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Violazione di domicilio: le sentenze in materia

Illegittimo ingresso o permanenza nei luoghi di privata dimora e nelle appartenenze di essa: le decisioni più importanti della giurisprudenza.
Avv. Mariano Acquaviva - Foro di Salerno 

Si è abituati a dire che la proprietà privata è sacra e intoccabile. Ciò è evidente in particolar modo quando si parla del proprio domicilio: per legge, nessuno può entrarvi o intrattenervisi senza il consenso del legittimo titolare o di colui che vi dimora legalmente (ad esempio, il conduttore). Chi viene meno a questo precetto commette un crimine in piena regola: quello di violazione di domicilio.

In ambito condominiale, la violazione di domicilio può rilevare sotto un particolare aspetto: quello dell'illegittima intrusione dell'amministratore di condominio. Quest'ultimo potrebbe infatti pretendere di entrare nelle unità immobiliari dei singoli condòmini col pretesto di dover effettuare alcune verifiche.

È legale questa richiesta, oppure l'amministratore rischia di rispondere del reato di violazione di domicilio?

Se l'argomento t'interesse e vuoi saperne di più, prosegui nella lettura: vedremo quali sono le principali sentenze in materia di violazione di domicilio.

Il reato di violazione di domicilio

Secondo l'art. 614 c.p., è punito con la reclusione da uno a quattro anni chiunque si introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno.

Stessa pena è prevista per chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, a meno che il fatto non sia commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero il colpevole sia palesemente armato; in questa ipotesi, la pena è della reclusione da due a sei anni.

Domicilio e luoghi di privata dimora: cosa si intende?

Punto cruciale del delitto in questione è rappresentato dalla nozione di domicilio, che non corrisponde a quella civilistica.

Mentre, infatti, il codice civile dice che il domicilio è solamente il luogo in cui una persona ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi (il suo ufficio, il suo studio, ecc.), la legge penale intende per esso ogni luogo privato ove si svolge la vita, lavorativa e non, dell'individuo.

Si tratta, pertanto, di una nozione allargata, che ricomprende anche i concetti di dimora e di residenza tipici del diritto civile.

Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurazione del delitto di violazione di domicilio, per abitazione si intende il luogo adibito ad uso domestico di una o più persone; non è tale, quindi, l'appartamento non ancora abitato dal proprietario (Cass., sent. n. 9607 del 02.03.2004).

La violazione di domicilio, quindi, presuppone la sua esistenza attuale e reale: l'attualità dell'uso non implica necessariamente la sua continuità e, pertanto, non viene meno in ragione dell'assenza, più o meno prolungata nel tempo, dell'avente diritto (Cass., sent. n. 21062 del 05.03.2004).

Ciò significa che il domicilio è tutelato anche se la sua occupazione sia saltuaria: si pensi ad una casa al mare oppure ad una abitata solamente in determinate stagioni dell'anno. Di contro, quando un immobile è totalmente disabitata, non si potrà parlare di violazione di domicilio: si immagini a chi fa ingresso in un edificio abbandonato o in un vecchio rudere.

La stanza d'albergo, essendo un luogo dove, seppur temporaneamente, una persona abita e, quindi, compie atti della sua vita privata, è tutelata esattamente come il domicilio inteso nella maniera più classica. Dunque, chi entra o si trattiene in una camera d'albergo ove soggiorna una persona senza il consenso di quest'ultima, incorre nel reato di violazione di domicilio.

Non è invece equiparabile ad un domicilio l'abitacolo di una vettura, in quanto sfornito dei requisiti minimi indispensabili per poter risiedere in modo stabile per un apprezzabile lasso di tempo (Cass., sent. n. 43426 del 05.11.2004).

Per quanto concerne gli studi professionali, le osterie, i caffè, le botteghe e gli altri locali simili, essi sono in genere considerati luoghi di privata dimora (Cass., sent. del 26.10.1983).

Tuttavia, secondo recente orientamento (Cass., sent. n. 10498/2018), ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio non possono essere considerati luoghi di privata dimora quelli normalmente destinati ad attività di lavoro, di studio e di svago, ai quali chiunque possa accedere senza necessità di preventivo consenso da parte dell'avente diritto, nulla rilevando che in essi possano anche svolgersi occasionalmente atti della vita privata, ferma restando, tuttavia, l'operatività della tutela penale con riguardo alle parti di detti luoghi (quali, ad esempio, retrobottega, bagni privati o spogliatoi), che abbiano eventualmente assunto le caratteristiche proprie dell'abitazione in quanto destinate anche allo svolgimento di atti della vita privata in modo riservato e con preclusione dell'accesso da parte di estranei.

Appartenenze del domicilio: quali sono?

Il reato di violazione di domicilio tutela non solo i luoghi di privata dimora, ma anche le appartenenze della stessa. Cosa si intende per appartenenze? Secondo i giudici, sarebbero quei luoghi che, pur non costituendo parte integrante dell'abitazione, nondimeno sono adibiti a servizio e completamento della stessa (Cass., sent. del 03.06.1949).

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Le appartenenze sono caratterizzate da un rapporto funzionale di servizio o accessorietà con i luoghi di privata dimora, anche se non sono a questi materialmente uniti, cioè anche quando non sussiste una comunicazione tra abitazione e appartenenza (Cass., sent. n. 844 del 18.11.1970).

Secondo la giurisprudenza (Cass., sent. n. 12751/1998), «In tema di violazione di domicilio, rientra nella nozione di «appartenenza» di privata dimora il pianerottolo condominiale antistante la porta di un'abitazione.

