Quando il proprietario lamenta che altrui abbia occupato senza titolo il proprio immobile dovrà procedere a pagare gli oneri condominiali maturati in costanza di occupazione qualora intenda poi ripeterli (cioè, recuperarli) presso l'occupante; in difetto, il Giudice riterrà la domanda di restituzione sguarnita di prova.
Questo ci rammenta la sentenza n. 85 del 11 gennaio 2023 del Tribunale di Palermo, che oggi esamineremo.
Occupazione senza titolo di immobile del condomino e pagamento degli oneri condominiali. La pronuncia
Tizia, proprietaria di un immobile, si rivolge al Tribunale affinché, accertata l'occupazione senza titolo di detto immobile da parte di Caio, condanni costui al rilascio dello stesso, nonché al pagamento di una somma a titolo di indennità di occupazione, a decorrere dall'inizio dell'occupazione e sino al rilascio, oltre interessi dalla domanda ed al pagamento degli oneri condominiali gravanti sull'immobile.
Caio rimane contumace e, nelle more del giudizio, rilascia spontaneamente l'immobile nell'agosto 2021.
Il Tribunale di Palermo, condotta l'istruttoria a mezzo interrogatorio formale di Caio ed assunzione di testi, accoglie in parte la domanda di Tizia.
Il rito locatizio
Giova la pena precisare che, laddove si intenda far valere l'occupazione senza titolo di un immobile, non è possibile utilizzare il procedimento c.d. locatizio, cioè quello disciplinato dall'art. 447 bis c.p.c. che rinvia agli artt. 409 e ss. concernenti le controversie di lavoro, rito particolarmente snello - men che meno le procedure di convalida e di licenza.
È invece necessario promuovere azione ordinaria.
L'unica eccezione risulta essere il caso in cui il rapporto sottostante sia uno di quelli che la legge e la giurisprudenza riconducono all'applicabilità del rito locatizio, cioè qualora si discuta dell'inesistenza o dell'invalidità o di altra questione che ponga in dubbio la sussistenza di un titolo nel contesto di un rapporto di locazione, comodato, affitto d'azienda di immobile urbano.
Non solo.
Come rammenta la Cassazione (sent. 17941 del 24 luglio 2013, Sez. III), «colui che non chiede l'accertamento del suo diritto di proprietà e non agisce affermando che il convenuto è possessore del suo bene, ma che lo detiene senza titolo, esercita un'azione personale di restituzione per mancanza originaria o sopravvenuta del titolo e se la domanda è introdotta con ricorso [ergo, con rito locatizio ex art. 447 bis c.p.c., N.d.A.], fermo l'onere dell'attore di dimostrare che ricorrono gli elementi di fatto della fattispecie legale del rito prescelto, il convenuto, ancorché ne adduca l'erroneità, ha l'onere di osservare le norme che quel rito impone, e cioè nella specie gli artt. 416 e 418 c.p.c., onde evitare di incorrere in decadenze e preclusioni».
Nel caso di specie, avendo il magistrato emesso pronuncia ai sensi dell'art. 429 c.p.c. (applicando quindi il rito locatizio, introdotto come tale da Tizia), probabilmente, la contumacia di Caio ha evitato l'emersione della scelta erronea del rito, tuttavia, ci sembra di poter affermare che l'assenza di un rapporto riconducibile a quelli per cui il rito locatizio risulta applicabile fosse ictu oculi apprezzabile dal Tribunale, anche a fronte delle sole difese di Tizia.
Si legge, nella narrativa della sentenza, che la vicenda aveva tratto origine da un contratto di locazione non sottoscritto: infatti, l'immobile poi pervenuto a Tizia, era originariamente di altro soggetto (non ci è dato di sapere chi fosse).
Un tale, che chiameremo Sempronio, aveva promesso di acquistarlo e, nelle more del definitivo, aveva concesso, dal gennaio 2020, le chiavi dell'immobile a Caio; successivamente, quando Sempronio aveva sottoposto a Caio un contratto di locazione da sottoscrivere per la concessione del godimento dell'immobile, Caio si era rifiutato di firmare ed era rimasto nel godimento dell'immobile.
Dobbiamo trarne, in assenza tuttavia di altri elementi di fatto certi e deducibili dalla pronuncia, che Sempronio abbia rinunziato all'acquisto o che lo stesso abbia poi alienato a Tizia, la quale si è ritrovata a dover gestire la presenza di Caio nell'immobile acquisito.
