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Portiere in condominio, le sentenze in materia

Le pronunce con cui la giurisprudenza ha statuito sulla figura del portiere, compresa notifica degli atti e ripartizione spese del servizio di portierato.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Anche se meno che in passato, la figura a dir poco caratteristica del portiere in condominio è ancora diffusa in diversi stabili italiani. Per molti, infatti, si tratta di una professionalità importante e che svolge una serie di importanti mansioni.

Il suo luogo di lavoro è il condominio, dove svolge la sua attività per diverse ore al giorno, oppure (come avveniva soprattutto in passato) potrebbe essergli stato messo a disposizione un vero e proprio alloggio all'interno dell'edificio in cui vivere con la sua famiglia.

In Condominio, il portiere è di fatto un lavoratore subordinato che si occupa, in primis, di vigilanza, custodia e controllo, ma in diversi casi anche di ritiro e smistamento della corrispondenza ordinaria (ed eventualmente straordinaria), di cura delle aree comuni, dunque di pulizia e piccola manutenzione (qualora non siano richieste competenze e professionalità specifiche), nonché eventualmente di altri servizi accessori riferiti al fabbricato e alla sue pertinenze.

Le sue mansioni sono stabilite nel contratto di lavoro, mentre la c.d. guardiola o la portineria possono essere considerate come la sua principale postazione di lavoro. Il lavoro del portiere è oggi disciplinato da un "Contratto Collettivo Nazionale per i dipendenti di proprietari di fabbricati" stipulato da Confedilizia con i sindacati CGIL-CISL e UIL, che si occupa di aspetti quali inquadramento, indennità, fasce retributive e così via.

Alloggio del portiere

L'art. 1117 del codice civile annovera tra le parti comuni dell'edificio, salvo diverso accordo, anche la portineria e l'alloggio del portiere. La norma pone, come noto, una presunzione di condominialità, superabile qualora risulti il contrario da un titolo.

Consolidata giurisprudenza ritiene che tali parti dell'edificio condominiale, indicate nell'art. 1117, n. 2, c.c., a differenza dei beni descritti ai numeri 1 e 3 della norma stessa, siano "suscettibili di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità".

Pertanto, in tema di parti dell'edificio condominiale, adibite ai sensi dell'art. nell'art. 1117 n. 2 c.c. ad alloggio del portiere, nei singoli casi dovrà accertarsi "se l'atto, che nel caso concreto li sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vicolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l'esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione" (cfr. Cass. n. 6474/2005).

Ancora, la giurisprudenza di legittimità ritiene che, in difetto di espressa disciplina negoziale, "affinché un locale sito nell'edificio - che, per la sua collocazione, può essere adibito ad alloggio del portiere, oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa - diventi una parte comune ai sensi dell'art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all'atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune".

Dunque, se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune (cfr. Cass. n. 14796/2017).

Particolarmente interessanti sono le pronunce dei giudici in relazione alle controversie insorgenti in materia di rilascio dell'alloggio concesso per espletare le mansioni di portiere.

Sul punto si ritiene pacificamente che, alla cessazione del rapporto di lavoro tra condominio e portiere, consegua la cessazione del diritto di quest'ultimo a godere dell'immobile a lui concesso quale alloggio del portiere.

Ciò in quanto "l'utilizzazione dell'alloggio costituisce una prestazione accessoria del rapporto di portierato e, in quanto tale, lungi dall'integrare un autonomo rapporto di locazione, segue le sorti del contratto cui accede, essendo a questo funzionalmente collegata, con obbligo di rilascio al momento della cessazione del rapporto di lavoro" (cfr. Tribunale di Roma, n. 3058/2018).

Trattandosi di prestazione accessoria del rapporto di lavoro, non più dovuta ove venga meno il rapporto cui accede, si ritiene inoltre che la controversia relativa al rilascio dell'alloggio concesso per l'espletamento delle mansioni di portiere o di addetto alla pulizia dello stabile rientri tra quelle di lavoro previste dall'art. 409 c.p.c. (cfr. Cass. n. 18649/2012; Cass. 2 dicembre 6544/1988).

Dunque, la ratio della sussunzione nell'ambito delle controversie di lavoro di quelle relative al rilascio dell'alloggio concesso per l'espletamento delle mansioni di portiere è individuabile nella configurazione della concessione in godimento dell'immobile come prestazione accessoria al rapporto lavorativo (cfr. Tribunale di Milano, sez. Lavoro, sentenza 6 dicembre 2016), funzionalmente collegata con la prestazione lavorativa, costituendone un parziale corrispettivo.

