreto ingiuntivo.

Nel dettato normativo appena citato la parola "anche" è stata inserite subito dopo la virgola di chiusura della prima parte del suddetto comma, che disciplina l'obbligo dell'amministratore di agire per la riscossione forzosa. Ciò sta a significare che il ricorso al decreto ingiuntivo rappresenta una modalità subordinata del procedimento di riscossione forzosa, per il recupero dei crediti condominiali. D'altronde, se il legislatore avesse voluto intendere che la riscossione forzosa deve identificarsi unicamente con la richiesta giudiziale di emissione di un decreto ingiuntivo, avrebbe dovuto cassare la parola "anche" dal comma nove dell'art. 1129 c.c. La tesi è avvalorata dal fatto che anche l'art. 63 disp. att. cc. non prevede un obbligo, ma solo una facoltà di agire in via monitoria contro i condomini morosi, laddove è previsto espressamente che l'amministratore può ottenere decreto di ingiunzione..." e non deve.

Pertanto, dall'esegesi del succitato comma nove dell'art. 1129 c.c. sembra corretto ritenere che il legislatore, quando parla di "riscossione forzosa", si riferisca all'iter per la riscossione dei crediti fra privati e più precisamente alla seguente sequenza ordinata di atti:

1° - atto di diffida;

2° - ricorso per decreto ingiuntivo;

3° - atto di precetto.

Il primo atto della riscossione forzosa, dunque, è rappresentato dalla lettera di diffida e messa in mora, che deve essere inviata dall'amministratore al condomino moroso e che assume una duplice valenza ai fini del recupero del credito condominiale. La messa in mora, infatti, da un lato integra perfettamente gli obblighi normativi di cui all'art. 1129 nono comma c.c., e dall'altro dimostra la diligenza dell'amministratore, per essersi attivato nella raccolta dei fondi Non a caso l'amministratore che nell'espletamento del proprio mandato decida di mettere in mora i condòmini insolventi azionando il decreto ingiuntivo soltanto per le posizioni debitorie più gravose, non può dirsi che non sia diligente, sol perché ha adottato una sorta di gradualità nel recupero del credito.

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In condominio quasi nessuno rispetta le date di scadenza delle rate condominiali e pertanto un'applicazione rigida della norma porterebbe l'amministratore a dover depositare ricorsi per decreto ingiuntivo nei confronti della quasi totalità dei condòmini.

E poi, in tale ipotesi, con quali fondi l'amministratore andrebbe a pagare l'avvocato incaricato se i condòmini morosi sono in maggioranza rispetto a quelli solventi o per meglio dire a chi potrebbe richiedere di corrispondere il fondo spese legali? Forse ai destinatari dei decreti ingiuntivi? Può darsi che l'amministratore decida di anticipare le spese legali, oppure può essere che sia l'avvocato incaricato a decidere di anticipare le spese per il deposito dei ricorsi, in attesa di recuperare il credito, ma questo modo di agire non è previsto come un obbligo normativo.

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Inoltre non dimentichiamoci che la Legge 3/2012 consente ai condòmini sovra indebitati di negoziare i debiti e quindi altro che decreto ingiuntivo tout court. In tale ordine di idee è chiaro che l'amministratore di condominio non è tenuto ad attivarsi per l'emissione dei decreti ingiuntivi, essendo sufficiente che abbia provveduto alla semplice messa in mora del condomino inadempiente (Cass. N. 24920 del 20/10/2017).

Tuttavia, a scanso di equivoci, è bene precisare che la lettera di diffida e messa in mora dei condòmini insolventi non può essere considerata come necessaria, in via propedeutica, rispetto al deposito del ricorso per decreto ingiuntivo.

Tale assunto si fonda sulla presunzione legale che i condòmini siano già a conoscenza del piano di riparto approvato dall'assemblea, con tanto di rate e relative scadenze entro cui effettuare i pagamenti, in quanto o hanno partecipato alla stessa assemblea in cui venivano approvati i bilanci oppure hanno ricevuto copia del relativo verbale.

Per tali ragioni la giurisprudenza ritiene che la messa in mora rappresenti soltanto una prassi consolidata, ma non un obbligo normativo, tant'è che l'amministratore può agire direttamente alla scadenza delle quote dinanzi al giudice, senza necessità di alcun preventivo sollecito di pagamento (tra le tante Cass. n. 21313 14/09/2017).

La messa in mora del condomino insolvente, però, è utile ad evitare che qualche giudice intransigente e innovativo, possa decidere di respingere l'emissione del decreto ingiuntivo richiesto dal condominio, a causa dell'assenza di un tentativo "bonario" di recupero del credito.

Per esempio, qualche anno fa, un audacissimo giudice di pace ha sentenziato che "Il Decreto ingiuntivo è nullo, se l'amministratore, prima di procedere al recupero delle spese condominiali, non diffida formalmente il comproprietario dell'appartamento cui si riferiscono gli oneri" (Giudice di pace di Taranto, sentenza del 01/03/2016).

