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Pignorare una quota di proprietà, è possibile?

In presenza di debiti non adempiuti, il creditore potrà agire al punto da pignorare la quota di proprietà del debitore sul bene indiviso.
Dott.ssa Lucia Izzo 

Un bene si definisce in comproprietà quando la proprietà spetta in comune a più persone. Ciascuno dei comproprietari ha diritto a una quota "ideale" del bene, di norma espressa in valore percentuale.

Si tratta di una situazione in cui trovano applicazione le disposizioni ex art. 1100 e seguenti del codice civile in materia di comunione, concetto dalla valenza più generale in quanto riguarda il caso in cui più soggetti abbiano la titolarità della proprietà oppure di altri diritti reali sullo sul bene.

Se nella cerchia dei comproprietari è presente un soggetto che ha contratto dei debiti non adempiuti è ben possibile che i suoi creditori possano spingersi al punto da pignorare la sua quota di sua proprietà, stante la previsione di cui all'art. 2740 c.c. secondo cui "il debitore risponde dell'adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri".

La disciplina inerente il pignoramento della quota di un bene in comproprietà, anche detto "bene indiviso", è dettata in prevalenza dal codice di procedura civile. In prima battuta è l'art. 599 c.p.c. a chiarire che "possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore".

In tal caso, si legge nel secondo comma del medesimo articolo, del pignoramento sarà notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari, ai quali sarà fatto divieto di lasciar separare dal debitore la sua parte delle cose comuni senza ordine di giudice.

Avviso di pignoramento

Particolarmente imputante è il preventivo avviso di pignoramento che andrà effettuato dal creditore e che ha non solo l'effetto di informare i comproprietari, ma in particolare quello di sollecitarli affinché non consentano al debitore di separare la quota di sua spettanza.

Si vuole in tal modo tutelare il creditore da un'eventuale divisione pregiudizievole che i comproprietari potrebbero porre in essere alle sue spalle.

Il contenuto dell'avviso è disciplinato dall'art. 180 disp. att. c.p.c. il quale prevede che al suo interno debbano essere indicati i seguenti elementi: creditore pignorante; bene pignorato; data dell'atto di pignoramento; data della trascrizione di esso (se trattasi di pignoramento immobiliare). L'avviso andrà poi sottoscritto dal creditore pignorante.

Con il medesimo avviso o con altro separato, si legge all'interno della stessa disposizione, gli interessati andranno invitati a comparire davanti al giudice dell'esecuzione per sentire dare i provvedimenti indicati nell'articolo 600 c.p.c., il quale a sua volta pone in capo al magistrato, a seguito di istanza del creditore pignorante o dei comproprietari e sentiti tutti gli interessati, il compito di provvedere, quando possibile, alla separazione della quota in natura spettante al debitore.

Dunque, l'avviso ai comproprietari ha anche lo scopo di provocare la loro comparizione innanzi al giudice dell'esecuzione all'udienza di cui all'art. 600 c.p.c. nel corso della quale verranno stabilite le modalità di liquidazione della quota del comproprietario/debitore.

La giurisprudenza ritiene che l'omessa ai comproprietari dell'avviso di pignoramento ex art. 599 c.p.c. assuma rilievo quale inattività delle parti e renda improcedibile l'esecuzione (cfr. Cass. n. 718/1999 richiamata da Trib. Napoli Nord, 07 Settembre 2019).

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Separazione, divisione e vendita della quota

Al giudice dell'esecuzione spetta dunque il compito di "liquidare" la quota di proprietà affinché questa possa servire a soddisfare il creditore procedente, ma al tempo stesso egli dovrà tutelare anche le posizioni dei comunisti da eventuali pregiudizi.

Sul punto è lo stesso art. 600 c.p.c. a porre al magistrato tre alternative, in una sorta di ordine di preferenza, a seguito delle quali si attua la vendita o l'assegnazione dei beni attribuiti al debitore.

In primis, come accennato e ove la stessa sia possibile, il giudice dovrà valutare la separazione in natura della quota che, come affermato dalla dottrina, si realizza con il distacco dal bene pignorato pro quota, di una porzione materiale di valore proporzionale alla quota sull'intero bene spettante al debitore pignorato, che poi andrà assegnata a quest'ultimo in proprietà esclusiva sotto il vincolo del pignoramento.

Ciò significa che l'esecuzione proseguirà unicamente su questa singola porzione (che verrà venduta o assegnata in pagamento), mentre la restante parte del bene rimarrà in proprietà indivisa tra gli altri comunisti che saranno estromessi dal processo esecutivo.

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Ove la separazione risulti materialmente impossibile o non economicamente conveniente, in quanto arrecante pregiudizio agli altri comproprietari, il giudice potrà optare per la divisione a norma del codice civile.

Un'altra possibilità, che si colloca a metà strada tra la separazione e la divisione (e si è dimostrata essere la strada meno seguita dai giudici), è quella della vendita della quota indivisa che il magistrato potrà ordinare solo a una condizione, ovvero qualora egli ritenga probabile che la stessa avvenga ad un prezzo pari o superiore al valore della quota indivisa, determinato a norma dell'articolo 568 del codice di rito.

Inoltre, è fatta salva anche la possibilità che gli stessi comproprietari giungano ad un accordo, evitando in tal modo una di queste alternative, ovvero decidano di versare un conguaglio in denaro al debitore.

Questa tipologia di divisione viene definita "endoprocedimentale" o "incidentale", in quanto instauratosi nell'ambito del giudizio di esecuzione, e rappresenta un giudizio di cognizione vero e proprio a cui partecipano il creditore pignorante e di tutti i comunisti.

In caso si proceda in tal senso, l'art. 601 c.p.c. prevede che l'esecuzione venga sospesa finché sulla divisione stessa non sia intervenuto un accordo fra le parti o pronunciata una sentenza avente i requisiti di cui all'articolo 627 del codice di rito.

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