Condominio Web: Il portale N.1 sul condominio
Iscriviti alla
Newsletter
chiudi
Inviaci un quesito

Mediazione in condominio. Quali sono i requisiti di procedibilità?

La necessaria simmetria tra domanda di mediazione e successiva domanda giudiziale.
Avv. Fabrizio Plagenza - Foro di Roma 

Il d.l. 21.06.2013 n.69, c.d. "decreto del fare" poi convertito nella legge n. 98/2013, ha reintrodotto l'obbligo della mediazione civile e commerciale, per le materie di cui all'art. 5 del d.lgs. n. 28/2010 fra cui si annoverano quelle condominiali.

Il Legislatore è così intervenuto con l'art. 71 quater delle disposizioni di attuazione del Codice Civile, introdotto dalla legge 11.12.2012 n. 220 per disciplinare il procedimento di mediazione per le controversie in materia di condominio.

Il citato Art.71 quater disp. att. C.C., dispone che "Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro III, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l'attuazione del codice.

La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.

Al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice.

Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.

La proposta di mediazione deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.

Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l'amministratore di munirsi della delibera assembleare".

Sempre secondo il tenore letterale dell'art. 71 disp. att. c.c., primo comma, per controversie "in materia di condominio" cui fa riferimento il citato d.lgs. n. 28/2010, occorre avere riguardo a tutte le controversie contemplate dagli artt. che vanno dal 1117 al 1139 c.c. che anche alle previsioni delle disposizioni di attuazione al codice civile, in materia di condominio.

L'oggetto in cui rientra la c.d. materia condominiale è così ampio da creare, spesso, problemi di "connessione" tra le varie fasi procedurali astrattamente ipotizzabili, che si attivano in relazione ai diritti condominiali.

Nei meandri giudiziari, infatti, spesso insorgono questioni procedurali ed eccezioni di rito che, a primo impatto, sembrerebbero tenere alla larga quello che è il vero "thema decidendum".

Essendo, dunque, strettamente correlate la Mediazione in materia condominiale e le liti giudiziarie aventi lo stesso oggetto, ci si chiede, quindi, cosa possa accadere in quei casi in cui manchi una connessione tra la fase di mediazione e la fase giudiziale.

In buona sostanza: è necessario che la domanda giudiziale in materia condominiale ricalchi la precedente domanda di mediazione? Oppure sono configurabili possibili differenze? Ed in caso affermativo, in che limiti? Quali conseguenze in caso di divergenza?

Ciò accade in particolar modo in quei procedimenti che, in ossequio alle disposizioni normative in essere, prevedono un necessario doppio binario. Si fa riferimento, in materia condominiale, alla mediazione innanzi ad un Organismo di Mediazione che, come noto, è prevista dal D.Lgs. 28/2010 ed al collegamento con l'eventuale e successivo giudizio da instaurarsi innanzi all'Autorità Giudiziaria.

Liti condominiali: accordo valido in mediazione con la firma del solo avvocato. Una soluzione innovativa del Tribunale di Roma.

Il problema di coordinamento tra le "due fasi" è concreto e non meramente ipotetico.

Ed infatti, è noto che l'istanza di mediazione debba possedere determinati requisiti ed, in particolar modo, quelli indicati dall'art. 4, comma 2 del d.lgs. 28/2010 a mente del quale "L'istanza deve indicare l'organismo, le parti, l'oggetto e le ragioni della pretesa".

La ratio di tale previsione è quella di ottenere, in caso di eventuale successivo giudizio, una simmetria tra la disposizione richiamata (ar.4 comma 2 D.Lgs. 28/2010) e l'art. 125 c.p.c., circa il contenuto degli atti processuali, fatta la sola eccezione per gli "elementi di diritto".

È necessario, dunque, che vi sia un raccordo tra domanda di mediazione e domanda giudiziale.

Ciò in quanto, occorre una necessaria simmetria tra fatti narrati in sede di mediazione e fatti esposti in sede processuale, almeno per i fatti principali.

La questione, come detto, non è puramente teorica e/o di principio, atteso che, in difetto, l'effetto a cui si soggiace è quello di una improcedibilità della domanda giudiziale.

Se, infatti, si decidesse di instaurare un giudizio innanzi all'Autorità Giudiziaria che avesse una "causa petendi e petitum" o, per meglio intenderci, una domanda nuova, allora si assisterebbe ad una domanda giudiziale completamente diversa da quella di mediazione, da qualificarsi come domanda nuova, in merito alla quale non risulterebbe essere stato esperito il necessario filtro della mediazione obbligatoria dell'art. 5 del d.lgs. 28/2010.

Art. 185 bis e mediazione "bis": possibile calendarizzare un secondo tentativo di mediazione?

Corollario di quanto detto sarebbe la dichiarazione di improcedibilità.

Per quanto sopra detto, infatti, è pacifico che l'istanza di mediazione debba avere gli stessi elementi (parti, oggetto e ragioni), riproposti in sede processuale (personae, petitum e causa petendi dell'art. 125 c.p.c.).

Elemento di valutazione tra le "due fasi" è in particolare quello relativo alla "causa petendi" e, cioè, le "ragioni della domanda" che, come detto, deve essere simmetrica tra mediazione e giudizio: per questo motivo, i fatti principali costitutivi della pretesa sul piano del an devono essere gli stessi.

Anche il "petitum", identificato con l'oggetto della pretesa (quello che si chiede) deve essere simmetrico - in fase di mediazione - rispetto a quello processuale.

