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I consorzi hanno l'onere di provare lo svolgimento delle prestazioni svolte per i consorziati, se vogliono ottenere il pagamento delle relative spese.

Le prestazioni svolte dai consorzi di urbanizzazione non sono automaticamente dovute. Se non eseguite il consorziato può opporre l'eccezione di inadempimento e non pagare le spese.
Avv. Edoardo Valentino - Foro di Torino 

Consorzi, gestione di beni comuni a più soggetti e applicazione delle norme in materia di condominio negli edifici.

La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 4263 resa mediante deposito in cancelleria il 19 febbraio 2020 è tornata sull'argomento. Vediamo come.

Consorzi e condominio: il caso.

Un consorzio di urbanizzazione agiva in via monitoria depositando ricorso per decreto ingiuntivo avverso un consorziato.

Con detto ricorso il consorzio domandava il pagamento delle spese di gestione e di vigilanza del consorzio stesso, per le quali il debitore era rimasto moroso.

Si costituiva il consorziato, con opposizione a decreto ingiuntivo, sostanzialmente negando le richieste del consorzio.

Il Tribunale, all'esito del processo, rigettava l'opposizione proposta e confermava il decreto ingiuntivo in ogni sua parte.

Il debitore impugnava, quindi, la decisione in Corte d'Appello.

In riforma della sentenza di prime cure, il secondo giudice revocava il decreto ingiuntivo dichiarando non dovute le relative somme.

Consorzi di gestione. Pagano le spese i proprietari esclusivi

Secondo il giudice del riesame, difatti, sarebbe stato incombente sul consorzio l'onere di fornire prova dell'effettiva erogazione delle prestazioni dedotte in via monitoria, mentre sarebbero state insufficienti le evidenze derivanti dalle delibere di approvazione dei bilanci consuntivi.

In secondo luogo, proseguiva la Corte, a seguito di una sentenza del TAR depositata anni prima, il consorzio non aveva più titolo di esercitare le sue prestazioni, in quanto l'attività consortile era destinata ad esaurirsi laddove una qualsiasi pubblica amministrazione avesse principiato ad eseguire le prestazioni erogate dallo stesso consorzio.

Il consorzio, quindi, aveva un ruolo di mera supplenza rispetto agli enti deputati allo svolgimento delle funzioni urbanistiche provvisoriamente svolte dallo stesso.

Lo stesso TAR aveva specificato nella propria decisione come - ricorrendone i presupposti - il consorzio avrebbe dovuto assumere le determinazioni relative al proprio scioglimento.

Il ricorso del consorzio viene incentrato sulla disciplina condominiale relativa alla obbligatorietà della proprietà delle parti comuni.

La vicenda sopra descritta approdava alla Corte di Cassazione.

Alla luce della soccombenza in appello, infatti, il consorzio istava per l'annullamento della sentenza d'appello sulla base di un ricorso incentrato su due motivi di diritto.

In prima battuta il ricorrente sollevava una questione in merito alla presunta violazione degli articoli 1104 e 1118 del Codice Civile in relazione ad alcuni articoli dello statuto consortile.

La prima norma citata afferma infatti ai primi due commi che "Ciascun partecipante deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza a norma delle disposizioni seguenti, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.

La rinunzia non giova al partecipante che abbia anche tacitamente approvato la spesa".

La Corte d'Appello, quindi, avrebbe errato nel non considerare che il consorziato avrebbe automaticamente dovuto partecipare alle spese di gestione per il solo fatto appartenere al consorzio di urbanizzazione e quindi per le regole generali sulla comunione.

Nei consorzi di urbanizzazione per il recupero delle morosità si applicano le stesse regole del condominio?

L'articolo 1118 c.c., invece, precisa che "Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene.

Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.

Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali".

In applicazione delle disposizioni in materia condominiale al consorzio, la Corte d'Appello avrebbe dovuto quindi valutare l'indissolubilità del legame tra i condomini (o consorziato nel presente caso) con i beni comuni e l'obbligazione alla corresponsione delle relative spese.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso sottolineando la necessità per il consorzio di fornire prova delle prestazioni effettuate.

Con l'ordinanza Cassazione Sezione I, 19 febbraio 2020, numero 4263 gli Ermellini rigettano il ricorso del consorzio.

Il primo motivo, descritto nel precedente paragrafo, veniva infatti considerato privo di aderenza rispetto alla decisione impugnata e, in ragione di ciò, carente di decisività.

Secondo la giurisprudenza della Cassazione, infatti, i consorzi di urbanizzazione sono aggregazioni di persone fisiche o giuridiche volte alla sistemazione o al miglior godimento di uno specifico comprensorio con la realizzazione di strutture e la fornitura dei servizi necessari per la gestione delle stesse.

I consorzi sono figure atipiche consistenti in associazioni non riconosciute con un forte connotato di realità, con l'effetto di rendere applicabile - per le disposizioni non altrimenti regolate dai relativi statuti - la disciplina relativa alle associazioni e ai condomini (così Cass. 13 aprile 2017, n. 9568; Cass. 14 maggio 2012, n. 7427 e Cass. 28 aprile 2010, n. 10220).

Nella decisione impugnata, proseguiva la Cassazione, non si rinveniva alcuna affermazione contraria ai principi sopra enunciati e quindi il primo motivo di ricorso non pareva pertinente.

È pur vero, infatti, che la qualità di consorziato comporta l'automatica acquisizione di obbligazioni propter rem, connesse con l'esistenza stessa dell'abitazione nel contesto consortile, ma il giudizio non verteva sulla predetta circostanza, quanto sulla mancata prestazione dei servizi consortili stessi.

Nel caso in questione l'opponente aveva dedotto la mancata esecuzione dei servizi da parte del consorzio ed aveva quindi avanzato una eccezione di inadempimento.

Tale eccezione, prevista dall'articolo 1460 c.c. è sintetizzata dal brocardo latino inadimplendi non est adimplendum, ossia non si è tenuti ad adempiere la controprestazione (pagamento) a chi in prima battuta non ha adempiuto alla prestazione alla quale era tenuto (servizi consortili).

Il consorzio, invece di difendersi sul punto, aveva in sede di appello deciso di contestare come le somme in oggetto fossero dovute, mancando il punto: le somme sono dovute in quanto obbligazioni propter rem, ma devono essere pagate solamente se il consorzio prova la realizzazione dei servizi.

Alla luce di tale principio la Cassazione dichiarava inammissibile il ricorso proposto e condannava il consorzio a risarcire al consorziato le spese giudiziali sostenute e sostenende.

Sentenza
Scarica Cass. 19 febbraio 2020 n. 4263
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