Anche a fronte di ciò, non si può affermare che sussistesse un rapporto tra Tizia e Caio riconducibile a quelli cui risulti applicabile il rito locatizio, in quanto il contratto di locazione tra Caio e Sempronio non si perfezionò, non avendolo Caio firmato, né, qualora anche si fosse perfezionato, potremmo ammettere senz'altro che lo stesso sarebbe pervenuto a Tizia, ma su questo sarebbe necessario valutare una fattispecie concreta e non un'ipotesi astratta.
Il danno da occupazione senza titolo e gli oneri condominiali
Una volta sbrogliata la questione della sussistenza dell'occupazione senza titolo - Caio era effettivamente, dal gennaio 2020 all'agosto 2021, data del rilascio spontaneo, nella materiale disponibilità dell'immobile in assenza di qualsivoglia titolo abilitativo ad essa - il Giudice passa ad esaminare le richieste di condanna al pagamento dell'indennità e degli oneri condominiali.
Sul punto, il Tribunale osserva:
«Infatti in caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno subito dal proprietario è in re ipsa, discendendo dalla perdita della disponibilità del bene e dall'impossibilità di conseguire l'utilità ricavabile dal bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso. In ordine alla sussistenza e quantificazione di tale danno si ritiene che il giudice possa fare ricorso anche ai parametri del c.d. danno figurativo, come quello del valore locativo dell'immobile del cui godimento il proprietario è stato privato».
Corre tuttavia l'obbligo di osservare che sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 33645 del 15 novembre 2022, la quale ha enucleato i seguenti principi di diritto:
- «nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta;
- nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato;
- nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato».
Peraltro, nel corpo della pronuncia a SSUU è dato leggere un passaggio argomentativo della Corte d'Appello di Cagliari, che aveva esaminato la fattispecie oggetto di quella pronuncia, ove si afferma che: «con riferimento alla domanda risarcitoria formulata come impossibilità di trarre dai beni il corrispettivo della vendita e non invece proventi di altro genere come canoni locatizi, se era pur vero che nella giurisprudenza di legittimità il danno subito dal proprietario per effetto di occupazione illegittima di immobile era stato definito in re ipsa, tuttavia il riconoscimento del danno figurativo sulla base del valore locatizio presupponeva l'allegazione di un pregiudizio derivante dall'impossibilità di utilizzarlo, pregiudizio nella specie non prospettato poiché nella citazione introduttiva era stata rappresentata soltanto l'impossibilità di alienare gli immobili e di lucrare il prezzo della vendita».
In buona sostanza, come si legge nell'ordinanza di remissione alle Sezioni Unite della Sezione III, «secondo altro indirizzo, una volta soppresse le facoltà di godimento e disponibilità del bene per effetto dell'occupazione abusiva, ricorre una praesumptio hominis di danno risarcibile (cioè in re ipsa), corrispondente al danno figurativo rappresentato dal valore locativo del cespite abusivamente occupato, superabile solo con la prova che il proprietario, anche se non spogliato, non avrebbe in alcun modo utilizzato l'immobile.
Osserva quindi che la corte territoriale ha seguito l'orientamento secondo cui il danno in re ipsa, giungendo ad identificare il danno con l'evento dannoso, configura un danno punitivo senza alcun riconoscimento legislativo (in contrasto con Cass. Sez. U. n. 16601 del 2017)».
Nel caso di specie, sempre al netto di eventuali argomentazioni che non cogliamo dalla narrativa della sentenza e che invece Tizia potrebbe aver riversato nei propri atti difensivi, il Tribunale ha ritenuto sussistente il danno e, pertanto, il diritto all'indennità di occupazione per il solo fatto della prova dell'occupazione, pur non avendo Tizia allegato a della prova dell'occupazione, pur non avendo Tizia allegato alcunché rispetto ad ipotesi concrete di vendita o di locazione ad altri soggetti.
Gli oneri condominiali
Il Tribunale sul punto osserva brevemente che «Per quanto riguarda gli oneri condominiali si osserva che la parte ricorrente avrebbe potuto ottenere il rimborso di quanto pagato al Condominio fornendo la prova dei pagamenti effettuati relativi a spese non poste a carico del proprietario. In giudizio non risulta prova di pagamenti da parte della ricorrente di oneri condominiali ordinari e pertanto la domanda va dichiarata inammissibile».