Commette pertanto il reato in questione, nella sua forma consumata e non di semplice tentativo, chi si introduca, invito domino, all'interno di un edificio condominiale sul pianerottolo e avanti alla soglia dell'abitazione di uno dei condomini, avente, come gli altri, diritto di escludere l'intruso».

Pertanto, si avrà violazione di domicilio ogni volta che una persona si intratterrà o entrerà contro la volontà del proprietario all'interno di un cortile, di una cantina, di un magazzino esterno, di una stalla, di un orto, di un giardino o di luoghi simili, in quanto tutti riconducibili ad appartenenze del luogo di privata dimora.

Lo ius excludendi alios

Abbiamo visto cosa debba intendersi per domicilio, luogo di privata dimora e relative appartenenze, cioè tutti i posti a cui si estende la tutela fornita dalla legge penale.

Altro requisito fondamentale affinché si integri il delitto di violazione di domicilio è che il reo si introduca o si trattenga nei predetti luoghi contro la volontà di chi ha il diritto di escluderlo (il cosiddetto ius excludendi alios). Cosa significa? Vuol dire che per commettere violazione di domicilio occorre:

  • entrare nella dimora altrui senza il consenso o addirittura contro la volontà di chi ha la disponibilità dei luoghi (non solo il proprietario, ma anche il conduttore nel caso di locazione, l'usufruttuario, l'enfiteuta, ecc.);
  • intrattenersi nei predetti luoghi contro la volontà di chi ne ha la disponibilità, anche se l'ingresso è avvenuto inizialmente con il pieno consenso del titolare (si pensi a chi è invitato a prendere un caffè in casa altrui e poi decida di non andarsene seppur spinto dal proprietario a lasciare l'abitazione).

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Pertanto, la persona offesa dal reato non è soltanto il proprietario formale del luogo di privata dimora ma, più in generale, colui che vanta il diritto di potervi abitare e, di conseguenza, di poter escludere gli altri, cioè di poterli "cacciare via" quando vuole.

Si pensi, come già detto, a chi viva in affitto in un appartamento: pur non essendone il proprietario, il conduttore potrà scegliere chi far entrare e chi invece escludere dall'abitazione.

Secondo la giurisprudenza (Cass., sent. n. 30742/2019), ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio, l'occupazione non coperta da valido titolo non esclude in capo all'occupante l'esercizio dello ius excludendi, quando le particolari modalità con cui si è svolto il rapporto con il titolare del diritto sull'immobile consentono di ritenere quel luogo come l'effettivo domicilio dell'occupante medesimo.

È il caso di chi occupa un immobile da tempo pur non avendone più titolo (ad esempio, a seguito di finita locazione o di sfratto).

Ancora, per gli ermellini commette violazione di domicilio anche la condotta del coniuge separato che, non avendovi più stabile dimora, si introduca nella casa familiare contro la volontà del coniuge assegnatario (Cass., sent. n. 30726/2019).

L'ingresso fraudolento

Il reato di violazione di domicilio punisce anche l'ingresso fraudolento nell'altrui abitazione. Cosa significa? Vuol dire che non è necessaria un'esplicita manifestazione contraria da parte del proprietario (o di altro titolare di diritto) per integrarsi il reato de quo: commette questo delitto, infatti, anche chi si introduce in casa altrui furtivamente, ad esempio di notte passando per la finestra.

Allo stesso modo, integra il delitto di violazione di domicilio la condotta di chi utilizza imbrogli o raggiri per fare il suo ingresso: si pensi a chi si spacci per una persona nota al padrone di casa e, pertanto, si faccia aprire dalla domestica, ignara della menzogna propinatale.

È violazione di domicilio anche quella di chi, contro la volontà (espressa o tacita) del proprietario, si introduca nell'abitazione oltre i limiti che gli erano stati imposti. Ad esempio, chi viene accolto al primo piano di un'abitazione non può, di propria iniziativa, recarsi anche al piano superiore senza il consenso del legittimo titolare.

La violazione di domicilio dell'amministratore di condominio

L'amministratore di condominio non ha alcun potere di entrare o pretendere di fare ingresso in una proprietà esclusiva, anche se per fini contingenti.

Da tanto deriva che, nei casi di necessità e urgenza inerenti alle parti comuni dell'edificio, l'amministratore non può entrare nell'unità immobiliare altrui. L'amministratore, in assenza del consenso del proprietario di casa, non avendo poteri coercitivi per poter accedere nei singoli appartamenti, può al massimo avvalersi dell'intervento delle forze dell'ordine (in casi eccezionali di pericolo imminente alla pubblica sicurezza) o, negli altri casi, potrebbe farsi autorizzare dal giudice civile, eventualmente ricorrendo ad un procedimento d'urgenza.

Da tanto discende che l'amministratore commette violazione di domicilio ogni volta che entra senza autorizzazione nell'abitazione di proprietà privata o in una delle sue pertinenze (garage, box, ecc.). Il reato sussiste sia se l'ingresso avviene subdolamente, all'insaputa del proprietario, sia che esso venga mascherato come accesso legittimo in virtù di presunti poteri di controllo e ispezione discendenti dalla legge o da delibera assembleare (ingresso fraudolento).

Il reato sussiste anche se l'amministratore, legittimamente entrato nella proprietà privata, si trattiene nonostante l'espressa volontà contraria del condomino.

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