Il peritum necessariamente simmetrico, poi, andando nello specifico, deve essere quello c.d. "mediato", potendosi concedere una deroga alla predetta simmetria a quello che viene identificato quale "petitum immediato".

Per intenderci, in una domanda di risarcimento danni di Euro 1.000,00 distinguiamo il petitum mediato, identificandolo con la domanda di risarcimento danni dal petitum immediato identificato nella specifica richiesta del danno quantificato in euro 1.000,00.

Ciò comporta che se in fase di mediazione venisse richiesto un importo inferiore, rispetto all'importo poi richiesto con la domanda giudiziale, il giudizio incontrerebbe l'ostacolo dell'improcedibilità.

Della questione è stato interessato il Tribunale di Milano il quale si è pronunciato con la sentenza n.836 del 23 gennaio 2018, con la quale ha definito una controversia promossa da un condominio avverso uno dei condomini ed l'inquilino di costui per violazione del regolamento condominiale.

Nella sentenza in questione, per la parte qui di nostro interesse, il Tribunale milanese ha affrontato la questione della c.d. "simmetria" tra l'istanza di mediazione ed il successivo "petitum" e "causa petendi" dell'atto di citazione. Infatti, nel caso deciso, in mediazione il condominio aveva fatto valere la violazione del regolamento di condominio, mentre nel successivo giudizio aveva implementato l'oggetto della causa con la violazione dell'art. 1122 del c.c.

Il Tribunale di Milano, in sentenza, rigettava l'eccezione sollevata in merito dalla parte convenuta in giudizio, sulla scorta della "identità dei fatti posti a fondamento dell'istanza di mediazione e dell'azione giudiziale", ritenendo che, in considerazione del fatto che oggetto della istanza di mediazione era la violazione dell'estetica e del decoro architettonico dell'edificio, si doveva pervenire alla conclusione che si trattava, in giudizio, del medesimo diritto tutelato sia dal regolamento che dal Codice.

Il Tribunale di Pordenone, recentemente, con sentenza del 18 Febbraio 2019 ha ribadito che "in tema di mediazione obbligatoria, deve ritenersi sufficiente, al fine di ritenere soddisfatto il requisito di procedibilità, che i fatti posti a fondamento della domanda siano gli stessi del successivo giudizio, a nulla rilevando l'esatta qualificazione giuridica della vicenda, operazione riservata al successivo giudizio di merito.

L'istanza di mediazione non richiede anche l'indicazione egli elementi di diritto, come avviene invece per la citazione".

Con la predetta sentenza, il Tribunale di Pordenone ha ritenuto di respingere l'eccezione preliminare di improcedibilità sollevata dal convenuto per l'asserita mancanza del procedimento di mediazione obbligatorio prima del giudizio.

Ed infatti, agli atti risultava che l'attore avesse ritualmente esperito il procedimento dinanzi all'Organismo di Mediazione di Pordenone. Tuttavia, parte convenuta, costituendosi in giudizio, eccepiva che in sede di mediazione, l'attore avesse fatto riferimento solo alla domanda di risoluzione del contratto e non anche alla domanda di riduzione del prezzo azionata nel giudizio.

Da qui, il convenuto chiedeva accertarsi e dichiararsi l'improcedibilità della domanda giudiziale. Tuttavia, il Tribunale con la sentenza in commento, ha ritenuto non provata la predetta eccezione per non aver, il convenuto, fornito alcun elemento da cui emerga quale fosse l'oggetto dell'invito alla mediazione e che dal verbale di mediazione non risultava la descrizione dei fatti.

Di talché, il Tribunale di Pordenone ha ritenuto che, "pur dando per provato quanto affermato dal convenuto, deve ritenersi sufficiente, al fine di ritenere soddisfatto il requisito di procedibilità, che i fatti posti a fondamento della domanda siano gli stessi, a nulla rilevando l'esatta qualificazione giuridica della vicenda, operazione riservata al successivo giudizio di merito".

La motivazione con la quale il Tribunale rigettava l'eccezione di improcedibilità della domanda traeva origine nel fatto che l'art. 4, d. lgs. 28/2010 richiede che siano indicate le "ragioni della pretesa", con ciò riferendosi, si legge in sentenza, "evidentemente ai fatti oggetto della pretesa (trattandosi di un procedimento anteriore al giudizio), in cui la ragione della pretesa deve intendersi quella della verificazione di un accadimento ingiusto".

Il Giudice, inoltre, esplicitava la motivazione rappresentando che l'istanza di mediazione non richiede anche l'indicazione degli "elementi di diritto", come avviene invece per la citazione, ex art. 163 c.p.c.".

Nel caso specifico il convenuto lamentava la divergenza (asimmetria) tra domanda di mediazione e domanda giudiziale facendo riferimento tuttavia soltanto al fatto che l'attore aveva indicato, in sede di mediazione, solo la domanda di risoluzione del contratto anziché anche quella di riduzione del prezzo.

È chiaro che, in conclusione, l'istanza di mediazione non deve tradursi in un equivalente atto giudiziario, non essendo richiesta la presenza di elementi di diritto.

Appare corretto tuttavia, indicare i medesimi elementi fattuali costitutivi che devono trovare corrispondenza nel successivo giudizio di merito.

Sentenza inedita
Scarica Tribunale Pordenone, 18 Febbraio 2019
  1. in evidenza

Dello stesso argomento