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Immobile in comunione e impugnazione delibere condominiali

In caso di unità immobiliare in condominio che è in comunione tra due o più persone, qual è il regime? Quale la convocazione all'assemblea e chi può impugnare le delibere?
Avv. Anna Nicola - Foro di Torino 

Comunione di alloggio in condominio: cenni

Un appartamento in condominio può essere di proprietà singola o di proprietà collettiva. Quando questo diritto reale compete a più di una persona, si è in tema di comunione.

Per essa vi può essere ad esempio la comunione ereditaria, quando l'immobile cade in successione tra più legittimari, ovvero la comunione legale, quando il bene è di proprietà comune di marito e moglie. Si parla anche di comunione incidentale per il caso in cui si crei la comunione indipendentemente dal volere delle parti. Così è ad esempio per la comunione ereditaria.

Bisogna verificare come si atteggia l'alloggio in condominio in tema di assemblea, a partire dalla sua convocazione.

Convocazione assembleare

A norma dell'art. 67, comma 2, disp. att. c.c., qualora una porzione compresa nell'edificio condominiale appartenga a più persone, queste hanno diritto ad un solo rappresentante in assemblea designato dai comproprietari interessati.

A norma dell'art. 1137 c.c., tutti i condomini, compresi i singoli comproprietari, devono essere individualmente convocati all'assemblea. La convocazione eseguita nei confronti di un comproprietario di unità immobiliare in condominio non vale anche per l'altro o gli altri.

Una decisione di merito ha affermato che la prova della valida convocazione di uno dei proprietari pro indiviso è sufficiente ai fini della regolarità dell'avviso, purché ricorrano circostanze tali da far ritenere che quest'ultimo abbia reso edotti gli altri comproprietari della convocazione medesima (così Trib. Bari 1 luglio 2010 n. 2422).

Non si ritiene di condividere quest'orientamento, sulla considerazione del fatto che anche il singolo comproprietario deve essere tutelato individualmente.

Impugnazione delle deliberazioni

In ragione di questa posizione individuale, il singolo comunista ha il potere individuale di impugnarne le deliberazioni ove sussistano le condizioni di cui all'art. 1137 c.c. (Cass. Sez. 2, 18/02/2000, n. 1830; Cass. Sez. 2, 27/07/1999, n. 8116; Cass. Sez. 2, 11/11/1992, n. 12119; Cass., sez. 2, 24/01/1980, n. 590; Cass. Sez. 2, 12/01/1978, n. 124).

Nel caso di immobile facente parte di una comunione legale coniugale, opera l'art. 180, comma 1, c.c., sulla cui base la rappresentanza in giudizio per gli atti relativi all'amministrazione dei beni della comunione spetta ad entrambi i coniugi disgiuntamente.

Ognuno di essi ha una propria legittimazione ad esperire qualsiasi azione, non solo le azioni di carattere reale o con effetti reali, volte alla tutela della proprietà o del godimento dell'immobile, ma anche le impugnazioni delle deliberazioni condominiali che si assumono pregiudizievoli alla sicurezza o al decoro del fabbricato o all'uso delle parti comuni, senza che sia indispensabile la partecipazione al giudizio dell'altro coniuge, non vertendosi in una ipotesi di litisconsorzio necessario (arg. da Cass. Sez. 2, 26/07/2013, n. 18123; Cass. Sez. 2, 27/02/2009, n. 4856; Cass. Sez. 2, 30/10/2007, n. 22891; Cass. Sez. 2, 09/01/2006, n. 75).

Sostituzione di una delibera impugnata con un'altra: quali effetti?

Quanto da ultimo riportato è stato evidenziato di recente dalla decisione del Supremo Collegio del 8 luglio 2021, n. 19435.

In ragione del fatto che ciascuno dei comproprietari pro indiviso della unità immobiliare ha autonoma legittimazione ad impugnare le deliberazioni dell'assemblea condominiale, non vale in alcun modo il dissenso manifestato dall'altro comunista: questo non preclude il diritto di azione individuale né vale che il comproprietario abbia dapprima aderito all'impugnazione e poi abbia rinunziato all'azione.

Impugnazione per mancata convocazione

Anche qui può essere motivo di impugnazione dell'assemblea il fatto che sia mancata la convocazione di un comproprietario: da esso deriva l'annullabilità della delibera condominiale, che deve essere impugnata nel termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137, 3° comma, c.c. decorrente per i condomini assenti dalla comunicazione e per i condomini dissenzienti dalla sua approvazione. In assenza di impugnazione la delibera si cristallizza. (Cass. SS.UU. n. 4806/05).

Questo principio è stato affermato di recente dalla Corte di appello di Catania con la decisione del 23 aprile 2019, n. 924: la mancata convocazione da parte del coniuge in comunione legale è motivo di annullabilità della delibera votata dall'assemblea.

Comunione pro diviso e pro indiviso

Questo vizio non è sanabile neanche se il coniuge comproprietario che è stato regolarmente convocato prende parte all'assemblea. Infatti, affinché la sua presenza alla riunione possa valere anche per l'altro consorte, è necessario che questi gli abbia attribuito la delega scritta (App. Catania, 23 aprile 2019, n. 294).

Trova applicazione in principio sancito dall'art. 1441 c.c., secondo cui l'annullamento può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse esso è stabilito dalla legge e, di conseguenza, il condòmino convocato non è legittimato ad impugnare la delibera per l'omessa convocazione di altri condòmini, compreso il consorte con cui ha l'immobile in comunione legale (Cass. n. 8520/2017).

Non rilevano in contrario - nel senso, cioè, di precludere l'effettiva configurabilità del detto motivo di annullabilità della deliberazione assembleare - né l'effettuazione dell'avviso di convocazione nei confronti del coniuge convivente e la sua concreta ricezione da parte del primo.

Si ricorda che ai sensi degli artt. 1136, comma sesto, c.c. e 66, comma terzo, prima parte, disp. att. c.c., l'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.

L'avvenuta partecipazione del marito all'assemblea condominiale non vale a sanare la situazione, non essendo provvisto della delega scritta, al riguardo necessaria ex art. 67, comma primo, disp. att. c.c.

Garante Privacy: cenni

Il Garante della privacy, con il provvedimento del 18 maggio 2006, ha evidenziato che possono presenziare in assemblea anche soggetti non condomini per trattare argomenti posti all'ordine del giorno per cui i partecipanti ne ritengano necessaria la presenza, sempreché vi sia l'assenso dei condomini presenti.

In queste circostanze, il terzo può partecipare alla discussione, alla luce dell'accettazione della sua presenza.

Da ciò consegue che la condomina proprietaria può quindi farsi accompagnare dal marito se l'assemblea è d'accordo.

Sentenza
Scarica Cass. 8 luglio 2021 n. 19435
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