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Un'abitazione è di lusso se più grande di 240 mq e prescinde dal fatto che sia ubicata in condominio

L'abitazione di lusso non consente di usufruire delle agevolazioni fiscali connesse all'acquisto della prima casa: quando va considerata tale?
Avv. Alessandro Gallucci 

Un'abitazione di lusso è tale quando possiede i requisiti previsti dall'art. 6 del decreto ministeriale 2 agosto 1969, a nulla rilevando che la stessa sia ubicata in un edificio in condominio ovvero rappresenti un'abitazione autonoma.

Non solo: l'abitazione è di lusso e tale va considerata se rappresenta un'unica unità immobiliare, ai sensi di quanto disposto dal d.p.r. n. 1142/1949, indipendentemente dal fatto che la stessa si utilizzata come se più unità abitative.

Questa, in sintesi, la conclusione cui è giunta la Suprema Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 7769 resa dalla Quinta Sezione Civile, mediante deposito in cancelleria, il 9 aprile 2020.

Il caso, la contestazione del fatto che si tratta di abitazione di lusso

A due contribuenti veniva notificato avviso di rettifica e liquidazione d'imposta, da parte della competente Agenzia delle Entrate.

Con l'atto citato l'ente provvedeva alla revoca le agevolazioni fiscali prima casa in ragione della natura di lusso del bene.

Alle abitazioni costruite in zona di lusso non spetta il bonus prima casa

Nello specifico, in considerazione della circostanza che sulla base di una relazione dell'Agenzia del Territorio si era accertato che tale immobile avesse una superficie superiore ai 240 mq., metratura indicata dall'art. 6 del d.m. 2 agosto 1969 quale limite per godere delle agevolazioni richieste.

Il decreto del presidente della Repubblica n. 131 del 1986 prevede la possibilità di usufruire di particolari agevolazioni per l'acquisto della prima casa (pagamento in misura ridotta di imposte fondiarie e di registro).

L'agevolazione in parola, ricorda l'Agenzia delle Entrate, sul proprio sito istituzionale e sulla scorta del citato d.p.r., non è ammessa per l'acquisto di un'abitazione appartenente alle categorie catastali A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminente pregio storico e artistico). In una di queste categorie rientrava l'abitazione dei contribuenti nel caso di specie.

Dinanzi alla contestazione mossa con l'avviso di rettifica e liquidazione i contribuenti impugnavano le conclusioni ivi indicate dell'ente con ricorso giudiziale.

Tanto la Commissione tributaria provinciale, in primo grado, quando la Commissione tributaria regionale, in sede d'appello, rigettavano il ricorso dei contribuenti. Da qui il ricorso per Cassazione.

La norma: le abitazioni di lusso, quali requisiti?

Il decreto del Ministero dei Lavori Pubblici del 2 agosto 1969 definisce caratteristiche delle abitazioni di lusso.

Si tratta di una descrizione delle tipologie di unità immobiliari che, ai sensi della normativa citata, debbono essere classificate, ai fini catastali, quali abitazioni di lusso.

Tra di esse, l'art. 6 specifica che vanno annoverate le «singole unità immobiliari aventi superficie utile complessiva superiore a mq. 240 (esclusi i balconi, le terrazze, le cantine, le soffitte, le scale e posto macchine)».

Il ricorso in Cassazione: nessuna abitazione di lusso, le unità abitative erano due.

Nel caso di specie, l'Agenzia delle Entrate, sulla scorta della relazione dell'Agenzia del Territorio, aveva contestato ai contribuenti che la loro abitazione dovesse considerarsi tale in ragione della metratura complessiva calcolata in ossequio al citato articolo 6.

I contribuenti contestavano l'approdo ed anche dinanzi alla Corte di Cassazione specificavano che le Commissioni tributarie nelle loro sentenze avevano omesso di valutare un fatto.

Nello specifico, affermano i ricorrenti, non era stato considerato che quella loro non era un'abitazione, bensì erano da ritenersi due unità abitative. In tal senso allegavano al ricorso una serie di documenti attestanti tale affermazione, in particolare contratti di utenza.

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondate le doglianze.

L'abitazione di lusso è tale quando supera una determinata metratura e se può essere considerata unica unità immobiliare

Per prima cosa i giudici di legittimità hanno chiarito che cosa debba intendersi per unità immobiliare.

Lo hanno fatto sulla scorta dell'art. 40 del d.p.r. n. 1142/1949 a mente del quale «si accerta come distinta unità immobiliare urbana ogni fabbricato, o porzione di fabbricato od insieme di fabbricati che appartenga allo stesso proprietario e che, nello stato in cui si trova, rappresenta, secondo l'uso locale, un cespite indipendente».

Sul punto la Corte di Cassazione ha considerato legittime e non contestabili le conclusioni rassegnate nel provvedimento impugnato nel quale si affermava come non potesse esservi dubbio quella oggetto dell'avviso di rettifica e liquidazione dell'imposta fosse un'unica unità immobiliare.

Ciò, sì legge in sentenza anche per come indicato dallo stesso atto di compravendita oggetto di accertamento, riportato nel ricorso, che risulta contraddistinta da «una porzione immobiliare (...) costituita da un fabbricato per due unità abitative sviluppatesi ai piani terra e primo per complessivi vani 14,5 catastali (...)».

Data questa descrizione, dice la Cassazione, è irrilevante, ai fini del giudizio, la circostanza che essa sia costituita da due unità abitative.

Non solo: a rafforzare la legittimità del provvedimento impugnato e delle successive sentenze stava anche il fatto che l'immobile si trovasse in una zona di ville.

Data la qualificazione dell'immobile come unica unità immobiliare, la Corte di Cassazione ha ricordato sulla scorta di un proprio precedente cui ha inteso dar seguito, che «ai fini fiscali devono essere considerate abitazioni di lusso, ai sensi dell'art.6 del d.m. 2 agosto 1969, tutti gli immobili aventi una superficie utile complessiva maggiore di 240 metri quadrati, a nulla rilevando che si tratti di appartamenti compresi in fabbricati condominiali o di singole unità abitative» (Cass. n. 23591 del 2012)» (Cass. 9 aprile 2020 n. 7769).

Sentenza
Scarica Cass. 9 aprile 2020 n. 7769
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