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Recupero degli oneri condominiali: l'amministratore di condominio deve essere autorizzato dall'assemblea

Il Tribunale di Roma ha affrontato l'annosa questione della delibera autorizzativa prevista a partire dal 2013 affinché l'amministratore possa partecipare alla procedura di mediazione.
Avv. Caterina TOSATTI - Foro di Roma 

La mediazione inerente gli oneri condominiali può dirsi compiutamente esperita - e pertanto la condizione di procedibilità è soddisfatta - solamente laddove l'Amministratore del Condominio si presenti ad essa munito della delibera di autorizzazione a parteciparvi adottata dall'Assemblea ai sensi dell'art. 71 quater disp. att. c.c.

Con la sentenza del 10 settembre 2018, il Tribunale di Roma ha affrontato l'annosa questione della delibera autorizzativa prevista a partire dal 2013 affinché l'amministratore possa partecipare alla procedura di mediazione introdotta tre anni prima dal D. Lgs. 28/2010.

Tuttavia, la pronuncia in commento non chiarisce alcuni punti e poiché spesso gli Amministratori ci chiedono come comportarsi dinnanzi ad una convocazione in Mediazione e nella successiva seduta, è opportuno approfittare dell'occasione per approfondire determinate tematiche che non vengono spesso affrontate o vengono discusse con approssimazione.

Nella sezione "In conclusione", si cercherà di dare un Vademecum per gli Amministratori che affrontino la Mediazione.

Il fatto. Un Condominio agisce verso una condòmina per ottenere il pagamento della somma di Euro 2.000,00 a titolo di oneri condominiali inevasi.

Non ci è dato di capire, dalla narrazione, se il Condominio abbia agito in via ordinaria o monitoria, tuttavia propendiamo per l'azione ordinaria atteso che la 'responsabilità' per il mancato esperimento della Mediazione obbligatoria è stata addossata al Condominio - se si fosse trattato di ricorso per Decreto ingiuntivo, con il Condominio in posizione di creditore opposto, l'onere di proporre la Mediazione sarebbe stato imputato alla condòmina opponente, non al Condominio e se l'opposizione al Decreto ingiuntivo fosse stata dichiarata improcedibile, ciò non avrebbe certamente nuociuto al Condominio, bensì alla condòmina.

Il Giudice di Pace, competente per valore, dichiara improcedibile la domanda del Condominio; infatti, sostiene il Giudice onorario, il Condominio, pur invitato dallo stesso giudice, non ha regolarmente attivato la procedura di Mediazione obbligatoria, causa la mancata adozione da parte dell'Assemblea condominiale, nonostante il rinvio dell'incontro di Mediazione, della delibera di autorizzazione all'Amministratore di parteciparvi.

Il Condominio impugna la sentenza del Giudice di Pace presso il Tribunale, competente per la fase di appello, affermando che l'oggetto della controversia non fosse sottoposto alla Mediazione obbligatoria e che, in ogni caso, essendo stato invitato dal Giudice di Pace ad esperirla, lo stesso Condominio avesse bene e regolarmente adempiuto attivando la procedura, che poi si era conclusa negativamente.

Non solo. Trattandosi di recupero di oneri condominiali, ai sensi degli artt. 1129 e 1130 c.c., l'Amministratore era pienamente legittimato ad agire, senza necessità di delibera preventiva e ciò, secondo la difesa del Condominio, deve valere a maggior ragione per la procedura di Mediazione.

Pertanto, conclude il Condominio, è dovuta e legittimamente richiesta la condanna della condòmina al pagamento della somma di Euro 2.000,00 - somma derivante da delibera assembleare mai impugnata dalla stessa.

La condòmina si costituisce eccependo la nullità della delibera, poiché essa afferma che gli oneri relativi ad alcuni lavori alla rete fognaria fossero stati imposti (interamente?) a lei, in pieno spregio del criterio dettato dall'art. 1123 c.c.

La decisione. Il Tribunale, con la sentenza in commento, ha deciso rigettando l'appello del Condominio.

Secondo il Tribunale, la domanda è improcedibile: infatti, bene ha deciso il Giudice di Pace, di fronte ad un verbale dove si dava atto che l'Amministratore del Condominio era comparso dinnanzi al Mediatore con un verbale di Assemblea dove era mancato il quorum per deliberare la partecipazione alla Mediazione, così che il Mediatore aveva chiuso la stessa con il mancato esperimento, perché la Mediazione non era stata di fatto nemmeno avviata, posto che l'Amministratore non aveva la legittimazione assembleare a parteciparvi.

