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La legittimazione ad agire dell'amministratore richiede una delibera autorizzativa valida

L'articolo 1131 c.c., secondo comma, riconosce all'amministratore la legittimazione passiva con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni.
Dott.ssa Luana Tagliolini 

Non rientra fra le attribuzioni dell'amministratore l'azione di natura reale con cui i condomini di un edificio chiedono l'accertamento della contitolarità della proprietà di un bene per l'esercizi della quale è necessaria l'autorizzazione dell'assemblea (Corte di Cassazione, sentenza n. 37739/2022).

L'articolo 1131, secondo comma, c.c., riconosce all'amministratore la legittimazione passiva con riferimento a qualsiasi azione concernente le parti comuni.

L'articolo 1130, n. 4, c.c., invece, ne limita la legittimazione attiva agli atti conservativi delle parti comuni dell'edificio che escludono le azioni che incidono sulla condizione giuridica dei beni cui gli atti stessi si riferiscono.

Le azioni reali promosse nei confronti dei terzi, a difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni di un edificio, tendono ad ottenere statuizioni relative alla titolarità ed al contenuto dei diritti medesimi e, pertanto, esulando dall'ambito degli atti meramente conservativi, non possono essere proposte dall'amministratore del condominio.

Non rientra, quindi, fra le attribuzioni dell'amministratore l'azione con cui i condomini di un edificio chiedano l'accertamento della contitolarità della proprietà di un bene risultante dal regolamento redatto dal costruttore-venditore ma possono essere esperite dall'amministratore solo previa autorizzazione dell'assemblea (Cass. Ordinanza n. 23190 del 23/10/2020; Ordinanza n. 21533 del 07/10/2020; Sentenza n. 40 del 08/01/2015).

La legittimazione ad agire dell'amministratore e delibera autorizzava valida. La vicenda

Un condominio di Milano conveniva, innanzi al Tribunale, due condomini per chiedere l'accertamento della comproprietà condominiale pro indiviso del terrazzo a livello dell'ottavo piano, attiguo all'appartamento di proprietà dei convenuti, e della conseguente illegittimità delle opere eseguite dai medesimi sulle parti e sui beni di proprietà comune, la condanna a rimuovere le suddette opere, ripristinando lo status quo ante, oltre il risarcimento dei danni subiti dal condominio, da liquidarsi in via equitativa.

Si costituivano in giudizio i convenuti eccependo, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva dell'amministratore, la mancanza di una valida delibera assembleare nonché l'insussistenza di interesse ad agire in capo al condominio. Nel merito, contestavano gli addebiti mossi nei loro confronti.

Il Tribunale, ritenuta la natura condominiale del terrazzo a livello sito all'ottavo piano, condannava i convenuti, in solido, al ripristino dello status quo ante, mediante rimozione delle opere ivi realizzate, disponendo, con separata ordinanza, la prosecuzione del processo.

La sentenza veniva confermata dalla Corte di Appello avverso alla quale i condomini attori avevano proposto ricorso per cassazione; aveva resistito con controricorso l'intimato condominio.

Delibera assembleare necessaria per il conferimento del potere rappresentativo

Il primo motivo di contestazione riguardava la legittimazione processuale attiva dell'amministratore a promuovere l'azione giudiziale del condominio verso gli odierni ricorrenti in quanto, a dire di questi ultimi, l'azione esperita non avrebbe la natura conservativa volta a salvaguardare l'integrità materiale del bene comune avverso la realizzazione di condotte lesive del decoro architettonico e dell'estetica ed ottenere la rimessione in pristino di detto bene ma era subordinata al previo accertamento della proprietà condominiale del terrazzo a livello che aveva costituito il punto controverso su cui si era fondata la lite.

L'amministratore per essere legittimato ad agire per accertare la proprietà comune del terrazzo, aveva bisogno dell'autorizzazione assembleare.

Sul punto, la Corte di merito aveva osservato che in due delibere assembleari i condomini presenti avevano espresso in modo unanime l'intenzione di conferire all'avvocato incaricato ogni più ampio mandato affinché tutelasse i diritti del condominio e dei singoli condomini e, nello specifico, ottenesse l'ordine di impartire agli appellanti, di ripristinare il terrazzo all'ottavo piano, secondo lo status esistente prima che iniziassero i lavori oggetto di causa.

La Suprema Corte precisava che, poiché l'accertamento dell'intento autorizzativo delle citate deliberazioni assembleari secondo i canoni ermeneutici stabiliti dagli artt. 1362 e ss. c.c., (elemento letterale, valutazione del comportamento delle parti, conservazione degli effetti dell'atto, ecc.) è di competenza del giudice del merito e parte ricorrente non aveva lamentato la violazione di alcuno dei canoni ermeneutici indicati nell'articolo citato, la censura di merito riguardante l'omessa autorizzazione non poteva trovare ingresso nel giudizio di legittimità.

Validità della delibera autorizzativa

L'amministratore può agire in giudizio per conto e in nome del condominio - oltre che nelle ipotesi che rientrano nelle sue attribuzioni - in quanto il relativo potere rappresentativo ex articolo 1131, primo comma, c.c. sia supportato da una delibera idonea al suo conferimento.

Nel caso in esame i ricorrenti sostenevano che le delibere erano state assunte senza il rispetto dei quorum qualificato di cui all'articolo 1136 c.c.

Per la Cassazione l'accertamento incidentale della validità della delibera autorizzativa è un presupposto processuale dell'azione in giudizio, attinente all'esistenza stessa del processo nonché alla sua procedibilità, che deve sussistere prima della proposizione della domanda.

Il giudice adito deve verificare non solo dell'esistenza della delibera autorizzativa ma, seppure incidenter tantum, che le delibere autorizzative vengano adottate con la maggioranza qualificata di cui al quarto comma dell'articolo 1136 c.c.

Per tali ragioni, accoglieva il primo motivo, mentre i rimanenti motivi erano assorbiti; cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte di appello, in diversa composizione, per decidere uniformandosi al citato principio di diritto.

Sentenza
Scarica Cass. 23 dicembre 2022 n. 37739
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