Ma di preciso cos'è una messa in mora ed a quali funzione assolve?

Dal punto di vista normativo la cosiddetta "costituzione in mora" è disciplinata espressamente dall'art. 1219 c.c. e ss. e consiste in una lettera formale nella quale il creditore intima al debitore di adempiere entro un determinato termine, preavvertendolo che in difetto di adempimento adirà le vie legali, senza ulteriore avviso.

In condominio la messa in mora serve ad intimare il pagamento ai condòmini inadempienti, assolvendo alla funzione, importantissima, di interrompere i termini prescrizionali del diritto di credito del condominio nei loro confronti.

Tale costituzione in mora, di solito, viene redatta direttamente dall'amministratore, ma potrebbe anche essere demandata ad un avvocato.

In entrambi i casi la lettera di costituzione in mora del condomino moroso comporta dei costi, innanzitutto quelli postali, per la trasmissione della raccomandata a/r, salvo che amministratore e moroso siano dotati di pec, e poi quelli eventualmente previsti per la prestazione dell'amministratore e/o quelli dell'avvocato incaricato.

Ma come si ripartiscono i costi riferiti alle lettere di messa in mora dei condòmini insolventi?

Di fatto non è semplice stabilire se le spese di messa in mora spedite ai condòmini insolventi siano da intendersi come un servizio comune e tali da ripartirsi ai sensi dell'art. 1123 comma uno c.c., oppure debbano essere suddivise secondo i canoni di cui al secondo comma dello stesso art. 1123 c.c., che disciplina la ripartizione in proporzione all'uso che ciascuno può farne.

Con riferimento al compenso straordinario dell'amministratore, per redigere ed inviare i solleciti di pagamento ai morosi, è indubbio che tale compenso debba essere determinato e conosciuto preventivamente dall'assemblea condominiale, per poter essere legittimamente contabilizzato nel rendiconto condominiale.

Di conseguenza sembra potersi ritenere legittimo un riparto spese che contabilizzi a carico del condomino moroso il compenso extra dell'amministratore, per l'attività di sollecito posta in essere, a condizione, però, che tale compenso sia stato espressamente indicato nel preventivo di gestione.

In relazione, invece, all'addebito personale delle spese legali per la diffida di pagamento inviata dall'avvocato al condomino moroso è da ritenersi nulla la delibera dell'assemblea che dovesse disporre in tal senso, perché andrebbe ad incidere sui diritti individuali del condomino, in assenza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo, che liquidi le spese legali in favore dello stesso avvocato incaricato (Cass. n. 751 del 18/01/2016).

Come detto in precedenza la messa in mora è un semplice atto stragiudiziale, con il quale si avverte il debitore dell'intenzione di procedere per il recupero del credito con l'azione giudiziale.

Per quanto attiene, infine, alle spese postali sostenute per l'inoltro della raccomandata a/r di costituzione in mora è prassi consolidata che tali spese vengano addebitate a consuntivo a carico dell'interessato, in ossequio ad un criterio di giustizia, che non può essere disatteso neanche in condominio.

Diversamente, far pagare a tutti le spese per le raccomandate postali indirizzate al condomino moroso non potrebbe non essere considerato come un criterio iniquo, soprattutto per coloro che hanno fatto di tutto per risparmiarsi anche le raccomandate personali, preferendo, per esempio, dotarsi di una pec o recarsi presso lo studio dell'amministratore a ritirare le comunicazioni.

Altrimenti che senso avrebbe, da parte del legislatore, fare delle differenze in seno all'art. 66 disp. att. c.c., tra consegna a mani, pec, fax o raccomdanta, per le modalità di inoltro dell'avviso di convocazione dell'assemblea, se alla fine tutti devono pagare tutto, cioè se le spese per le raccomodate personali indirizzate ai condòmini devono essere ripartire con tab. di proprietà.

D'altro canto, in materia condominiale il legislatore ha già previsto che l'amministratore possa addebitare costi personali ai condòmini, e precisamente nel caso in cui gli stessi condòmini dovessero omettere di comunicargli le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe.

Pertanto, in via analogica, sembra corretto che le spese postali per l'inoltro della lettera di messa in mora vengano addebitate direttamente ai condòmini destinatari dell'intimazione, nonostante alcune pronunce invochino, in maniera alquanto discutibile, l'automatica applicabilità dell'art. 1123 comma due c.c., che di certo non può essere condivisa se si pensa che l'addebito delle spese viene fatto proprio "in funzione delle utilità che in concreto" ricavano i singoli condòmini destinatari del sollecito, fermo restando che l'amministratore potrebbe depositare direttamente il ricorso per decreto ingiuntivo, con aggravio di spese a carico del moroso.

Avv. Michele Orefice

www.oreficestudio.it

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