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Il recupero del credito nei confronti del condomino incapiente. Quando l'amministratore di condominio viene tacciato di essere l'amico di…

Quando un amministratore di condominio si trova a gestire la morosità di un condomino incapiente, è fondamentale sapere come tutelarsi e agire secondo legge per evitare responsabilità e malintesi.
Avv. Roberto Tomassoni - Foro di Roma 
24 Ott, 2019

Spesso viene richiesto come possa un amministratore di condominio, tutelarsi davanti alla scelta di non incardinare ulteriori azioni di recupero del credito nei confronti di un condomino già notoriamente insolvente, anche al fine di non essere tacciato di "essere amico di ".

Quanto sopra è proprio l'oggetto di una richiesta di aiuto da poco giunta allo scrivente e che qui si riporta:

"Egregio Avvocato, Le chiedo lumi su una situazione che mi trovo a gestire in un condominio da me amministrato. Anni fa i condomini mi dissero, durante un'assemblea, di astenermi da sostenere ulteriori spese per tentare di recuperare il credito condominiale nei confronti di TIZIO, tanto "non si può cavar sangue da una rapa".

Ora, trascorsi anni, mi rimproverano di non aver agito con il ricorso per decreto ingiuntivo! Come posso difendermi?"

Orbene, innanzitutto si potrebbe consigliare a tutti i condomini una cura con il fosforo che, così vuole la tradizione, tanto bene fa alla memoria. Purtroppo, infatti, è risaputo che le persone hanno una memoria selettiva: ricordano solo quello che gli conviene. Battute a parte, cosa fare?

Recupero del credito degli oneri condominiali: esiste una soglia minima?

Vediamo cosa dice la legge al riguardo. L'art. 1129 c.c., comma 9, c.c., recita: "Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'art., comma 1, disp. Att. c.c.."

Se un condomino è moroso si chiederà, nei suoi confronti, l'emissione di un decreto ingiuntivo di pagamento. Con il titolo ottenuto (normalmente in forma già esecutiva, ex art. 63, comma 1, disp. Att. c.c.) si procederà con l'andare ad aggredire i suoi beni tramite il pignoramento mobiliare, immobiliare o presso terzi. Tutto questo, ovviamente, prostrandosi alle tempistiche della legge.

E se nel mentre si sono approvati altri bilanci o rendiconti e sono quindi sorte ulteriori spese da ascrivere al condomino già aggredito? In questo non raro evento, bisognerà valutare concretamente la situazione patrimoniale dello stesso. Nel caso si ravvisi la capienza del patrimonio del condomino moroso, nulla quaestio: si procederà con ulteriore deposito di ricorso per decreto ingiuntivo.

Nel caso, invece, come nella situazione qui esaminata, si deduca l'impossibilità di "cavar il sangue da una rapa ", perché ad esempio si è scoperto che l'immobile o lo stipendio, la pensione sono già aggredite da banche o altri creditori - come bisognerà comportarsi? Sarà davvero necessario dirigere ulteriori risorse del condominio (già in difficoltà per la morosità pregressa) per iniziare un recupero del credito che tanto si rivelerà vano?

Seguendo la legge: si, è necessario perché l'amministratore ha l'obbligo di agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso.

Seguendo il buon senso: no. E allora? Viene in soccorso la locuzione d'apertura del comma 9 del succitato articolo 1129 " Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea".

Deve essere chiaro come l'amministratore non abbia nessun potere in merito a tale decisione!

La norma, infatti, presuppone la necessità che sia il condominio a dover valutare l'opportunità di procedere con la riscossione forzosa.

Per non trovarsi nella stessa situazione del nostro amico amministratore, quindi, sarà fondamentale inserire all'ordine del giorno una votazione ad hoc ed ottenere dalla compagine condominiale, dopo aver fornito dettagliate informazioni sulla situazione economica del condomino moroso, una puntuale dispensa scritta, magari andando a posticipare il termine semestrale previsto per il recupero del credito, così da concedere all'amministratore più tempo per agire.

Posticipare e non esonerare in quanto, diversamente, si creerebbe di fatto l'obbligo per i condomini in regola di anticipare soldi al posto dei condomini morosi.

Chi volesse leggere altro: Dispensa di azione per recupero crediti e piano di rientro per morosità: poteri decisionali dell'assemblea Dispensa di azione per recupero crediti e piano di rientro per morosità: poteri decisionali dell'assemblea

Solo in questo modo, trascorsi anni dalla decisione, l'amministratore-medico potrà somministrare ai condomini-pazienti la delibera scritta-medicina, curandoli dal brutto vuoto di memoria che li affliggeva.

In via sommaria, non potendosi qui in via esaustiva affrontare anche tali elementi, si rappresenta comunque che: l'inerzia o la mancata tempestiva attivazione dell'amministratore nelle attività di recupero forzoso dei contributi condominiali non è considerata, in linea generale con riserva di valutazione caso per caso, diversamente dalla mancata cura di un'azione di recupero già iniziata, un caso di grave irregolarità.

La disposizione dell'art., commi 11 e 12, nn. 5 e 6, c.c. stabilisce, infatti, che la revoca dell'amministratore possa essere disposta non solo dall'assemblea, ma anche dall'autorità giudiziaria su ricorso di ciascun condomino in caso di gravi irregolarità, tra cui:

• "l'aver acconsentito, per un credito insoddisfatto, alla cancellazione delle formalità eseguite nei registri immobiliari a tutela dei diritti del condominio" (art., comma 12, n. 5);

• "qualora sia stata promossa azione giudiziaria per la riscossione delle somme dovute al condominio, l'aver omesso di curare diligentemente l'azione e la conseguente esecuzione" (art. 1129, comma 12, n. 6). Relativamente a quest'ultimo caso, l'amministratore risponderà per "gravi irregolarità" esclusivamente qualora sia rimasto inerte di fronte ad un procedimento di riscossione già in corso.

L'elenco dei casi di gravi irregolarità previsto dall'art. 1129 c.c. non è tassativo; ne consegue che l'assemblea ben potrebbe porre a fondamento della revoca l'inerzia o mancata tempestiva attivazione dell'amministratore nelle attività di recupero forzoso dei contributi condominiali.

Recupero crediti condominiali e responsabilità dell'amministratore Recupero crediti condominiali e responsabilità dell'amministratore

L'art. 63, comma 3, disp. Att. c.c. riconosce all'amministratore il potere di "sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato" in caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre.

Rispetto alla disciplina previgente, non è più previsto quale presupposto per l'esercizio della sospensione che essa sia autorizzata dal regolamento condominiale.

Tale potere, però, non è illimitato come sembrerebbe. Si ritiene, infatti, che i servizi che potrebbero indurre il condomino moroso al ravvedimento non siano sempre suscettibili di un distacco forzoso perché strettamente legati alla tutela della salute che è un diritto umano e fondamentale garantito sia a livello costituzionale (art. 2 e 32) che Europeo (art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea).

Maggiormente praticabile, invece, risulta la strada dell'impedire al condomino moroso di utilizzare l'ascensore condominiale.

Si sono verificati casi, infatti, in cui l'amministratore ha vincolato l'uso dell'ascensore al possesso di una tessera elettronica che viene, e rimane, attivata solo nel caso in cui non si abbiano morosità nei confronti del condominio.

Chi volesse leggere altro: Morosità in condominio. Vietato interrompere i servizi essenziali quali acqua e gas. Lecita, invece, l'interruzione dei servizi "non essenziali".

Morosità del condomino e sospensione delle utenze. Orientamenti giurisprudenziali a confronto.

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