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Parti comuni, proprietà esclusiva in base a titolo e onere probatorio

Come dimostrare la proprietà esclusiva di un bene (presuntivamente) condominale? Il Tribunale di Spoleto, con la sentenza n. 268 del 11 aprile 2019 ci da più di una risposta.
Avv. Valentina Papanice 

Come si prova l'acquisto in via esclusiva di un bene condominiale?

Questione: Tizio diviene proprietario di un bene in condominio, nella convinzione di avere anche acquistato la proprietà di un immobile seminterrato ad uso garage; ma di tutt'altra opinione sono, come vedremo, gli altri condomini, i quali affermano di essere proprietari, anzi comproprietari della detta parte, che ritengono essere di natura condominiale.

Tizio non demorde e si rivolge al tribunale; e qui però, cadrà in una falla, quella dell'onere probatorio: vantare la proprietà esclusiva di un bene che rientra nell'ambito delle parti condominiali è cosa che richiede rigore. Ed è questa l'occasione per cui il giudice ci spiega (ancora una volta) come dimostrare di essere diventati proprietari esclusivi di un bene contemplato dall'art. 1117 c.c..

Parti comuni e titolo contrario

Per giudicare sulla domanda riconvenzionale con cui i resistenti chiedono l'accertamento della natura condominiale del bene, il giudice evidenzia che si deve tener conto che, nel caso del condominio, l'art. 1117 c.c. include espressamente le "aree destinate a parcheggio" tra le parti che vanno considerate condominiali, salvo che il contrario non risulta dal titolo.

Ricordiamo che per tale elenco non è comunque esaustivo e che in generale, salvo che diversamente non risulti dal titolo, possono essere considerate parti comuni quelle parti (anche se non previste espressamente dall'art. 1117 c.c.) che servono le singole unità abitative in base ad una relazione di accessorietà strutturale e/o funzionale.

Tale titolo "può essere costituito o dal regolamento contrattuale o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall'usucapione" (SS. UU. n.7449/1993).

Il terzo o il singolo condomino, che vanti la proprietà esclusiva di un bene compreso tra quelli previsti dall'art. 1117 c.c., ha dunque l'onere di fornire la prova della sua asserita proprietà esclusiva derivante da titolo contrario.

Dunque, in assenza di un titolo contrario, il bene deve considerarsi appartenente in comune a tutti i condomini.

Si è anche ripetutamente affermato in giurisprudenza, prosegue il Giudice, che è il condomino che vanta la proprietà esclusiva a dover dedurre e dimostrare l'esistenza del titolo contrario "potendosi a tal fine utilizzare il titolo - salvo che si tratti di acquisto a titolo originario - solo ove da esso si desumano elementi tali da escludere in maniera inequivocabile la comunione" (cita Cass. n. 20593/2018 e n. 9093/2007).

Dunque, l'onere probatorio incombe certamente sul condomino che vanta di essere proprietario in via esclusiva di un bene che, in assenza di prova contraria (il titolo), sarebbe di tutti, cioè condominiale.

Non v'è dubbio poi che tale discorso valga anche per i vani scantinati compresi tra le fondamenta ed il suolo su cui sorge l'edificio, soprattutto se destinati a parcheggio, circostanza incontestata nel caso de quo.

Al contrario di quanto sin qui detto circa i loro oneri probatori, i ricorrenti a fondamento della propria pretesa, per vincere la presunzione di condominialità hanno solo evidenziato che la porzione suddetta era catastalmente individuata come autonoma e che era stata oggetto di un unico atto di compravendita.

Prova della proprietà esclusiva di bene comune: non è sufficiente il frazionamento-accatastamento

Tuttavia, afferma il giudice, tali elementi non sono affatto sufficienti a sostenere la pretesa di proprietà esclusiva.

Citando il precedente di Cass. n. 11195/2010, egli dunque rammenta che in tema di condominio negli edifici, per vincere, in base al titolo, la presunzione legale di proprietà comune delle parti dell'edificio condominiale indicate nell'art. 1117, n. 2, cod. civ., non sono sufficienti il frazionamento-accatastamento e la relativa trascrizione, eseguiti a domanda del venditore costruttore, che è un atto unilaterale di per sé niente affatto idoneo a sottrarre il bene alla comunione condominiale; si può infatti ravvedere tale effetto solo ad un contratto di compravendita, nel quale risulti che la previa delimitazione unilaterale dell'oggetto del trasferimento sia stata recepita nel contenuto negoziale e che dunque vi sia l'accordo delle parti contraenti.

Condominio, parti comuni e presunzione di condominialità

Ulteriori considerazioni escludono la volontà del venditore-costruttore di vendere il bene comune al singolo

Nel caso in questione, osserva peraltro il giudice, il bene non è stato acquistato dagli attori tramite atto di libera disposizione da parte del costruttore, ma nell'ambito di una procedura esecutiva; dunque non potrebbe attribuirsi al costruttore alcuna volontà implicita di alienare separatamente un determinato bene.

Anzi, dal contratto di appalto e dai preliminari con le parti si evince che appare essere sussistente il nesso di accessorietà ai fini di cui all'art. 1117 c.c., coerente, peraltro, con l'uso fatto della particella medesima da parte dei condomini.

Dunque, a seguito delle singole compravendite, la società risultava essersi spogliata dell'intero patrimonio immobiliare, apparendo quantomeno illogico che la stessa avesse coscientemente deciso di riservarsi in proprietà solo una piccola porzione di un locale seminterrato di un complesso condominiale che aveva alienato per intero.

Cortile condominiale o di proprietà esclusiva?

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