Inoltre, l'oggetto della controversia (recupero oneri condominiali) rientra appieno nella 'materia condominiale' soggetto alla Mediazione obbligatoria, per effetto del disposto dell'art. 71 quater disp. att. c.c., per cui il Giudice di Pace non ha errato nemmeno sotto tale profilo.

Supercondominio e tentativo di mediazione

Circa poi l'argomento che qui ci interessa, ovvero se l'Amministratore, pure legittimato in via autonoma e giudiziale a riscuotere i crediti condominiali verso i condòmini morosi, debba farlo solamente dietro delibera assembleare, laddove il recupero si trasferisca dalla sede giudiziale a quella della risoluzione alternativa del conflitto data dalla Mediazione, il Giudice d'appello ritiene che questo debba avvenire in ogni caso.

Egli richiama l'attenzione sulla diversa disciplina dettata per il recupero crediti giudiziali e la procedura di mediazione (dove si può discutere di recupero crediti a fronte del disposto dell'art. 71 quater disp. att. c.c.), ritenendo che quest'ultima prevalga, per un principio di diritto delle fonti, in quanto lexspecialis.

Vediamo perché.

La legittimazione dell'Amministratore per il recupero crediti 'giudiziale'. Ai sensi dell'art. 1130, 1° comma, n. 3), c.c., tra i vari compiti assegnato all'Amministratore del Condominio vi è anche «riscuotere i contributi ed erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni;».Da questa norma si fa comunemente discendere il potere dell'Amministratore di richiedere il pagamento degli oneri condominiali e di pagare i fornitori con il denaro raccolto presso i condòmini e non potrebbe essere altrimenti pena la paralisi della vita dell'edificio.

Tanto è vero questo che, in virtù dell'art. 1129, 9° comma, c.c., «Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice». Pertanto, entro il giugno di ogni anno, l'Amministratore, pur non avendo ancora eventualmente indetto l'Assemblea ordinaria per il rendiconto annuale, potrà comunque agire in base al preventivo approvato dall'Assemblea precedente.

Infatti, l'art. 63, 1° comma, disp. att. c.c. ci ricorda che «Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi».

È però pur vero che, nel quadro sopra delineato, si osserva come il potere dell'Amministratore di agire autonomamente per la riscossione allo scopo di mantenere le parti comuni ed erogare i servizi comuni non poggi su una vera e propria autonomia decisionale, bensì su una rendicontazione, consuntiva o preventiva che sia, di qualche genere.

Ragioniamo sulla seguente ipotesi: l'Amministratore presenta un preventivo presso l'Assemblea del Condominio X e viene nominato a gestirlo. Ebbene, effettuato il passaggio di consegne con il precedente gestore, il nostro Amministratore potrebbe trovarsi dinnanzi alcune morosità dei condòmini del Condominio X.

A questo punto, il nostro Amministratore non agirà tanto o solo in base ad un proprio autonomo potere decisionale o operativo che dir si voglia, bensì in virtù del rendiconto (consuntivo) o del preventivo da ultimo approvati dal Condominio X, in virtù dei quali il condòmino del suddetto Condominio X dovrà corrispondere un saldo di gestione anno precedente di Euro N e n. 4 rate di Euro NN per la gestione in corso.

Il nostro Amministratore potrà allora ottenere un Decreto ingiuntivo esecutivo, ma sulla base delle scritture contabili approvate, sebbene durante la precedente gestione e da lui ereditate.

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Da ultimo, questo ci è stato ricordato dalla Cassazione, con l'ordinanza 20 dicembre 2018, n. 33046 della Sezione VI, Sottosez. 2: «L'amministratore di un condominio è legittimato ad agire - ed a chiedere, perciò, l'emissione del decreto ingiuntivo previsto dall'art. 63 disp. att. cod. civ. - contro il condomino moroso per il recupero degli oneri condominiali, una volta che l'assemblea condominiale abbia deliberato sulla loro ripartizione, nonostante la mancanza dell'autorizzazione a stare in giudizio rilasciata dall'assemblea medesima; e, poiché la fonte di tale potere discende dall'approvazione assembleare del piano di ripartizione, non v'è ragione di distinguere tra gli oneri condominiali relativi a spese ordinarie e quelli riguardanti le spese straordinarie.».

