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Tempo utile per usucapire il sottotetto da parte di un condomino: si possono sommare anche gli anni del possesso esclusivo del venditore ex condomino?

Nel caso esaminato il vano sottotetto aveva già da diverso tempo perso la funzione di vano tecnico.
Giuseppe Bordolli Responsabile scientifico Condominioweb 

La norma di cui all'art. 1117 c.c. non sancisce una presunzione legale di comunione delle parti indicate nello stesso articolo ai nn. 1, 2 e 3, ma dispone che detti beni sono comuni, a meno che non risultino di proprietà esclusiva in base ad un titolo, che può essere costituito dal regolamento contrattuale di condominio o dal complesso degli atti di acquisto delle singole unità immobiliari o anche dall'usucapione.

Al contrario l'utilizzo del bene comune da parte di un condomino in modo più intenso rispetto agli altri non determina l'insorgenza dell'usucapione. I requisiti per l'usucapione sono, in genere il possesso qualificato del bene, il decorrere del tempo.

La buona fede dell'avente causa non è di per sé un requisito per l'usucapione, ma elemento che abbrevia il tempo necessario per maturarla. Per l'usucapione "breve" (usucapione abbreviata) degli immobili ex art 1159 c.c., sono richiesti la buona fede dell'avente causa, un titolo di trasferimento idoneo a trasferire la proprietà e trascritto. Questi presupposti valgono anche per l'usucapione di una parte comune da parte di un condomino.

A tale proposito merita di essere segnalata una recente decisione della Cassazione (sentenza n. 17077 del 14 giugno 2023) che ha affrontato il tema dell'accessione nel possesso.

Tempo utile per usucapire il sottotetto da parte di un condomino: si possono sommare anche gli anni del possesso esclusivo del venditore ex condomino? Fatto e decisione

Un condomino citava in giudizio due condomini (marito e moglie) per sentire accertare la proprietà comune del vano sottotetto dell'edificio detenuto in via esclusiva dai convenuti, con conseguente condanna degli stessi al rilascio di copia della chiave della porta d'ingresso del predetto locale.

Il Tribunale accoglieva la domanda dell'attore e dichiarava la natura condominiale del vano sottotetto del caseggiato, condannando i convenuti a consentire l'accesso al locale mediante consegna delle chiavi. La Corte di Appello, però, ribaltava la decisione di primo grado.

I giudici di secondo grado riconoscevano il possesso in via esclusiva del vano sottotetto, ciò in quanto tale locale era stato espressamente ricompreso nell'atto di compravendita con cui si era proceduto all'acquisto dell'unità abitativa ove vivevano gli appellanti.

Inoltre, ad avviso della Corte, nel caso di specie era applicabile l'articolo 1146 c.c., in virtù del quale nel caso di compravendita, il possessore attuale può congiungere il suo possesso con quello dei suoi danti causa, con l'evidente finalità di pervenire all'usucapione del bene in parola.

Del resto il CTU aveva messo in evidenza che il nesso funzionale tra detto sottotetto e le parti comuni dell'edificio era ormai cessato da tempo e cioè dalla fine degli anni '80 (epoca di cessazione dell'impianto di riscaldamento centralizzato), per cui era venuta meno la presunzione di condominialità di cui all'art. 1117 c.c.

Riscaldamento condominiale, distacco, problemi e spese.

La Cassazione ha ritenuto condivisibile la conclusione a cui è pervenuta la Corte di Appello. Anche secondo i giudici supremi, ai fini del compimento del decennio utile per l'usucapione abbreviata, i due coniugi hanno potuto legittimamente sommare al loro possesso, iniziato dopo la compravendita, quello dei loro danti causa.

Del resto, come ha notato la Cassazione, attraverso la testimonianza del manutentore dell'impianto termico era emerso con chiarezza che il locale, in passato destinato alla funzione di vano tecnico, non era più, già da diverso tempo, strumentale al condominio.

Considerazioni conclusive

Merita di essere sottolineato che il godimento esclusivo della cosa comune da parte di uno dei condomini, in ragione della peculiare ubicazione del bene e delle possibilità di accesso ad esso, non è comunque, di per sé, idoneo per usucapire, essendo, per converso, comunque necessaria, a fini di usucapione, la manifestazione del dominio esclusivo sul bene comune da parte dell'interessato.

I giudici supremi hanno ricordato che l'usucapione del bene comune da parte di uno dei condomini presuppone che il medesimo goda del bene in modo inconciliabile con la possibilità di godimento altrui e tale da evidenziare in modo univoco la volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus, senza che possa considerarsi sufficiente che gli altri partecipanti si astengano dall'uso della cosa comune (Cass. civ., Sez. II, 22/06/2022, n. 20144).

Così, ad esempio, per usucapire il sottotetto sarà necessaria la chiusura della porta di accesso a tale vano con un lucchetto di cui solo l'interessato all'usucapione conserva le chiavi.

Al contrario l'utilizzo del bene comune da parte di un condomino in modo più intenso rispetto agli altri non determina l'insorgenza dell'usucapione.

Naturalmente, in applicazione del principio dell'accessione del possesso stabilito dall'art. 1146, comma 2, c.c., nel caso di successione a titolo particolare, il condomino possessore attuale può congiungere il suo possesso con quello dei suoi danti causa, raggiungendo così il termine utile per l'usucapione.

In ogni caso qualora un condomino si rivolga all'autorità giudiziaria per l'accertamento dell'avvenuta usucapione del sottotetto, l'amministratore non sarà coinvolto direttamente nel giudizio, non rivestendo la sua rappresentanza ex art. 1130 c.c. il potere sui diritti individuali dei singoli condomini che dovranno partecipare direttamente al processo di accertamento dell'eventuale intervenuto acquisto del bene comune. In altre parole il contraddittorio va esteso a tutti i condomini, incidendo la domanda sull'estensione dei diritti dei singoli.

Sentenza
Scarica Cass. 14 giugno 2023 n. 17077
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