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Delibera nulla per imposizione 'ingiustificata' di un facere o un non facere ai condomini

In linea generale non è possibile imporre ad un soggetto un obbligo di facere senza il suo consenso.
Avv. Caterina Tosatti 

La delibera con cui l'Assemblea, pur avendo intenzione di far rispettare il Regolamento condominiale, impone un facere o un non facere ai condòmini deve essere specificamente motivata ed eventualmente adottata all'unanimità dei condòmini stessi, poiché, in difetto, è da ritenersi nulla per carenza di potere.

Il Tribunale di La Spezia, con la sentenza n. 310 del 28 marzo 2024, dichiara la nullità di una delibera condominiale che aveva imposto a tutti i condomini di mantenere i portoni di accesso alle abitazioni chiusi.

Fatto e decisione

Tizia, proprietaria di un immobile che ha concesso in locazione in un Condominio, impugna una delibera adottata dal medesimo con la quale l'Assemblea ha stabilito "che il portone di ingresso (caposcala) di ogni singola unità immobiliare rimanga chiuso".

Secondo Tizia, una simile delibera, avendo l'effetto di imporre ai condòmini di tenere il portone di accesso alle rispettive unità nella loro proprietà esclusiva "perennemente chiuso", avrebbe illegittimamente inciso sul libero godimento dei beni in questione, peraltro non potendo basare la propria opportunità o legittimità su disposizioni regolamentari sul punto.

Costituitosi il Condominio, lo stesso sosteneva che la delibera impugnata andasse interpretata alla luce del comportamento complessivo delle parti in causa (Tizia e il Condominio), anche rilevabile dalle altre e svariate iniziative giudiziarie intraprese dalla medesima Tizia contro il Condominio, le quali attenevano ad impugnative svolte da Tizia contro altrettante delibere adottate dal Condominio per imporle il rispetto delle norme del Regolamento condominiale attinenti il decoro, la sicurezza e la quiete dell'edificio condominiale.

Da qui, secondo la difesa del Condominio, discende l'ovvia conseguenza per cui la delibera impugnata non andava interpretata come aveva fatto Tizia, bensì come tutela dei beni comuni.

Non solo. Il Condominio sostiene che, a ben vedere, fosse anche cessata la materia del contendere, atteso che l'Assemblea aveva successivamente deliberato andando a dare una sorta di interpretazione autentica della delibera impugnata e spiegandone il significato: nella seconda delibera, si specificava che " il contenuto della deliberazione del … [prima delibera, N.d.A.], riguardava gli aspetti correlati al decoro dell'edificio ed alla sicurezza del condominio divenuti più volte oggetto di doglianza da parte dei condòmini per aver riscontrato portoncini delle singole unità immobiliari aperti per quasi tutta la giornata ed in apparenza incustoditi, con potenziale incidenza sulla sicurezza e quiete come previsto dal regolamento", cosicché si decideva poi che "("onde evitare strumentali ed erronee interpretazioni come addotte dal condomino assente" [Tizia, N.d.A.]): di non considerare il contenuto dell'atto di citazione e di considerare priva di effetto la deliberazione qualora si aderisse ad una tale interpretazione, per confermare la circostanza che la disposizione chiusura dei portoncini doveva e deve ritenersi collegata a non imporre vincoli alla proprietà privata quanto ad evitare aperture persistenti ed incustodite in contrasto con i precetti sopra esposti dal regolamento".

Tizia impugna anche la seconda delibera ed il giudizio viene riunito all'impugnativa della precedente.

Il Tribunale decide accogliendo l'impugnativa relativamente alla seconda delibera, ritenendo la prima inclusa e superata dalla seconda.

Secondo il Giudice, la prima delibera non poteva avere interpretazione nel senso offerto dalla difesa del Condominio, mancando gli elementi stessi sui quali basare detta ricostruzione.

Ammesso, cioè, come sostiene il Condominio, che la delibera adottata andasse nel senso di tutelare i beni comuni ed il rispetto del Regolamento, era innanzitutto necessario provare detto collegamento alla tutela del patrimonio condominiale e del Regolamento ed era in secondo luogo necessario, laddove si intendesse, per tale tutela, imporre un obbligo ai singoli condòmini, che la delibera fosse adottata all'unanimità dei condòmini stessi, non essendo possibile imporre ad un soggetto un obbligo di facere senza il suo consenso.

La delibera de qua risulta revocata e sostituita dalla seconda, parimenti impugnata, con la quale, secondo il Tribunale, "l'assemblea ha ritenuto di poter stabilire che le porte di ingresso delle varie unità non possono essere lasciate aperte prolungatamente, in particolare laddove il relativo immobile sia incustodito; tanto in nome della tutela del decoro dell'edificio e della sicurezza e quiete condominiali, anche secondo quanto espresso nel regolamento".

Tuttavia, rileva il magistrato:

- il richiamo al Regolamento non è dirimente, atteso che non esistono nello stesso disposizioni attinenti ed applicabili al caso corrente;

- il Condominio non ha provato in che modo l'eventualità che all'interno dell'edificio la porta di ingresso di un'unità sia lasciata aperta anche per più ore consecutive possa pregiudicare il decoro o la sicurezza condominiali;

- l'eventuale permanenza di persone sui pianerottoli non dipende dal fatto che la porta in questione resti o meno chiusa;

- che l'allegazione, di nuovo generica, in merito ai rumori proveniente dai locali di proprietà Tizia è irrilevante, trattandosi al più del mero vociare delle persone che in quel momento stanno frequentando l'immobile, compatibilmente con l'attuale destinazione dello stesso.

Dalla narrativa della sentenza, comprendiamo meglio che le ragioni che avevano spinto i condòmini ad adottare la delibera impugnata risiedevano nel comportamento tenuto dai conduttori di Tizia: infatti, viene riportato, a partire dal momento in cui Tizia aveva concesso in locazione l'immobile e nei giorni feriali della settimana il portone d'ingresso dell'unità veniva lasciato aperto, all'edificio accedevano centinaia di persone che dovevano farsi visitare dai medici che lì hanno il loro studio, dalle scale e dai pianerottoli era possibile sentire i rumori e le voci provenienti dall'interno dei locali e i pazienti erano soliti entrare e uscire senza la presenza di personale degli studi all'interno, anche sostando per periodi prolungati nel pianerottolo prospiciente l'entrata.

Considerazioni conclusive

Nel caso esaminato dal Tribunale di La Spezia, emerge evidente come la tutela del decoro, inteso come decoro 'sociale' del Condominio, nonché della sicurezza, non siano motivabili, come dire, "in re ipsa".

Non basta, come nel caso di specie, un portone lasciato aperto per lanciare allarmi sulla sicurezza dello stabile.

Peraltro, non ci è dato evincere dalla pronuncia, al netto dell'affermazione per cui il Condominio non aveva dato prova di quanto affermava, se ad esempio fossero stati commessi furti durante i giorni e le ore segnalati, in cui l'apertura del portone dell'immobile di Tizia era cosa ordinaria.

Peraltro, anche trattandosi, a quanto è dato capire, di studio medico, la condotta descritta corrisponde a quanto generalmente accade e non si può certo sostenere che l'immobile fosse 'incustodito', potendosi invece immaginare che il personale di segreteria e/o accoglienza stazionasse all'interno dell'immobile e che la porta aperta fosse mantenuta tale per agevolare il flusso continuo di persone da e per l'immobile.

Sentenza
Scarica Trib. La Spezia 28 marzo 2024 n. 310
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