Assunzione del portiere per "facta concludentia"

L'assunzione del portiere, il cui datore di lavoro è il condominio, avviene di norma a seguito della sottoscrizione di un contratto di lavoro tra il soggetto che ricoprirà tale ruolo e l'amministratore in rappresentante dell'ente.

In realtà, non richiedendo la legge la forma a scritta a pena di nullità per il contratto di lavoro subordinato, si ritiene che il rapporto possa perfezionarsi per "fatti concludenti" (seppur si tratti di un'evenienza rara nella pratica) anche nei confronti di un soggetto giuridico non personificato, quale è il condominio.

Una conferma in tal senso giunge anche dalla giurisprudenza (cfr. Cass. n. 5297/2014), secondo cui "in materia di rapporto di portierato, in favore di un condominio, l'assemblea dei condomini ha il potere di prestare direttamente il proprio consenso, anche per fatti concludenti, alla conclusione di un contratto."

Di conseguenza, "l'instaurazione del rapporto di lavoro subordinato può essere desunta, oltre che dalle delibere assembleari, anche dalla esplicazione dell'attività lavorativa, dall'occupazione, da parte del lavoratore, dell'appartamento condominiale assegnato, e dall'accettazione della prestazione di lavoro da parte del condominio".

Locazione ex alloggio portiere da parte dell'amministratore: è possibile senza consenso dei proprietari?

Ripartizione spese del servizio di portierato

Il tema della ripartizione delle spese di portierato non ha mancato di ingenerare nel tempo dubbi e incertezze. Ad oggi, i giudici sono pressoché concordi nel ritenere che tali spese vadano "ripartite ai sensi dell'art. 1123 c.c. in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno dei condòmini" (cfr. Cass. n. 12659/2020) in quanto spese per la prestazione dei servizi nell'interesse comune.

Per i giudici, infatti, si tratta di un servizio, per sua natura, tale da assicurare la custodia e la vigilanza dell'intero fabbricato, la cui applicabilità può essere legittimamente negata solo se risulti una contraria convenzione oppure qualora si accerti che il servizio, per particolari situazioni di cose e luoghi, non può considerarsi reso nell'interesse di tutti i condomini (cfr. Trib. Roma n. 13684/2011).

Per questo motivo si ritiene che delle spese debbano occuparsene anche "le unità immobiliari accessibili direttamente dalla strada mediante autonomo ingresso" (Cass. n. 12659/2020) in quanto l'attività di custodia e di vigilanza è dal portiere svolta anche nel loro interesse.

Ai condomini è però consentito derogare al criterio legale di ripartizione proporzionale delle spese, come prevede la stessa norma, con una convenzione espressione dell'autonomia contrattuale: tale convenzione modificatrice potrà "essere contenuta o nel regolamento condominiale (che perciò si definisce di natura contrattuale), o in una deliberazione dell'assemblea che venga approvata all'unanimità ovvero col consenso di tutti i condomini" (cfr. Cass. n. 16321/2016).

Portiere e ricezione delle raccomandate

Notifica atti giudiziari al portiere

Ai sensi dell'art. 139 c.p.c., terzo comma, il portiere dello stabile rientra tra i soggetti che sono legittimati al ritiro di copia degli atti giudiziari notificati a uno dei condomini, in mancanza delle persone indicate nei commi precedenti (e che al portiere devono essere preferite, come ad esempio i familiari conviventi).

Tuttavia, in caso di notifica delle mani del portiere, consolidato orientamento giurisprudenziale sia compito dell'ufficiale giudiziario "dare atto, oltre che dell'assenza del destinatario, delle vane ricerche delle altre persone preferenzialmente abilitate a ricevere l'atto ed il relativo accertamento, sebbene non debba necessariamente tradursi in forme sacramentali, deve, nondimeno, attestare chiaramente l'assenza del destinatario e dei soggetti rientranti nelle categorie contemplate dall'art. 139 c.p.c., comma 2, secondo la successione preferenziale da detta norma tassativamente stabilita".

Di conseguenza, ne discende che dovrà ritenersi "nulla la notificazione nelle mani del portiere, allorquando la relazione dell'ufficiale giudiziario non contenga l'attestazione del mancato rinvenimento delle persone indicate nella norma citata" (cfr. Cass. SS.UU. n. 8214/2005 e, più recentemente, Cass. n. 3732/2019).

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