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La mera “vicinitas” non basta a dimostrare l'esistenza di un concreto ed attuale interesse a contestare i lavori del condominio vicino

La legittimazione ad agire e l'interesse ad agire sono due cose diverse, condizioni dell'azione, che il giudice amministrativo è tenuto a verificare singolarmente. Non basta l'asserzione della cd. vicinitas per ritenere legittima la domanda giudiziale.
Avv. Anna Nicola 

La vicenda è stata analizzata dal TAR Emilia Romagna, con decisione n. 332 del 22 novembre 2022.

La vicenda

Il ricorrente ha agito in giudizio per l'accertamento dell'illegittimità delle opere oggetto di SCIA e della relativa agibilità, chiedendo l'annullamento degli atti emessi al riguardo dall'Amministrazione e la condanna del Comune ad adottare i provvedimenti inibitori previsti dall'art. 19 comma 4 della Legge n. 241 del 1990, anche mediante la rimozione degli effetti dannosi derivanti dall'attività edilizia intrapresa con la predetta SCIA.

Questi è proprietario di un immobile sito nella strada limitrofa alla via dove è ubicato il Condominio odierno controinteressato.

A partire dal giugno 2019 il Condominio è stato oggetto di lavori qualificati come di "restauro e risanamento conservativo con recupero ai fini abitativi del sottotetto ed installazione di ascensore condominiale".

Il ricorrente allega di avere avuto piena conoscenza di tali lavori solo nell'ottobre 2019, quando dalla propria abitazione ha visto la sopraelevazione del condominio in corso di realizzazione.

Ha poi presentato istanza di accesso agli atti ex artt. 22 e ss. della L. 7 agosto 1990 n. 241 al Servizio Sportello Unico Edilizia del Comune per conoscere i titoli edilizi posti a fondamento dei lavori di cui sopra e, presa visione della documentazione messagli a disposizione, ha realizzato che la pratica ha avuto inizio con la richiesta di parere preventivo del 02.11.2018, avente ad oggetto "lo spostamento di alcuni volumi incongrui esistenti su due terrazzi in copertura", avanzata dal Condominio alla Commissione per la Qualità Architettonica ed il Paesaggio (CPQA) del Comune.

Dopo il parere favorevole rilasciato dalla CPQA e la SCIA edilizia, il procedimento si è concluso con la Comunicazione di inizio lavori SCIA, con la quale il Comune è stato informato dell'inizio dei lavori.

La pratica edilizia ha avuto ad oggetto il recupero del sottotetto posto al quarto piano del condominio in questione, con annessa valutazione favorevole del CPQA del Comune in merito allo spostamento di alcuni volumi incongrui insistenti sui due terrazzi in copertura; la SCIA ha riguardato, invece, oltre ai lavori già valutati favorevolmente, anche l'inserimento di un ascensore all'interno del vano scale e la riqualificazione della facciata, con annesso scomputo degli oneri da versare al Comune.

Il ricorrente, ritenendo i lavori illegittimi, ha promosso istanza ex comma 6 bis dell'art. 19 della L. 241/1990 al Comune affinché esercitasse i poteri inibitori o di annullamento in autotutela previsti dall'ordinamento, ma l'Amministrazione ha rigettato l'istanza, confermando la legittimità dei lavori oggetto della SCIA e dichiarando in seguito l'agibilità dello stabile.

Ad avviso del ricorrente l'intervento posto in essere avrebbe creato nuove volumetrie abitative dove prima non c'erano, realizzando un organismo edilizio del tutto nuovo ed incongruo rispetto all'edificio precedente, non ammesso nel Centro Storico dove risulta allocato, sicché la nota sarebbe illegittima, anche per gli effetti dannosi derivanti sul ricorrente dall'attività edilizia intrapresa.

Lamenta in sintesi il ricorrente che i lavori posti in essere dal Condominio, ubicato nel centro storico del Comune sottoposto ad una disciplina particolareggiata, sarebbero illegittimi perché non costituenti interventi di mero "restauro" o "risanamento conservativo (RRC)", uniche attività a suo dire ammesse in zona, ma consisterebbero nella demolizione di volumi esistenti, con costruzione di un nuovo volume in posizione differente, unitamente a modifiche esterne non conservative in grado di mutare sostanzialmente l'aspetto originario dell'edificio in questione.