A conferma di ciò, siamo coscienti del fatto che l'Amministratore non può raccogliere fondi non preventivamente approvati dall'Assemblea, ciò che sarebbe reale espressione di un'autonomia decisionale delle sua figura, salvo unicamente il caso delle spese di manutenzione straordinaria ed urgenti, le quali non devono essere preventivamente autorizzate, ma vanno unicamente rendicontate, cioè nella prima Assemblea utile l'Amministratore dovrà riferire dell'esecuzione dei lavori, spiegarne l'urgenza, dare conto della spesa globale occorsa e di quella eventualmente ancora da erogare e produrne il riparto.

Poiché nella pratica quotidiana delle riunioni condominiali e delle aule di giustizia il problema sorge spesso, è opportuno precisare che, per la formulazione dell'art. 1135, 2° comma, c.c., la norma che prevede la rendicontazione della manutenzione straordinaria ed urgente, una volta appurato che:

  • si tratta di spese relative ad opere di manutenzione;
  • si tratta di manutenzione straordinaria e
  • si tratta di opere che sia urgente eseguire,

l'Assemblea non ha margine di discussione, essendo obbligata ad approvarne il rendiconto.

Insomma, il rendiconto delle opere straordinarie ed urgenti può essere NON APPROVATO dall'Assemblea solamente nell'ipotesi in cui non siano integrati i 3 requisiti sopra visti, poiché, se fosse altrimenti, si arriverebbe all'assurdo per cui i condòmini potrebbero rifiutare di pagare per le opere, realmente straordinarie ed urgenti, fatte eseguire dall'Amministratore a beneficio del Condominio.

Cosa significa tuttavia che l'Amministratore è legittimato al recupero dei crediti?

Innanzitutto, come visto sopra, egli potrà agire - per le cause di valore inferiore agli Euro 1.100,00, anche in proprio - per ottenere un Decreto ingiuntivo esecutivo, cioè un provvedimento che imponga al condòmino di pagare immediatamente dopo la notifica del provvedimento, pena l'esecuzione forzosa.

Ciò ovviamente significa che l'Amministratore, laddove necessario (cause di valore superiore agli Euro 1.100,00) potrà conferire il mandato ad un avvocato di sua fiducia affinchè segua il procedimento monitorio e, ove il condòmino non adempia, l'esecuzione forzata.

Inoltre, l'Amministratore potrà costituirsi nell'eventuale opposizione al Decreto ingiuntivo che il condòmino dovesse notificare, senza necessità di preventiva delibera assembleare.

Ecco che allora si comprende il ragionamento argomentativo della difesa del Condominio nella fattispecie che ha portato alla pronuncia in commento - si comprende, ma non si può condividere.

Se l'Amministratore può agire per la riscossione - anche, come in questo caso, scegliendo la via ordinaria anziché quella del ricorso per Decreto ingiuntivo - e può addirittura costituirsi nell'eventuale opposizione o nell'appello, perché non può altrettanto sedersi dinnanzi al condòmino al tavolo di Mediazione e negoziare con lui un accordo amichevole?

Nel caso di specie, però, il ragionamento si rivela fallace anche per altro ordine di motivi, non rilevati né dal Giudice di Pace, né dal Tribunale.

Poiché l'art. 5, 4° comma del D. Lgs. 28/2010 prevede che il procedimento di ingiunzione (ricorso per Decreto ingiuntivo) sia escluso dall'obbligatorietà della Mediazione, molti ritenevano che il recupero dei crediti condominiale non fosse incluso nella Mediazione 'condominiale'.

Attenzione: l'art. 5, 4°c. citato non si riferisce al merito della causa da proporre, ma alla modalità processuale prescelta. Nel caso di specie, il Condominio che chiedeva alla condòmina il pagamento di Euro 2.000,00 tramite azione ordinaria avrebbe dovuto esperire la Mediazione PRIMA di avviare la causa dinnanzi al Giudice di Pace.

