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I condomini sono obbligati a pagare le spese per la conservazione e godimento delle parti comuni in proporzione ai millesimi?

Con la sentenza in disamina, la Cassazione approfondisce alcuni aspetti relativi la ripartizione delle spese nei rapporti tra Supercondominio e Condominio.
Avv. Nicola Frivoli 

Con sentenza emessa in data 16 gennaio 2023, n. 1141, la Corte di Cassazione, Sezione II, si è pronunciata su due motivi di censura rinvenienti da opposizione a decreto ingiunto intentata innanzi al Tribunale di Torino da parte di un Condominio box contro il Supercondominio-opposto.

Ripartizione delle spese tra condominii: la vicenda

L'opponente aveva dedotto che il decreto ingiuntivo non poteva essergli imputato in quanto non era da considerarsi condomino del Supercondominio-opposto. Il Tribunale di Torino, con sentenza del 16 marzo 2017, dichiarava il rigetto dell'opposizione a decreto ingiuntivo atteso che una parte comune del Condominio box, cioè l'area che fungeva sia da cortile dello stabile sia da pavimento del primo piano interrato ove si trovavano le autorimesse, sarebbe al contempo parte comune del fabbricato del Supercondominio-opposto.

Ciò si sarebbe spiegato anche dall'art. 9 del regolamento condominiale contrattuale proprio del Condominio box, circa la ripartizione delle spese condominiale con il Supercondominio-opposto, che riconosceva la comproprietà del 50% della rampa di scale e del cortile a cielo aperto messo al piano interrato primo.

Inoltre, il giudice di prime cure precisava, altresì, che la deliberazione assembleare su cui fondava il decreto ingiuntivo, non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'art. 1137 c.c. dal Condominio Box.

Avverso tale pronuncia l'appellante proponeva gravame innanzi alla Corte d'Appello di Torino. Il giudice di appello territorialmente con ordinanza del 4 dicembre 2017, dichiarava l'inammissibilità dell'appello, però ribadiva che il Condominio box-appellante risultasse parte del Supercondominio-appellato.

Avverso il provvedimento del giudice del gravame, il ricorrente proponeva ricorso in cassazione adducendo due motivi. Resisteva l'appellato con controricorso.

I motivi del ricorso

Il primo motivo. Il ricorrente lamentava l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1123, 1125, 1135, 1362, 1363 e 1367 c.c. La censura esponeva che le tabelle millesimali dei condomini in lite non contemplano quote spettanti al condominio autorimesse.

Il secondo motivo. Il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 1100, 1104, 1117, 1123, 1135, 1137, 1138, 1362, 1363 e 1367 c.c., nonché degli artt. 112 e 115 c.p.c., ed ancora la "insufficiente motivazione".

I due motivi di ricorso venivano esaminati congiuntamente dalla Suprema Corte, per la loro evidente connessione, però, in via preliminare, gli ermellini affrontavano l'eccezioni sollevate dal controricorrente.

L'amministratore non necessità di autorizzazione per proporre opposizione a decreto ingiuntivo

La Suprema Corte affrontava le eccezioni sollevate dal Supercondominio e rilevava che la necessità dell'autorizzazione o della ratifica assembleare per la costituzione in giudizio dell'amministratore andava riferita soltanto alle cause che esorbitavano dalle attribuzioni dell'amministratore ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c. Il capo condomino non aveva necessita di autorizzazione o ratifica dell'assemblea per proporre opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio da un terzo creditore.

In tali controversie l'amministratore del condominio può impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione dell'assemblea.

Inoltre, non è comunque più configurabile il vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione della sentenza, restando denunciabile per cassazione la nullità della stessa per violazione dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., nei casi di mancanza assoluta di motivi.

La Cassazione riteneva ammissibile il ricorso proposto dal ricorrente poiché conforme ai dettami normativi di cui all'art. 366 comma 1, n. 3, c.p.c.

Principio della sindacabilità della nullità della delibera nell'opposizione a decreto ingiuntivo

La Cassazione con riguardo al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, rilevava il principio secondo cui il giudice può sindacare tanto la nullità dedotta dalla parte o rilevata d'ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell'ingiunzione, quanto l'annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest'ultima sia dedotta con apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell'atto di citazione ai sensi dell'art. 1137, comma 2, c.c., e non via di eccezione (Cass. civ. S.U. 14 aprile 2021, n. 9839).

Nel caso in esame, il Tribunale aveva evidenziato che la deliberazione assembleare su cui si fondava il decreto ingiuntivo non era stata tempestivamente impugnata ai sensi dell'art. 1137 c.c. dal Condominio odierno ricorrente.

La legittimazione del Condominio ricorrente

Ciò che era tuttavia messo in discussione in causa non era la validità della deliberazione di ripartizione delle spese su cui fonda il decreto ingiuntivo opposto, quanto la legittimazione passiva del Condominio Box ricorrente rispetto all'ingiunzione di pagamento ex art. 63 disp. att. c.c. domandata dal Condominio opposto.

Inoltre, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali, la questione dell'appartenenza o meno di una o più unità immobiliari di proprietà esclusiva ad un condominio edilizio, ovvero della titolarità comune o individuale di una porzione dell'edificio, può formare oggetto di accertamento meramente incidentale; ciò comporta che l'accertamento della contemporanea appartenenza di parti comuni al Condominio resistente non può, influire su ulteriori interessi relativi all'appartenenza dei beni in comunione.

La Suprema Corte, con recente ordinanza, decidendo in analoga fattispecie, affermava che legittimati passivi al pagamento delle quote relative ai beni avvinti da un vincolo supercondominiale sono i singoli condomini e non i condomini (Cass. civ. sez. II, ord. 22 luglio 2022, n. 22954). L'art. 1118 c.c. vincola ciascun condomino all'obbligo di contribuire alla partecipazione delle spese per la conservazione delle parti comuni; il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio.

L'art. 1123, comma 1, c.c., pone a carico dei condomini, in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.

Principio della Suprema Corte

In presenza di un "Supercondominio", ciascun condomino è obbligato a contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni e per la prestazione dei servizi comuni a più condominii di unità immobiliari o di edifici in misura proporzionale al valore millesimale della proprietà del singolo partecipante, sicché l'amministratore del supercondominio può ottenere un decreto di ingiunzione per la riscossione dei contributi, ai sensi dell'art. 63, comma 1, disp. att. c.c., unicamente nei confronti di ciascun partecipante, mentre è esclusa un'azione diretta nei confronti dell'amministratore del singolo condominio in rappresentanza dei rispettivi condomini per il complessivo importo spettante a questi ultimi

Gli ermellini non ritenendo inammissibile l'appello dichiarato, ex art. 348 bis c.p.c., dalla Corte d'appello territoriale, accoglieva il ricorso con rinvio, alla luce anche dei rilievi svolti uniformandosi all'enunciato principio.

In conclusione, la Suprema Corte accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa, anche per le spese del giudizio di Cassazione, alla Corte d'appello di Torino, in diversa composizione.

Sentenza
Scarica Cass. 16 gennaio 2023 n. 1141
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