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Differenza tra uso della cosa comune, innovazioni e opere su parti di proprietà esclusiva

Uso della cosa comune, opere su parti di proprietà esclusiva e innovazioni.
Avv. Alessandro Gallucci 

La differenza tra uso della cosa comune da parte del singolo condomino ed innovazioni del bene comune sta tutta nel soggetto che ha eseguito l'intervento e nella sua incidenza sulle parti comuni.

Detta diversamente: un'innovazione non può mai essere considerata alla stregua di un uso della cosa comune da parte del singolo condomino, ma quest'ultimo deve uniformarsi anche ai parametri indicati per valutare la liceità degli interventi innovativi.

A queste conclusioni, nella sostanza, è arrivata la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 11445 del 3 giugno 2015.

Per gli ermellini esiste un fil rouge tra tre norme, ossia tra gli artt. 1102-1120-1122 c.c. pur mantenendo le fattispecie ivi disciplinate delle autonome caratteristiche.

Uso della cosa comune

Si tratta della possibilità per tutti i condòmini di utilizzare le cose comuni a proprio esclusivo vantaggio; infatti, s'è vero, com'è vero, che la funzione primaria dei beni comuni è quella di consentire il miglior godimento delle unità immobiliari a tutti i condòmini, ciò non vuol dire che tali parti d'edificio non possano avere altre autonome utilità rispetto agli interessi dei singoli condòmini.

L'art. 1102 c.c. – dettato per la comunione ma applicabile al condominio in ragione di quanto disposto dall'art. 1139 c.c. – è la norma di riferimento che consente l'uso delle cose comuni da parte di tutti i condòmini, purché gli usi praticati non alterino la destinazione e non impediscano agli altri partecipanti di fare parimenti uso di quei beni secondo il loro diritto.

La giurisprudenza ha aggiunto al novero dei divieti di cui all'art. 1102 c.c. il divieto di alterazione del decoro.

L'opera del condomino sulle parti comuni, quindi, può essere innovativa ma pur sempre nel rispetto dei limiti appena indicati.

Cosa debba intendersi per diritto al pari uso delle parti in condominio

Opere su parti di proprietà esclusiva

Così come il condomino può operare sulle parti comuni egli può anche eseguire opere sulla sua unità immobiliare. Anche in tal caso deve fare in modo che la realizzazione non leda, sicurezza, stabilità e decoro dell'edificio.

Anche l'azione sulla proprietà esclusa può essere innovativa, pur sempre rispettando le limitazioni imposte dalle norme.

E' lecito realizzare opere sul terrazzo di proprietà esclusiva, se esse non recano danno alle parti comuni?

Innovazioni

Le innovazioni, lo afferma la Corte di Cassazione (nel silenzio del codice civile) sono delle opere materiali o immateriali (es. cambio di destinazione d'uso) che riguardano un bene comune che comportano “l'alterazione della entità sostanziale o il mutamento della originaria destinazione, in modo che le parti comuni, in seguito alle attività o alle opere innovative eseguite, presentino una diversa consistenza materiale, ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti (tra le tante: Cass.,23 ottobre 1999, n. 11936; Cass., 29 ottobre 1998, n. 1389; Cass., 5 novembre 1990, n. 10602)” (così Cass. 26 maggio 2006 n. 12654).

Dalla Cassazione un'altra conferma, le innovazioni non sono semplici modifiche delle parti comuni

Non tutte le modificazioni, quindi, sono innovazioni. In tal senso, ad esempio, è stato affermato che l'automazione del cancello non è da considerarsi innovazione. Nessuna innovazione deliberata dall'assemblea potrà mai essere considerata un'opera ex art. 1102 o 1122 c.c.

Ed allora, quali sono le interconnessioni tra le fattispecie?

Al quesito ha dato risposta la sentenza n. 11445 della Corte di Cassazione che ha il pregio di delineare con chiarezza tali interconnessi pur rimarcando le peculiarità delle tre norme.

Innanzitutto, premettiamo, che l'uso della cosa comune e l'esecuzione di opere su parti di proprietà esclusiva sono attività del singolo, mentre le innovazioni sono opere deliberate dall'assemblea.

Data questa fondamentale premessa si legge in sentenza che “l'art. 1120, comma 2 - nella parte in cui vieta le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico - è applicabile all'ipotesi di opera, […], effettuata con le finalità di cui all'art. 1102 c.c. (Cass. 3084/94).

Questa affermazione è comune nella giurisprudenza della Corte, per quanto concerne la lesione del decoro architettonico (Cass. 14607/12; 12343/03).

Essa trova fondamento soprattutto nel collegamento che deve farsi tra gli artt. 1102, 1120 e, quando si tratti di opere eseguite sulla porzione di proprietà esclusiva, 1122 c.c. L'art. 1120 c.c., comma 4, è la norma che ha individuato gli interessi condominiali che non possono essere lesi neppure con le innovazioni deliberate a maggioranza dall'assemblea condominiale.

Ne consegue dal punto di vista logico che è giustificata l'applicabilità di questa norma sia alle modifiche che il singolo partecipante apporta alla cosa comune per servirsene più intensamente, sia alle attività del singolo su cosa propria comunque finalizzate all'uso più intenso della cosa comune (cfr Cass. 18350/13)” (Cass. 5 giugno 2015 n. 11445).

Insomma la norma dettata per le innovazioni contiene un principio di carattere generale che è applicabile a tutti quei casi in cui l'azione del singolo condomino si rifletta direttamente (art. 1102 c.c.) o possa riflettersi indirettamente (art. 1122 c.c.) sulle parti di proprietà comune.

Sentenza
Scarica Cass. 5 giugno 2015 n. 11445
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