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Alla mediazione partecipa l'amministratore condominiale

Con la riforma Cartabia non è più necessaria la previa autorizzazione dell'assemblea, cui spetta però decidere sull'accordo di conciliazione.
Avv. Gianfranco Di Rago 

Una delle principali novità della mediazione post riforma Cartabia in materia di liti condominiali è sicuramente quella del venir meno della necessità dell'autorizzazione assembleare perché l'amministratore attivi, aderisca e partecipi ai procedimenti dei quali è parte il condominio. Quali possono essere i pro e i contro della nuova impostazione? Vediamo di capirlo meglio insieme.

La legittimazione in mediazione dell'amministratore di condominio

Il nuovo art. 5-ter del D.Lgs. 28/2010 dispone ora testualmente che l'amministratore del condominio è legittimato ad attivare un procedimento di mediazione, ad aderirvi e a parteciparvi.

In precedenza l'art. 71-quater Disp. att. c.c., introdotto con la riforma del condominio del 2012, indicava già nell'amministratore il soggetto legittimato alla partecipazione alla procedura, in qualità di mandatario dei condomini e legale rappresentante del condominio, ma subordinava il tutto a un'autorizzazione assembleare da assumere con la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c. (maggioranza dei presenti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio).

Detta autorizzazione, oltre a investire formalmente l'amministratore del potere di prendere parte agli incontri di mediazione in nome e per conto dei condomini, aveva naturalmente l'effetto pratico di consentire a questi ultimi di incontrarsi in assemblea per essere informati delle pretese della controparte, confrontarsi nel merito, decidere se partecipare o meno al procedimento (previa valutazione delle conseguenze processuali di un possibile rifiuto) e fornire all'amministratore eventuali indicazioni/istruzioni sull'impostazione della trattativa.

La solitudine dell'amministratore

Ora l'amministratore, oltre poter attivare a sua discrezione una procedura di mediazione, può anche liberamente decidere se partecipare o meno al procedimento cui sia stato invitato il condominio.

Soprattutto in quest'ultimo caso è altamente probabile che l'amministratore non convochi preliminarmente l'assemblea. D'altronde lo scopo di tale modifica normativa sembrerebbe essere proprio questo.

Preoccupato di contenere i tempi del procedimento di mediazione, che a sua volta si riflettono su quelli del processo, la cui riduzione è lo scopo dichiarato della riforma, il Legislatore ha pensato bene di saltare la fase di autorizzazione assembleare che precedeva la partecipazione del condominio alla mediazione, legittimando l'amministratore a decidere da solo.

Non si può non evidenziare la contraddittorietà di tale scelta, perché in tal modo i condomini, portatori degli interessi sostanziali che dovrebbero essere soppesati in mediazione, vengono messi da parte, lasciando a un unico soggetto, per di più estraneo alla compagine condominiale, l'onere di decidere se partecipare alla mediazione e di disporre degli interessi in gioco ai fini della composizione della lite. Ed è bene ricordare che in mediazione dovrebbero essere oggetto di confronto non solo e non tanto gli aspetti tecnici, quanto quelli sostanziali.

L'amministratore del condominio invitato in mediazione si trova ora nella scomoda posizione di chi deve decidere in fretta del destino dei propri amministrati senza avere avuto il tempo di saggiarne l'umore, con tutte le responsabilità che ciò comporta.

Se aderirà alla mediazione gli si chiederà conto dei costi (quelli da versare all'organismo e quelli da riconoscere al difensore del condominio).

Se non aderirà gli si rinfaccerà di non avere nemmeno tentato di evitare la lite e lo si riterrà responsabile dell'eventuale aggravio di spesa in sede processuale.

Ma, al di là di questo, si rischierà di mandare allo sbaraglio un soggetto che poco o nulla potrebbe sapere delle ragioni sostanziali del conflitto e che, in ogni caso, poco saprà di cosa pensano di tale questione i propri condomini.

Il consiglio per l'amministratore del condominio invitato a partecipare a una mediazione è quindi quello di fare di tutto per convocare e svolgere l'assemblea prima della data fissata dall'organismo.

Quando può svolgersi la mediazione condominiale?

Per quanto più difficile, ciò è ancora possibile, sia perché il primo incontro tra le parti deve tenersi almeno 20 giorni dopo il deposito dell'istanza sia perché l'art. 8 D.Lgs. 28/2010 fa salva una diversa concorde indicazione delle parti in ordine alla data di tale incontro.

Nulla vieta poi all'amministratore di svolgere un'assemblea almeno durante lo svolgimento della mediazione, in modo da aggiornare i condomini sull'andamento della procedura e sulle posizioni espresse dalla controparte.

L'accordo di conciliazione

Anche perché, se è vero che l'accettazione dell'eventuale accordo di conciliazione individuato nel corso del procedimento continua invece a essere appannaggio dell'assemblea, è vero anche che esso in tale fase perviene ai condomini per così dire già "confezionato", nel senso che a questi ultimi è concesso solo di accettarlo o rifiutarlo.

La riforma Cartabia non brilla poi per chiarezza nemmeno nella determinazione del quorum necessario per l'approvazione dell'accordo di conciliazione.

Se, infatti, l'art. 71-quater Disp. att. c.c. indicava chiaramente la maggioranza di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c., l'art. 5-ter parla genericamente delle maggioranze di cui al predetto art. 1136 c.c., senza specificare il quorum effettivamente applicabile.

Tuttavia, poiché il quorum della maggioranza dei presenti che rappresenti almeno la metà del valore dell'edificio è quello generalmente ritenuto sufficiente dalla giurisprudenza per le transazioni condominiali, il problema sembrerebbe facilmente risolto.

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