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Accesso alla terrazza condominiale. I poteri dell'assemblea tra tutela della sicurezza e utilizzo del bene comune

Uso sulla cosa comune e tutela della sicurezza.
Avv. Fabrizio Plagenza - Foro di Roma 

In un contesto, come quello condominiale, in cui l'uso della cosa comune si confronta, per sua natura, con l'uso dei beni di proprietà esclusiva, il corretto esercizio del diritto d'uso deve, necessariamente, rapportarsi con ulteriori importanti elementi. Primo su tutti: la sicurezza.

Sul punto, si segnala la sentenza n. 6653 del 16/09/2019 con cui il Tribunale di Milano, ha affrontato la centralità della sicurezza negli edifici, anteponendola ad usi e scelte dei condomini.

La causa nasce da un'impugnativa di delibera assembleare con la quale era stato deliberato di delimitare la zona del terrazzo condominiale, senza alcuna indicazione di un termine della limitazione e, secondo la tesi dell'attore, pur in presenza di valide alternative all'opera di delimitazione.

Gli attori, pertanto, lamentavano il fatto che, a loro dire, con l'attuazione della citata delibera, veniva compromesso ed addirittura eliminato il diritto degli stessi al pari uso sulla cosa comune.

Si costituiva il Condominio il quale chiedeva il rigetto della domanda, alla luce del fatto che il terrazzo, in realtà, appariva ancora utilizzabile e che la delimitazione si era resa comunque necessaria per motivi di sicurezza.

Si aggiunga che, in via riconvenzionale, il Condominio chiedeva anche che gli attori rimuovessero dalle scale e dal terrazzo stesso, i vasi apposti.

La questione verte, in primo luogo, sull'applicazione ed il rispetto dell'art. 1102 c.c., rubricato "uso della cosa comune" che testualmente prescrive che "Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.

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A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti, se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso".

E' pacifico che l'art. 1102 c.c., dettato in materia di comunione, è applicabile anche al condominio degli edifici, per effetto del richiamo che ne fa l'art. 1139 c.c. (Tribunale di Roma, sentenza N. 14502/2019).

Per la giurisprudenza più recente, l'uso della cosa comune consiste in una facoltà spettante a ciascun comproprietario per utilizzare al meglio il bene, con il limite di non impedire agli altri di farne parimenti uso e di non alterarne la destinazione (Corte di Cassazione, sez. II, ordinanza del 5 giugno 2019 n. 15265).

Venendo ad analizzare il caso specifico, gli attori lamentavano, come detto, che la delibera impugnata fosse stata emessa in violazione dell'art. 1102 c.c. In corso di causa, con successiva delibera assembleare, veniva deliberato l'esecuzione di opere che comportava la cessazione della materia del contendere. Ma, come noto in questi casi, il Giudice deve comunque pronunciarsi nel merito.

Orbene, il Giudice evidenziava che il terrazzo è un bene comune il cui accesso è consentito a tutti dalle rampe delle scale e che gli attori ne avevano hanno fatto un uso più intenso rispetto agli altri condomini posizionandovi vasi e fili, senza autorizzazione assembleare.

Ricostruiti i fatti per come sopra esposti, il Tribunale di Milano riteneva incontestabile la scelta adottata dall'assemblea. L'aver, infatti, approvato una delimitazione di una area comune, laddove ritenuta necessaria al fine di preservare la sicurezza delle persone, rappresentava scelta dovuta prima che diligente.

E ciò a maggior ragione, attesa l'avvenuta prova in atti che attestava, altresì, la mancata conformità del parapetto al regolamento edilizio comunale. Di conseguenza, la scelta adottata, non rappresentava alcun eccesso di potere.

Sebbene cessata la materia del contendere, dunque, nel merito l'impugnativa non sarebbe stata accolta.

La sentenza n. 6653/2019 del 16/09/2019 del Tribunale di Milano affronta, poi, un altro tema, sempre legato all'uso della cosa comune. Il Condominio, come detto, nel costituirsi, chiedeva che il Giudice ordinasse agli attori di rimuovere i vasi ed i fili collocati nelle parti comuni.

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Orbene, per il principio di pari godimento d'uso delle parti comuni, "posto che non è contestato che sia nel terrazzo che sulle scale siano posizionati vasi esclusivamente dagli attori e che le fotografie in atti dimostrano come gli stessi ostruiscano il passaggio lungo le scale o occupino in via esclusiva il terrazzo, in detrimento del pari diritto di cui all'art. 1102 c.c. il Giudice ordinava agli attori l'immediata rimozione dei predetti beni.

La questione dell'uso della cosa comune e dei limiti allo stesso ed alle conseguenze che una condotta in violazione dell'art. 1102 c.c. comporti, assume rilievo se sol si consideri che, per la Suprema Corte di Cassazione, in caso di accertata sottrazione del bene all'utilizzo da parte degli altri condomini, questi hanno diritto al risarcimento del danno patrimoniale per lucro cessante, atteso che lo stesso risulta in re ipsa (in se stesso) e, pertanto, non è richiesta la prova del danno in quanto è proprio il fatto che è di, per se, considerato un danno.

Viceversa, il danno non patrimoniale da impedimento all'utilizzo del bene comune, vale a dire il danno psico-fisico, deve essere rigorosamente provato dovendosi ritenere in re ipsa solo la lesione di interessi alla persona costituzionalmente protetti e quelli indicati dalla legge (art. 2059 c.c.) (Corte di Cassazione, ordinanza n. 17460, depositata in data 4 luglio 2018).

Quanto all'aspetto temporale, rammentando che nel caso trattato dal Tribunale milanese, la delimitazione era stata deliberata senza data finale, recentemente, la Suprema Corte, in un caso avente ad oggetto la sosta di mezzi nella parte condominiale ad uso comune, ha ritenuto configurabile la violazione dell'art. 1102 c.c., nel momento in cui tale utilizzo travalichi i limiti e dunque pregiudichi la transitabilità, in modo tale da precludere l'accesso e l'utilizzo di tale porzione (Corte di Cassazione - Sesta sez. civile-2 - Sentenza n. 7618/2019).

Peraltro, la citata sentenza della Suprema Corte, ricorda che l'articolo 1102 c.c. non pone limiti spazio temporali minimi da rispettare per l'operatività delle limitazioni del presunto uso comune, con il corollario che l'abuso può concretizzarsi anche in un'occupazione per pochi minuti, purché impedisca ad altri di farne parimenti uso (con richiamo a Cass. sez. 2^, 7.7.1978 n.3400).

La questione sicurezza, dunque, rappresenta un sicuro limite all'uso della cosa comune. Si rammenta che l'amministratore ha l'obbligo di garantire la sicurezza di chiunque acceda alle parti comuni del condominio e che, in difetto, potrebbe essere ritenuto responsabile, proprio per non aver rimosso il pericolo che pregiudica l'incolumità delle persone, oppure qualora non si adoperi per eliminarlo.

Tant'è che, con sentenza n. 25540/2017 della Corte di Cassazione, l'amministratore è stato ritenuto responsabile nel caso in cui non abbia effettuato i controlli previsti per legge ed abbia omesso di verificare la corrispondenza ai criteri tecnici di sicurezza.

Sentenza
Scarica Tribunale di Milano n. 6653 del 16 Settembre 2019
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