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La delibera che ha ad oggetto una innovazione generale che interessa tutti i condomini deve vedere il voto anche dei condomini che non godono direttamente del bene

Il caso interessa il più delle volte le unità commerciali con accesso dalla pubblica via con i beni e servizi dell'androne condominiale.
Avv. Anna Nicola 

Per innovazioni in condominio devono intendersi non tutte le modificazioni ma solamente quelle modifiche che, comportando l'alterazione dell'entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, implicano che le parti comuni, in seguito all'attività o alle opere eseguite, abbiano una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per scopi diversi da quelli precedenti.

Le innovazioni, seppure possono derivare da modifiche apportate senza l'esecuzione di opere materiali, consistono sempre nell'atto o nell'effetto di un facere, necessario per il mutamento o la trasformazione della cosa.

La distinzione tra modifica ed innovazione è in riferimento all'entità e qualità dell'incidenza della nuova opera sulla consistenza e sulla destinazione della cosa comune: per innovazione in senso tecnico deve intendersi non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l'entità sostanziale o ne modifichi la destinazione originaria.
L'art. 1120 c.c. specifica che " sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino".

Il tema dell'innovazione è stato oggetto di analisi del Tribunale di Venezia deciso con sentenza del 30 gennaio 2024.

Androne condominiale: bene comune

Un condomino di unità immobiliare commerciale situato al piano terra impugna le delibere con cui l'assemblea avrebbe deciso di installare un servoscala e di modificare l'accesso del condominio, prevedendo altresì altro portone di ingresso con modifiche laterali.

Dimostra la sua titolarità in ragione dell'atto di compravendita e del regolamento dove viene specificato che detti beni sono in comproprietà di tutti gli aventi diritto, tra cui anche i soggetti che hanno le unità al piano terra verso strada.

Evidenzia che, pur ritualmente convocata, non gli è stato permesso di votare in quanto soggetto non direttamente interessato, specifica che queste delibere si qualificano come innovazione e che quindi necessitano della relativa maggioranza, mancante nel caso di specie.

Inoltre vi è lesione del proprio diritto di proprietà perché con il nuovo accesso si oscurerebbe la vetrina laterale del negozio, vendo ad essere materialmente coperta da parte dell'accesso dell'edificio.

Agisce quindi in giudizio per ottenere l'annullamento di queste decisioni condominiali, chiedendo in via d'urgenza la sospensione delle delibere.

Il condominio costituendosi chiede il rigetto delle domande attoree, compresa quella di inibitoria rilevando il difetto di allegazione di alcun tipo di pregiudizio grave ed immediato, evidenziando che il progetto non lede alcun diritto del singolo condomino.

Si arriva quindi alla decisione del Tribunale.

Questi in primo luogo fornisce le definizioni di innovazione e di modifica, indicando i criteri per distinguere l'innovazione dalle semplici modificazioni apportate dal singolo o dai singoli condomini per il miglior godimento delle parti comun.

Costituisce innovazione ex art. 1120 cc., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l'entità materiale del bene operandone la trasformazione, ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l'esecuzione delle opere; ove invece, la modificazione della cosa comune non assuma tale rilievo, ma risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell'ambito dell'art. 1102 c.c., che, pur dettato in maniera di comunione in generale, è applicabile in materia di condominio degli edifici per il richiamo contenuto nell'art. 1139.

Nel caso di specie, l'avanzamento del portone d'ingresso sino a chiudere interamente l'androne condominiale, anche nella porzione precedentemente lasciata aperta e, dunque, destinata all'uso di portico, integra una trasformazione della destinazione di tale parte comune, risultando qualificabile come innovazione, ex art. 1120 c.c., mentre l'installazione del servoscala non modifica la destinazione d'uso del vano scala, integrando, pertanto, una mera modificazione del bene condominiale, ricadente nella disciplina generale di cui all'art. 1102 c.c.

Richiamando i principi espressi dalla Suprema Corte, il giudice evidenzia che la tutela del decoro architettonico è stata apprestata dal legislatore in considerazione della diminuzione del valore che la sua alterazione arreca all'intero edificio e, quindi, anche alle singole unità immobiliari che lo compongono.

Ne consegue che il giudice del merito, per definire se in concreto vi sia stata lesione di questo decoro, oltre a verificare se esso risulti leso o turbato, deve anche esaminare se questa lesione o turbativa determini o meno un deprezzamento dell'intero fabbricato, essendo lecito il mutamento estetico che non cagioni un pregiudizio economicamente valutabile o che, pur arrecandolo, si accompagni a un'utilità la quale compensi l'alterazione architettonica che non sia di grave e appariscente entità (cfr. Cass. n. 6640/1987; Cass. n. 4474/1987).

Nel caso di specie, non appare che il posizionamento di una porta vetrata trasparente a chiusura del portico possa menomare in alcun modo l'estetica della facciata condominiale, trattandosi già di edificio con caratteristiche estetiche moderne, tipiche della seconda metà del '900, dalle linee essenziali, squadrate, senza particolari decori che possano confliggere esteticamente con un portone in vetro, circondato da pannelli anch'essi in vetro trasparente.

Con riguardo al servoscala, la questione non si pone, trattandosi di opera interna, ed, invero, non è stata nemmeno sollevata dagli attori.

È pacifico, invero, non solo che l'androne condominiale sia in comproprietà anche dei condomini odierni attori, ma anche che all'interno dello stesso si affacci una vetrina dei loro locali di proprietà esclusiva, destinati ad attività di bar.

La parete condominiale in cui insiste detta vetrina, tra l'altro, costituisce pacificamente parte integrante della struttura del portico, circostanza che impedisce di escludere gli attori dal condominio del portico stesso, a prescindere dal fatto che essi siano stati sempre esentati dalle sue spese di pulizia, non utilizzandolo come accesso alla loro proprietà esclusiva.

Quando c'è una corsia preferenziale per l'installazione dell'ascensore?

Conclusione

La delibera in oggetto, conclude il tribunale, è invalida e quindi da annullare per due ordini di ragioni:

  • violazione dell'art. 1120 c.c., in particolare con riguardo alle maggioranze previste per la deliberazione di innovazioni a miglioramento dell'immobile (trattandosi di intervento trasformativo dell'uso dell'area da portico aperto, accessibile ai passanti, ad androne chiuso), determinante mediante richiamo all'art. 1136, V co., c.c. (maggioranza degli intervenuti all'assemblea che rappresenti almeno i 2/3 del valore dell'edificio), ed all'esclusione degli attori dalla votazione;
  • contenuto lesivo della facoltà di godimento dell'unità immobiliare di proprietà esclusiva degli attori, tramite diminuzione della visibilità, da parte dei passanti, della sua vetrina laterale, posta sotto il portico.
Sentenza
Scarica Trib. Venezia 30 gennaio 2024 n. 297
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