Il Tribunale di Roma ha scelto di dirimere la controversia facendo uso del principio che regge la teoria delle fonti del diritto, per cui, nel contrasto tra due norme di legge di pari rango che regolino la medesima fattispecie, si concede la precedenza a quella che la disciplina in modo maggiormente puntuale oppure che si riferisce ad un aspetto particolare di essa.

Nel nostro caso, sostiene il Giudice, l'art. 63 disp. att. c.c. è norma 'generale' sul potere di agire per la riscossione forzosa dell'Amministratore, ma l'art. 71 quater disp. att. c.c., che regola la partecipazione del Condominio alla Mediazione, anche per la materia del recupero degli oneri, è norma 'speciale' inerente esclusivamente la procedura di Mediazione, per cui deve prevalere quest'ultima norma.

La distinzione tra «disporre della lite» e «negoziare sulla res controversa». È molto interessante l'utilizzo delle due locuzioni « disporre della lite» e « negoziare sulla res controversa» utilizzate dal Giudice dell'appello nel seguente passaggio della sentenza:

«[…] la legge distingue chiaramente la legittimazione dell'amministratore ad agire in giudizio per la riscossione dei contributi (art. 1130, comma 1 n. 3, cod. civ. e art. 63 disp. att.) dalla legittimazione dello stesso a partecipare alla procedura di mediazione, richiedendo espressamente in quest'ultimo caso la delibera dell'assemblea, diversità di disciplina che trova chiaramente la sua ragion d'essere nella necessità di conferire a chi interviene in mediazione la possibilità di disporre della lite, vale a dire di negoziare sulla res controversa, salva poi la ratifica da parte dell'assemblea della proposta di mediazione (art. 71 quater, comma 5 ), e quindi nell'esigenza di potenziare la finalità di composizione della controversia connaturata alla procedura di mediazione».

Ci esprimevamo già in altro articolo sul punto (v. l'articolo "Il condòmino è in conflitto di interessi? Come comportarsi " in Il condòmino è in conflitto di interessi? Ecco come comportarsi), ma si ritiene opportuno tornare a ribadire alcuni concetti.

Anche a giudicare dai primi commenti alla sentenza n. 8473 del 27 marzo 2019 della Cassazione, risulta evidente persino ad un osservatore poco accorto come la Mediazione sia, a distanza di 9 anni dalla sua nascita, ancora un elemento nuovo e vissuto con fatica dalla nostra società.

Nuovo perché le persone, i comuni cittadini, che dovrebbero essere coloro che ne beneficiano in misura prevalente, la ignorano pressoché totalmente: non ne conoscono le caratteristiche né i benefici, non sono istruiti sul suo utilizzo, né sono posti in grado di coglierne le immense potenzialità.

Come noto, poiché chi scrive non è certamente la prima voce in tal senso, l'errore è consistito nell'incastonare la Mediazione, che è A.D.R. - Alternative Dispute Resolution, cioè un METODO DI RISOLUZIONE ALTERNATIVA DEI CONFLITTI, all'interno del processo civile.

Questo inserimento, ad opera del Legislatore, ha favorito la nascita di un pregiudizio: ovvero che la Mediazione consista e sia ricompresa in un'appendice del giudizio.

Cosa significa questo? Significa infondere nel lettore del Decreto 28/2010, la norma che disciplina la Mediazione, l'idea fuorviante per cui la Mediazione è PARTE del processo, dell'azione giudiziale.

Ma ancor più, a livello logico, significa dare per scontato che ogni problema possa essere risolto, fallita ogni altra via, dal diritto: così, purtroppo, non è.

La risoluzione alternativa dei conflitti - dei conflitti, appunto, non delle cause giudiziali - insegna al contrario che ogni problema ha vari aspetti: tra questi, può esservi un aspetto giuridico. Così come potrebbe mancare.

A ben vedere, infatti, la risoluzione dell'aspetto giuridico non potrebbe avere altra via se non quella giudiziale, altrimenti sì che si lascerebbe l'amministrazione della giustizia in mano ai privati, come paventano i detrattori della Mediazione dall'anno 2010: invece, una volta risolto il problema che coinvolge le parti, potrebbe anche accadere che l'aspetto giuridico possa essere abbandonato.

Fintantoché continueremo a vivere nell'idea che la Mediazione è appendice, accidente, anticamera dell'aula di Tribunale, sprecheremo il nostro tempo e quello altrui, nonché notevoli risorse economiche.

