Qualora un soggetto subisca un danno causato da un bene comune difettoso trova applicazione l'art 2051 c.c., ai sensi del quale ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.
In ordine a tali beni, pertanto, qualora si verifichi un danno a terzi, il condominio ne risponde ai sensi dell'articolo 2051 c.c.
È vero però che chi cade potrebbe non avere testimoni dalla sua parte; del resto non è possibile limitarsi a dimostrare il fatto in sé, cioè la caduta e i danni fisici subìti. La questione è stata recentemente affrontata da un recente decisione del Tribunale di Milano (sentenza n. 8338 pubblicata il 26 ottobre 2023).
Il dislivello insidioso "mimetizzato" può costare caro al condominio. Fatto e decisione
La figlia di una condomina, dopo aver eseguito una visita alla madre, residente presso un condomino, nel tornare a casa, imboccava l'ascensore e, giunta al piano terra, si portava dall'andito condominiale del piano ascensori, attraversava il portone d'ingresso, e si immetteva nel porticato seminterrato con l'intento di uscire dal cancello pedonale; tuttavia, dopo aver oltrepassato il portone, a distanza di 2-3 metri in direzione dell'uscita pedonale, la donna inciampava con la punta della scarpa su una sporgenza di 2-3 cm, formata da un lato di un tombino quadrato lastricato in beole di pietra identiche a quelle della pavimentazione condominiale, disallineato rispetto al piano del calpestio, rovinando a terra.
Poco dopo il sinistro, il condominio provvedeva alla riparazione del chiusino disallineato; inoltre, a tacitazione di ogni pretesa, la compagnia assicuratrice del condominio corrispondeva all'attrice una somma pari ad Euro 1.000,00, cui seguiva, da parte della danneggiata, l'invito alla negoziazione assistita, rimasto tuttavia priva di riscontro.
Successivamente, la donna citava davanti al Tribunale il condominio, richiedendo l'accertamento della responsabilità del convenuto ex art. 2051 c.c. e la conseguente condanna al risarcimento dei danni subiti in occasione della caduta.
L'attrice faceva presente che all'episodio aveva assistito una testimone, residente nel condominio; inoltre aggiungeva che, a seguito della caduta, era stata trasportata presso il pronto soccorso dell'ospedale (ove le era stata diagnosticata una frattura radio distale a sinistri con prognosi di 30 giorni) e successivamente era stata sottoposta a perizia medico-legale.
La donna pretendeva il risarcimento dei danni non patrimoniali in virtù dell'invalidità temporanea e permanente subita, nonché il ristoro del danno morale in misura non inferiore ad 1/3 del complessivo danno alla salute; inoltre richiedeva il rimborso del danno patrimoniale emergente per la redazione del parere medico-legale.
Il condominio chiedeva la chiamata in causa della assicurazione per essere manlevato e il rigetto delle pretese in quanto carenti del nesso causale fra cosa custodita ed evento dannoso (i condomini sostenevano che l'insidia era percepibile in quanto il sinistro si era verificato in un'area esterna all'abitato alle ore 14.00 del pomeriggio).
L'assicurazione contestava la fondatezza della domanda dell'attrice per carenza di prova in relazione al fatto storico, non risultando in alcun modo confermata la presenza della teste oculare sul luogo del sinistro.
In via subordinata, chiedeva, tra l'altro, tenersi conto, ai fini dell'eventuale condanna al pagamento di qualsivoglia somma a favore dell'attrice, del danno provato e dei limiti di massimale previsti dal contratto. Il Tribunale ha ritenuto accertata la responsabilità da custodia del condominio e pertanto lo ha condannato a corrispondere alla danneggiata il danno non patrimoniale e patrimoniale. Le prove fornite dall'attrice sono risultate convincenti.
Le foto hanno evidenziato la presenza di un tombino insidioso con plurime sconnessioni tali da creare il dislivello di qualche centimetro rispetto al piano calpestabile; secondo lo stesso giudice l'insidia non era facilmente percepibile a causa dell'identità dei materiali utilizzati per la costruzione del chiusino rispetto alla pavimentazione, entrambi realizzati in mattonelle in pietra dello stesso colore.
Del resto, la posizione del tombino, collocato al di sotto del porticato, ha indotto il giudicante a sostenere che lo stesso non fosse pienamente illuminato da luce naturale.
In ogni caso, ad avviso del Tribunale, le dichiarazioni del testimone sono risultate circostanziate, del tutto prive di vizi di contraddittorietà e, di conseguenza genuine.
Per il giudice milanese non si può escludere che la testimone abbia potuto assistere alla caduta trovandosi in una zona lontana e sopraelevata rispetto al punto della stessa, non avendo il condominio in alcun modo provato che la sua visuale fosse occlusa o impedita al momento del sinistro.
Infine, il Tribunale ha escluso che la conoscenza dello stato dei luoghi abbia inciso sul nesso causale fra cosa e danno, non essendo emerse prove sulla frequenza con cui la danneggiava si recava in visita dalla madre.
Il giudice meneghino ha accolto la domanda di manleva avanzata dal condominio nei confronti della propria compagnia di assicurazione.
Obbligo di sicurezza del condominio: responsabilità per danni a terzi
Il condominio è obbligato ad adottare tutte le precauzioni necessarie affinché i condomini o i terzi estranei non subiscano un danno per colpa delle cose comuni (scale, ascensori, tetti, facciate, cortili, ecc.).
Tale responsabilità da custodia è disciplinata dall'articolo 2051 c.c., secondo cui chi ha il potere di controllo e di vigilanza su una cosa risponde dei danni da essa causati, fino al limite del caso fortuito, quando, cioè, il danno derivi da un episodio del tutto imprevedibile e inevitabile, ivi compresa l'eventuale condotta imprudente dello stesso danneggiato.
Spetta in ogni caso al condominio dimostrare la colpa del danneggiato e che la caduta determinata da un dislivello sia stata causata da un suo comportamento poco attento.
La Cassazione ha ritenuto che il sinistro subito dalla ricorrente, rovinosamente caduta uscendo da un ascensore che si era arrestato con un dislivello di circa 20 centimetri rispetto al piano, fosse causalmente attribuibile alla disattenzione della stessa ricorrente, in considerazione delle condizioni di illuminazione e della presenza di una doppia porta di apertura dell'ascensore, circostanze che avrebbero reso superabile il pericolo creato dal detto dislivello tenendo un comportamento ordinariamente cauto (Cass. civ., sez. III, 22/06/2016, n. 12895).
Più recentemente si è precisato che l'ordinaria cautela deve essere valutata tenendo conto delle condizioni del soggetto al quale è richiesta (Trib. Savona 22 marzo 2021, n. 226).