In subordine, sostiene che sarebbe stato comunque necessario il previo ottenimento del permesso di costruire, anziché la Segnalazione Certificata di Inizio Attività concretamente utilizzata, sicché l'attività posta in essere sarebbe in ogni caso illegittima.

In secondo luogo, vi è l'eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione e di istruttoria, per non avere il Comune argomentato adeguatamente i motivi per i quali ha ritenuto di respingere l'istanza del ricorrente ex comma 6 bis dell'art. 19 della L. 241/1990.

Con successivi motivi aggiunti, il ricorrente ha impugnato gli ulteriori atti indicati in epigrafe, anche impliciti, con i quali è stata dichiarata l'abitabilità dell'immobile.

Tali atti sono stati censurati sia per invalidità derivata rispetto a quelli impugnati col ricorso introduttivo, e sia in via autonoma per sviamento di potere, avendo l'Amministrazione disatteso le istanze di autotutela e partecipative proposte dal ricorrente.

Infine, ha impugnato, per quanto eventualmente occorra e nei limiti dell'interesse fatto valere in ricorso, il Verbale di Sopralluogo conosciuto solo a seguito del deposito da parte del Comune.

Sulla base di tutte le censure articolate, il ricorrente ha chiesto annullarsi gli atti impugnati, con vittoria di spese.

Il Comune e i controinteressati si sono costituiti eccependo preliminarmente l'inammissibilità dell'impugnazione per mancanza della c.d. vicinitas, attesa la notevole distanza tra l'abitazione del ricorrente e il condominio controinteressato e l'assenza di spazi comuni su cui incida l'attività edilizia di quest'ultimo.

In ogni caso, ancorché ritenuta sussistente la c.d. vicinitas, ad avviso dei resistenti il ricorso sarebbe comunque inammissibile per difetto dell'interesse ad agire, non avendo il ricorrente adeguatamente allegato nel proprio atto introduttivo il pregiudizio concretamente subito dai lavori effettuati sul Condominio (Consiglio di Stato, Ad. Plen. n. 9 del 2014).

Nel merito, i resistenti hanno contestato le avverse doglianze, affermando la piena legittimità dell'intervento realizzato, con conseguente richiesta di rigetto dell'impugnazione, con vittoria di spese.

Si arriva a decisione.

La decisione del TAR

All'esito del giudizio, ad avviso del Collegio, il ricorso e i motivi aggiunti vanno dichiarati inammissibili, risultando fondata l'eccezione sollevata dai resistenti.

Invero, in materia di impugnazione dei titoli edilizi, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 22 del 2021, risolvendo un contrasto giurisprudenziale sulle condizioni dell'azione impugnatoria da parte di chi si ritenga leso da un titolo rilasciato a terzi, ha precisato che la mera c.d. vicinitas, intesa come vicinanza fisica del proprio terreno rispetto a quello oggetto dell'intervento edilizio contestato, non basta a dimostrare l'esistenza di un concreto ed attuale interesse a ricorrere, dovendosi affermare la distinzione e l'autonomia tra la legittimazione ad agire e l'interesse al ricorso, con la conseguenza che il Giudice è tenuto ad accertare anche d'ufficio la sussistenza di entrambe le condizioni dell'azione, non potendosi affermare che la vicinitas, quale elemento di individuazione della legittimazione, sia da sola sufficiente a dimostrare automaticamente la sussistenza anche dell'interesse al ricorso, inteso come specifico pregiudizio derivante dall'atto impugnato.

La mera "vicinitas", pur necessaria per dimostrare la legittimazione ad agire, non basta da sola a far ritenere ammissibile il ricorso di un soggetto avverso il titolo edilizio rilasciato per un'area nei confronti della quale egli vanta un rapporto di stabile collegamento, dovendosi altresì verificare se esiste un vantaggio concreto ed attuale che il ricorrente potrebbe effettivamente trarre dalla caducazione del titolo edilizio contestato, interesse che va valutato non genericamente, ma tenuto conto delle specifiche censure articolate in atti e concedendo al ricorrente la possibilità di precisarlo e comprovarlo nel corso del processo, in modo da evitare il compimento di attività giurisdizionali inutili, in contrasto con l'interesse pubblico all'efficienza ed efficacia del processo ex artt. 111 Cost., 6 e 13 CEDU, 47 Carta UE (tra le altre, TAR Campania, Napoli, Sez. I, 20 maggio 2022 n. 3465).