Con questo non si vuole insinuare che il diritto non serva a nulla; si vuole invece affermare che la Mediazione - o le ADRs in generale - servono ad altro.

Fatta questa necessaria premessa, torniamo alle due frasi usate dal Giudice nella sentenza in commento, sintomatiche del fraintendimento su ciò che si fa - che si dovrebbe fare - nella stanza di Mediazione.

Il Giudice afferma, in buona sostanza, che 'disporre della lite' e 'negoziare la res controversa' siano attività identiche per contenuto e scopo.

Questo pensiero esprime esattamente e plasticamente, la distanza che separa una Mediazione inutile da una efficace.

Perché 'disporre della lite' significa, al di là di ogni interpretazione, mettere la parola 'fine' ad una controversia, firmare un accordo, l'accordo di Mediazione, firmare un assegno, consegnare le chiavi, etc.

Il 'negoziare' è cosa del tutto diversa. È infatti quello spazio ai più ignoto che va dal sedersi al tavolo della Mediazione alla parola 'fine' che le parti - non il Mediatore, non i loro avvocati - mettono alla vicenda, perché solo le parti possono disporre della lite - appunto.

Non è fatto di domande ed eccezioni, di articoli di legge o di interpretazioni, ma di ricerca dell'interesse delle parti, vale a dire del "Perché Lei è qui, oggi?", della soddisfazione dei loro bisogni.

Il diritto rimane sullo sfondo: fa parte delle varie alternative alla risoluzione bonaria dell'accordo che le parti dovrebbero valutare attentamente insieme al legale. E, con buon pace di chi utilizza la Mediazione 'ad oltranza', potrebbero darsi casi in cui l'alternativa giudiziale prometta risvolti maggiormente utili alla parte rispetto alla Mediazione - stiamo pensando al caso dell'usucapione, laddove la parte chiamata in Mediazione non compaia, atteso che la Mediazione in contumacia non si può fare, mentre il giudizio sì e terrà luogo della volontà della parte assente, soddisfacendo il bisogno della parte attivante di acquisire il diritto di proprietà sul bene.

Ecco allora che, rivisto sotto questa ottica, il ruolo dell'Amministratore assume un connotato diverso.

L'Amministratore è il primo Mediatore: egli sa molto bene perché e da dove nascono i conflitti all'interno dei condominii che amministra.

L'Amministratore è amministratore 'di tutti i condòmini', non di una maggioranza contro una minoranza.

Non a caso, si ritiene e si spera, il Legislatore della riforma condominiale ha previsto che, tra le materie della formazione obbligatoria dell'Amministratore, sia inclusa la risoluzione dei conflitti.

Quindi l'Amministratore dovrebbe essere addestrato a negoziare per conto terzi, cioè per l'interesse condominiale in senso ampio, allo scopo di evitare l'ingresso nell'aula del tribunale, salvo i casi in cui la pronuncia del Giudice sia realmente necessaria.

Ed allora, non si comprende perché si dica che la delibera assembleare di cui all'art. 71 quater disp. att. c.c. RAFFORZA l'operato dell'Amministratore.

Ed infatti non si comprende innanzitutto l'introduzione di questa norma, che ha reso più gravoso l'accesso alla Mediazione da parte del Condominio e, quindi, ha frenato almeno in parte l'intento deflattivo del Legislatore della Mediazione.

Prima dell'avvento della riforma, l'Amministratore invitato in Mediazione partecipava, negoziava e poi andava a riferire all'Assemblea dell'esito, chiedendone l'autorizzazione.

Lo stesso art. 71 quater disp. att. c.c. prevede il passaggio assembleare - la delibera - unicamente in due occasioni: per decidere se partecipare o meno alla Mediazione e per decidere se accettare o meno la proposta del Mediatore.

Non si comprende, allora, come possa rafforzare l'operato dell'Amministratore una delibera che si limita ad invitare colui, che GIA' esegue la maggior parte delle operazioni necessarie alla vita condominiale, ad eseguire ANCHE questa, cioè il negoziato in nome e per conto del Condominio nella sede conciliativa.

