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Se la tettoia del vicino viola le distanze tra costruzioni

Il giudice può ordinare l'arretramento della struttura in legno realizzata sul terrazzo del vicino che, nonostante autorizzata al Comune, violi la distanza legale rispetto all'immobile vicino.
Avv. Maria Monteleone 

Il vicino può realizzare la veranda coperta sul proprio balcone, ma il manufatto deve rispettare le prescrizioni sulle distanze tra costruzioni. In ipotesi di violazione, il vicino danneggiato ha la possibilità di rivolgersi al giudice civile per ottenere il ripristino delle distanze previste dal Comune di riferimento, tramite demolizione del manufatto o, preferibilmente, tramite ordine di arretramento dello stesso.

È quanto si evince da una recente sentenza del Tribunale di Potenza (sentenza n. 89 del 24.11.2021) che ha esaminato una serie di profili, sia processuali che sostanziali, in materia di distanza tra costruzioni, che vale la pena riportare.

Nel caso di specie, gli attori, avevano contestato l'illegittimità della tettoia realizzata sul terrazzo a livello di fronte al loro immobile, a distanza inferiore ai 10 metri stabiliti dal regolamento urbanistico e dalla normativa sulle distanze tra pareti finestrate ed anche in violazione del progetto autorizzato, ampliando la volumetria.

Avevano, pertanto, richiesto la condanna alla demolizione o alla riduzione del manufatto nonché al risarcimento del danno.

Legittimazione attiva: condominio o singoli condomini?

Preliminarmente, la sentenza ha esaminato la questione della legittimazione ad agire per il rispetto delle distanze legali tra costruzioni, avendo il convenuto eccepito che fosse legittimato solo il condominio.

Aderendo al principio consolidato in giurisprudenza, il giudice ha ritenuto sussistente la concorrente legittimazione ad agire sia del condominio che dei singoli condomini, a seconda che venga in rilievo rispettivamente la lesione dei diritti della proprietà collettiva ovvero di quella degli esclusivi proprietari/condomini, riconoscendosi, comunque, in capo al singolo condomino l'interesse alla relativa tutela, sia con riferimento ai beni comuni (di cui è titolare pro quota) che a quelli di pertinenza individuale, come nel caso di specie (gli attori hanno esercitato l'azione a tutela del proprio diritto individuale riferito alla proprietà esclusiva) (da ultimo Cass. Civ., Sez. II, Sent. 27/01/2016 n. 1549).

Quando il manufatto può intendersi come "costruzione" ai fini del rispetto delle distanze

Ai sensi dell'art. 873 c.c., le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.

Ma cosa si intende per "costruzione"? Può rientrarvi la tettoia in legno?

Secondo la Suprema Corte, ai fini dell'osservanza delle distanze legali di cui agli artt. 873 e seguenti c.c., nonché di quelle prescritte dagli strumenti urbanistici o normativi che integrano la disciplina codicistica, "deve considerarsi costruzione qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità e immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso a un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, e ciò indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera, dai caratteri del suo sviluppo volumetrico esterno, dall'uniformità o continuità della massa, dal materiale impiegato per la sua realizzazione e dalla sua funzione o destinazione.

In particolare, per quanto riguarda gli sporti, le terrazze, le scale esterne o, in genere, i corpi avanzati costituenti aggetti di un edificio, questi, ove siano stabilmente incorporati nell'immobile e non abbiano una funzione meramente decorativa od ornamentale, accrescono la superficie, il volume e la funzionalità dell'immobile cui accedono e rientrano nel concetto civilistico di costruzione, per cui di essi deve tenersi conto ai fini delle distanze, che vanno misurate dal limite dei manufatti aggettanti verso il vicino. (Cass. 28 settembre 2007 n. 20574).

Inoltre, costituisce costruzione anche un manufatto privo di pareti, ma realizzante una determinata volumetria; pertanto, la misura delle distanze legali per verificare se il relativo obbligo è stato rispettato deve esser effettuata assumendo come punto di riferimento la linea esterna della parete ideale posta a chiusura dello spazio esistente tra le strutture portanti più avanzate del manufatto stesso" (cfr Cass. 14 marzo 2011 n. 5934; Cass. 29 dicembre 2005 n. 28784; Cass. 21 dicembre 1999 n. 14372; Cass. 10 novembre 1998 n. 11291).

La nozione di costruzione non si identifica con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell'opera" (Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 marzo 2021, n. 1867; Corte di Cassazione, Sez. II, 15 dicembre 2020, n. 28612; 10 febbraio 2020, n. 3043; 28 ottobre 2019, n. 27476).

Ne consegue che anche tettoie e verande realizzate su balconi e terrazzi possono considerarsi "costruzioni" nel senso inteso dall'art. 873 c.c. e, come tali, devono rispettare le distanze legali.

Che cosa può succedere quando la tettoia viene edificata in violazione delle norme sulle distanze

La soluzione del Tribunale di Potenza

Visto che la tettoia "incriminata" è stata considerata illegittima per violazione delle distanze legali, il Tribunale di Potenza ha accolto la domanda degli attori, ordinando, non la demolizione del manufatto, bensì l'arretramento fino alla distanza corretta: "va accolta la domanda attorea formulata da parte attrice, in via subordinata, di arretramento della struttura (tettoia), oggetto di contestazione, al fine del ripristino della distanza legale di mt. 10 tra gli immobili, ponendo come punto di riferimento da arretrare quello più estremo di sporgenza del muro ideale frontale del manufatto/tettoia rispetto all'immobile di proprietà degli attori; al riguardo, infatti, va richiamato il principio espresso dalla Giurisprudenza di Legittimità secondo il quale il giudice, ove possibile, deve adottare provvedimenti alternativi a quello più drastico della demolizione, purché tale rimedio alternativo sia stato oggetto di richiesta dalla parte obbligata, come nel caso di specie avvenuto (Cass. Civ., Ord. 23/10/2020 n. 23184)".

Il giudice ha, invece, rigettato la domanda di risarcimento del danno, in quanto non allegato e non quantificato dagli attori e non determinabile in via equitativa: "seguendo l'insegnamento della Sezioni Unite con il principio enunciato con Sent. 26972/2008, ai fini del risarcimento rileva solo il danno conseguenza che deve essere provato ed allegato, non trovando ingresso nel nostro ordinamento la previsione del danno punitivo, salvo le ipotesi valorizzate a mezzo di "intermediazioni legislative" (cd. tipizzazione legislativa) e, pertanto, non in contrasto con gli artt. 23 e 25 Cost., come da recente orientamento giurisprudenziale (Cass. SS.UU. 05/07/2017 n° 16601), ipotesi non riconducibili alla fattispecie in esame".

Distanze tra costruzioni e applicazione delle norme

Sentenza
Scarica TRIBUNALE DI POTENZA n. 89 del 24/11/2021
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