Nel caso in esame, applicandosi i principi esposti dall'Adunanza Plenaria e più in generale la giurisprudenza in materia di legittimazione ed interesse ad agire in caso di impugnazione di titoli edilizi altrui, sotto il profilo della "vicinitas", va innanzitutto evidenziato che l'edificio di parte ricorrente non risulta confinante con il Condominio controinteressato, ma dista circa 23 metri con riferimento alla parte di Condominio di interesse in questa sede, e cioè a quella relativa al lamentato ampliamento, come emerge dalla relazione in atti.

Il ricorrente, in replica a tale rilievo, sostiene che la "vicinitas", per quanto rileva in questa sede, non può essere intesa in termini di mera contiguità materiale tra gli immobili, dovendosi valutare l'esistenza di un collegamento stabile tra i due edifici alla luce non solo del dato "fisico" della distanza, ma anche della concreta destinazione degli immobili interessati e delle caratteristiche della zona di riferimento.

Tale tesi, pur astrattamente condivisibile, se applicata al caso in esame (dovendosi la contiguità valutare caso per caso, vedi C.d.S. n. 5818/2014; TAR Toscana, n. 455/2014), porta tuttavia a conclusioni opposte rispetto a quelle pretese dal ricorrente, attesa, da un lato, la distanza considerevole e non minima tra i due edifici interessati, tenuto conto in particolare della parte di Condominio interessata dall'asserito ampliamento contestato; dall'altro, considerata la collocazione dei due immobili in questione nell'ambito del centro storico, per definizione caratterizzato da una molteplicità di edifici con caratteristiche diverse, siti in spazi circoscritti (nel caso in esame si discute di due stabili facenti parte di un isolato del centro storico con fitta presenza di edifici "a schiera" aventi altezze disomogenee), con conseguente necessità di dare una lettura mirata della "vicinitas" necessaria per radicare la legittimazione ad agire avverso gli altrui titoli edilizi, al fine di evitare il proliferare di giudizi a fronte di ogni intervento che arrechi ad uno degli immobili dell'intero quartiere modifiche anche minime, spesso finalizzate al miglioramento della vivibilità e delle condizioni dell'edificio, a fronte della frequente vetustà degli stabili inseriti nei centri storici.

Peraltro, estendendo l'analisi dalla "vicinitas" all'interesse ad agire, sempre nell'ottica di valutare se l'odierna impugnazione possa ritenersi ammissibile alla luce dei criteri esposti dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato sopra richiamati, va evidenziato che nel caso in esame il ricorrente ha allegato un duplice profilo di danno che a suo dire gli deriverebbe dall'intervento edilizio posto in essere dal Condominio: da un lato, egli lamenta un peggioramento nella propria privacy in quanto secondo la sua prospettazione la nuova destinazione d'uso delle parti del condominio oggetto dell'intervento contestato, consentirebbe un maggior utilizzo rispetto a prima di alcune porzioni del condominio dalle quali sarebbe agevole prendere visione degli interni della sua abitazione; dall'altro, il ricorrente eccepisce che dai lavori effettuati da controparte deriverebbe "un impatto ambientale di notevole invasione visiva", tale da modificare completamente il profilo dei tetti nella zona interessata.

Tuttavia, dalla lettura della relazione tecnica in atti, dalle immagini ivi contenute e dalle difese dei resistenti, quanto al primo aspetto, si evince che il punto di maggiore vicinanza fra le due proprietà è costituito dai terrazzi nei loro rispettivi affacci a nord, nessuno dei quali ha subito modifiche nel progetto realizzato rispetto allo stato dei luoghi preesistente da tempo immemorabile; inoltre, i terrazzi del secondo Condominio sono posti al piano quarto e quinto, mentre la proprietà ricorrente non va oltre il piano terzo e il secondo condominio ha affacci più diretti, al medesimo piano, verso la proprietà ricorrente, sicché nessun interesse tutelabile sotto tale profilo risulta ad avviso del Collegio ravvisabile.

Quindi anche questo rilievo è privo di pregio.

Il ricorso viene alla fine dichiarato inammissibile.

Sentenza
Scarica TAR Reggio Emilia 22 novembre 2022 n. 332
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