Inoltre, come sanno molto bene gli avvocati e gli altri consulenti che assistono l'Amministrazione condominiale laddove addestrati alla risoluzione dei conflitti, nella maggior parte dei casi è necessario che la delibera di 'autorizzazione a partecipare' riporti il meno possibile, poiché altrimenti potrebbero essere rivelati all'altra parte (il condòmino, il terzo) elementi di 'debolezza' della posizione negoziale del Condominio.

A volte, invece, è necessario redigere una delibera che metta in chiaro alcuni punti, allo scopo di 'ancorare' il negoziato ad essi.

Cominciamo allora a capire che, a prescindere dall'interpretazione basata sulle fonti del diritto, vi è un contrasto di sistema tra quello che l'Amministratore può fare 'autonomamente', limitandosi a riferire all'Assemblea e le occasioni in cui non può agire se non autorizzato.

Rammentiamo che il 1° comma dell'art. 71 quater disp. att. c.c., per definire l'oggetto della Mediazione condominiale obbligatoria, rinvia all'intero statuto condominiale contemplato dal Codice civile - dall'art. 1117 all'art. 1139 c.c. e dall'art. 61 all'art. 72 disp. att. c.c. -perciò a norme che prevedono distintamente i poteri dell'Amministratore e quelli dell'Assemblea.

È allora evidente che non è realmente questa la motivazione per cui l'Amministratore non può partecipare alla Mediazione senza esservi autorizzato - rectius, non può sottoscrivere un accordo di Mediazione e limitarsi a riferirne in Assemblea.

Lo spieghiamo guardando al merito della controversia in esame, cioè all'eccezione della condòmina circa la nullità della delibera assembleare che aveva approvato il riparto ove era contenuta la somma che le veniva richiesta.

Riparto delle spese e delibere nulle

Da quanto comprendiamo dalla narrazione, il Condominio appellante, nella fattispecie concreta, aveva approvato un rendiconto dove l'intera spesa per determinati lavori alla rete fognaria venivano attribuiti alla condòmina destinataria della richiesta di pagamento.

Ebbene, senza entrare nel merito di una vicenda di cui non possiamo conoscere i risvolti fattuali, possiamo però partire da quanto anche di recente ribadito dalla Cassazione in materia di delibere nulle e riparto spese: « In tema di condominio negli edifici, una deliberazione adottata a maggioranza di ripartizione degli oneri derivanti dalla manutenzione di parti comuni in parti uguali, in deroga ai criteri di proporzionalità fissati dagli artt. 1123 e ss. cod. civ., va RITENUTA NULLA PER IMPOSSIBILITÀ DELL'OGGETTO, giacché tale statuizione, incidendo sulla misura degli obblighi dei singoli condomini fissata dalla legge o per contratto, eccede le attribuzioni dell'assemblea e pertanto richiede, per la propria approvazione, l'accordo unanime di tutti i condomini, quale espressione della loro autonomia negoziale.

In particolare, la nullità di una deliberazione condominiale che provveda a maggioranza ad approvare un criterio capitario di ripartizione delle spese è, inoltre, assoluta ed insanabile, il che comporta la non soggezione della relativa impugnazione al termine di decadenza di trenta giorni previsto dall'art. 1137 cod. civ.» (Cassaz., Sez. VI, Sottosez. 2, ordinanza 17 gennaio 2019, n. 1187).

Pertanto, laddove la condòmina eccepisce la nullità per attribuzione globale della spesa alla sua unità immobiliare, potrebbe avere ragione - a meno che il Condominio non riesca a provare che il lavoro di cui si chiede il pagamento è andato a suo esclusivo e totale vantaggio.

Partiamo da qui per riflettere ancora sui poteri dell'Amministratore e il negoziato che egli svolge per i condòmini ed a favore del Condominio - della migliore gestione della cosa comune.

Abbiamo già rilevato (v. articolo su citato) come la norma di cui all'art. 71 quater disp. att. c.c., introdotta con la Legge n. 220/2012 - quindi dopo il D. Lgs. 28/2010 - stabilisca che:

« Al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice».

Non è riportato nella norma, invece, che l'Amministratore debba ottenere una delibera che lo autorizzi a sottoscrivere l'accordo che sia riuscito a negoziare con l'altra parte in Mediazione, con l'aiuto del Mediatore, oppure che lo autorizzi a chiudere la trattativa, firmando un verbale di mancato accordo.

