L'art. 1117, n. 3, c.c., delimita chiaramente quale sia l'estensione degli impianti condominiali e quale, sia quindi, il suo confine rispetto all'inizio degli impianti rientranti nelle proprietà esclusive delle rispettive unità immobiliari, avendo riguardo al punto di diramazione verso i locali di proprietà individuale dei singoli condomini.
Di conseguenza, almeno in linea generale, una responsabilità del condominio per i danni cagionati dal cattivo funzionamento di un impianto comune si limita a quella parte del sistema che sia posto prima delle diramazioni negli appartamenti, rimanendo i singoli condomini tenuti alla manutenzione degli impianti interni.
Se il riscaldamento è insufficiente, il proprietario di un appartamento, non sufficientemente riscaldato per deficienze dell'impianto, si trova ad attendere lunghi periodi prima di vedere risolto l'inconveniente lamentato.
In tali casi è evidente che il singolo condomino, per "stimolare" un intervento degli altri condomini, sospenda il pagamento delle quote condominiali relative al servizio riscaldamento.
Tuttavia, la circostanza che l'impianto non funzioni correttamente non può giustificare un esonero dal contributo, neanche per le spese di esercizio, posto che il condomino non è titolare di un diritto di natura contrattuale sinallagmatica nei confronti del condominio e, quindi, non può sottrarsi dal contribuire alle spese lamentando la mancata o insufficiente erogazione del servizio.
Ciò non significa che il condomino danneggiato non possa fare valere la lesione del proprio diritto a conseguire una adeguata erogazione di calore derivante proprio dal fatto che al pagamento da parte sua del corrispettivo richiestogli non abbia fatto riscontro l'erogazione della giusta quantità di calore, previo accertamento in via giudiziale (o eventualmente anche stragiudiziale, qualora vi sia un accordo tra le parti) dell'entità di tale mancata erogazione e liquidazione dei relativi danni; questi ultimi comprendono tutte le spese affrontate per mantenere, nell'unità condominiale, quella temperatura che il regolare funzionamento dell'impianto centralizzato avrebbe dovuto garantire, e, quindi, sia le spese per altro combustibile o energia elettrica, sia quelle per l'acquisto dei macchinari necessari all'erogazione del calore.
Se un condomino svolge l'attività di affittacamere, però, potrebbe subire, oltre danni patrimoniali, anche danni all'immagine. Come deve agire il titolare dell'attività per ottenere il ristoro dei danni all'immagine?
La risposta è contenuta nella recente sentenza del Tribunale di Roma del 17 gennaio 2023 n. 783.
Guasto all'impianto centrale di riscaldamento e lesione della "web reputation" del condomino. La vicenda
Un condomino che svolgeva attività di affittacamere di lusso all'interno di un appartamento facente parte del condominio conveniva avanti al Tribunale il condominio che riteneva colpevole di non aver riattivato prontamente l'impianto centralizzato di riscaldamento; in particolare, l'attore faceva presente che il riscaldamento aveva cessato di funzionare per un guasto e le cinque suites all'interno del suo appartamento - oltre alla sala colazione - erano diventate fredde e inaccoglienti, con grave pregiudizio per l'attività in corso; il condomino che svolgeva l'attività di affittacamere aveva ripetutamente richiesto un immediato intervento per il ripristino del servizio ma con esito negativo.
Lo stesso condomino, quindi, sottolineava che era stato costretto, così, a distaccarsi dall'impianto centralizzato e ad installare nell'appartamento autonome pompe di calore; l'attore, però, notava che, nel periodo intercorrente fra la rottura dell'impianto centralizzato e l'installazione delle dette pompe di calore, aveva subito gravi danni patrimoniali e di immagine commerciale (lesione della "web reputation"; perdita di chanches; spese per l'installazione dei sistemi alternativi di riscaldamento; rimborsi richiesti dalla clientela); l'attore - che riteneva responsabile di tali danni ai sensi dell'art. 2051 c.c. il condominio - chiedeva la condanna del convenuto al conseguente risarcimento dei danni (oltre interessi e rivalutazione monetaria).
Il condominio - nel chiedere il rigetto della domanda - negava ogni sua responsabilità in ragione delle plurime iniziative intraprese per l'immediato ripristino del servizio.
La decisione
Il Tribunale ha respinto la domanda dell'attore. L'attore ha imputato in via esclusiva al condominio - in quanto proprietario dell'impianto centralizzato di riscaldamento - la specifica responsabilità risarcitoria prevista dall'art. 2051 c.c. per il "danno cagionato da cose in custodia".
Secondo lo stesso giudice, però, nella vicenda esaminata non ricorrono le condizioni applicative per tale ipotesi specifica di responsabilità "oggettiva".
I danni lamentati dal condomino (lesione della "web reputation"; perdita di chanches; spese per l'installazione dei sistemi alternativi di riscaldamento; rimborsi richiesti dalla clientela) non possono essere direttamente ricondotti alla "cosa" (impianto centralizzato di riscaldamento) quanto piuttosto alla mancata erogazione del relativo servizio. In altre parole il condomino avrebbe dovuto agire con una diversa domanda fondata sul distinto titolo di responsabilità ex art. 2043 c.c. provando la condotta colpevolmente omissiva del condominio rispetto al suo obbligo di una tempestiva riparazione del guasto sull'impianto tale da consentire la celere riattivazione del servizio.