Ciò che avrebbe avuto maggiore attinenza all'impianto codicistico, laddove si sarebbe potuto anche declinare le diverse ipotesi in cui l'Amministratore va autorizzato o può limitarsi a rendere il conto.

È necessario poi notare che, nella maggior parte delle Mediazioni aventi per oggetto il recupero delle somme condominiali, a meno che non si tratti di vicende in cui, come nel caso concreto, il condòmino moroso abbia qualche 'freccia al suo arco' (debito prescritto, non spettante a lui per competenza, errori di riparto, etc.), l'accordo consisterà in un rientro rateale della somma, con eventuale 'sconto' / rinunzia, da parte del Condominio, ad una parte di essa o alle spese legali.

A parere di chi scrive, sono questi i casi in cui l'Amministratore deve ottenere il placet assembleare, posto che il condòmino moroso viene autorizzato, per effetto dell'accordo di Mediazione, a derogare alle scadenze delle rate stabilite nel rendiconto o nel preventivo o nel Regolamento condominiale.

Per quanto possa apparire farraginoso, questo meccanismo consente che non si crei il caos nel pagamento degli oneri: se tutti i condòmini sapessero che possono accumulare morosità per poi negoziare una dilazione, il Condominio rimarrebbe paralizzato e verrebbe aggredito dai creditori.

Sapendo invece che l'Assemblea potrebbe rigettare la proposta di rientro, si mette un presidio ed un punto fermo alla gestione delegata all'Amministratore ed al suo potere di transigere.

In conclusione. Cerchiamo come sempre di dare alcuni suggerimenti pratici per affrontare la Mediazione con diligenza e senza commettere errori:

  • (nel caso in cui il Condominio sia CHIAMATO in Mediazione) Esaminare sempre molto bene la lettera di convocazione, cioè quel documento che viene inoltrato a mezzo raccomandata o PEC dall'Organismo di Mediazione al Condominio e contiene il giorno, il luogo e l'ora del primo incontro di Mediazione e, per ciò che qui interessa, la domanda di Mediazione depositata dall'altra parte, con le ragioni della pretesa;
  • Convocare l'Assemblea per ottenere la delibera ai sensi dell'art. 71 quater disp. att. c.c., la quale dovrà deliberare la partecipazione alla Mediazione, l'autorizzazione a partecipare all'Amministratore e la nomina del legale, essendo l'assistenza di un avvocato obbligatoria per legge;
  • Laddove l'Assemblea non raggiunga il quorum deliberativo necessario (art. 1136, 2° comma, c.c.), evitare la votazione (per non incorrere in impugnative strumentali) e rinviare l'Assemblea; se non c'è tempo per indirne un'altra prima del primo incontro di Mediazione, presenziare allo stesso con il verbale dell'Assemblea che non ha potuto deliberare, chiedendo un rinvio al Mediatore, ma approfittando dell'occasione di essere seduti allo stesso tavolo per iniziare a discutere con l'altra parte ed il suo legale le ragioni della pretesa - in questo modo si sarà più consapevoli di cosa l'altra parte desideri, dei suoi obiettivi e il negoziato non potrà che beneficiarne;
  • (nel caso in cui il Condominio CONVOCHI un condòmino/un terzo in Mediazione) Redigere con cura la domanda di Mediazione, ponendo attenzione a non trascurare punti cruciali del negoziato, oltre all'attenzione all'adozione della delibera con i quorum indicati.

Un ulteriore richiamo alla prudenza: laddove la causa in materia condominiale venga avviata senza il preventivo esperimento del tentativo obbligatorio di Mediazione, sarà il Giudice ad invitare le Parti a promuovere la procedura.

Questo tuttavia non esime l'Amministratore, sia che il Condominio sia la parte che deve attivare la Mediazione sia che sia quella che viene chiamata in Mediazione, dalla convocazione dell'Assemblea per l'ottenimento della delibera.

Infatti, l'ordine del Giudice non può tenere il luogo della volontà assembleare la quale, per determinate circostanze, potrebbe ravvisare un giustificato motivo per non partecipare alla Mediazione (ad es., perché l'impugnativa della delibera di cui si discute è prescritta oppure perché il Condominio è stato erroneamente chiamato in Mediazione, non essendo però il soggetto cui rivolgere la domanda).

Sentenza
Scarica Tribunale Roma, Sezione 5 civile 10 settembre 2018
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