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Il Condominio risponde per i danni da i beni in custodia

In caso di danno il risarcimento è dovuto per l'intero anche se causato dalla condotta concorrente di un terzo, salva sempre l'azione di regresso.
Avv. Gianfranco Di Rago - Foro di Milano 

Il condominio è tenuto a risarcire l'intero danno causato ai condomini o ai terzi dalle parti comuni anche nel caso in cui il pregiudizio derivi dalla condotta concorrente di un soggetto terzo, salva la possibilità di agire in regresso nei confronti di quest'ultimo per ottenere la restituzione di una parte della somma liquidata sulla base delle rispettive responsabilità.

Lo ha chiarito la sesta sezione civile della Corte di Cassazione con la recente ordinanza n. 7044 pubblicata lo scorso 12 marzo 2020.

Il caso concreto.

Nella specie una società condomina che aveva subito dei danni da infiltrazione alla propria unità immobiliare aveva citato in giudizio il condominio per sentirlo condannare, previo accertamento della sua responsabilità, all'effettuazione dei lavori di ripristino dell'impianto di smaltimento delle acque e di impermeabilizzazione del campo da tennis comune, nonché al risarcimento del pregiudizio economico subito, anche con riferimento al mancato godimento dell'immobile.

Il Tribunale di Roma, cui la società attrice aveva rivolto le suddette domande, le aveva accolte, a eccezione di quella relativa alla mancata disponibilità dell'unità immobiliare che, secondo la prospettazione della società condomina, non era stata utilizzabile per un lungo lasso di tempo proprio a causa dell'infiltrazione generatasi per la negligenza del condominio nella custodia delle parti comuni.

Tanto quest'ultima quanto il condominio avevano quindi impugnato la sentenza dinanzi alla Corte di Appello di Roma. Quest'ultima aveva confermato a sua volta la decisione di primo grado.

In particolare, relativamente alla domanda della società condomina di risarcimento del danno per il mancato godimento dell'unità immobiliare, i giudici avevano evidenziato come, sulla scorta della consulenza tecnica d'ufficio effettuata nel corso del giudizio, fosse risultato che le infiltrazioni oggetto di causa fossero derivate, oltre che dalle tubazioni dell'impianto fognario condominiale e dalla superficie del campo da tennis, anche dalla mancanza di impermeabilizzazione di due giardini privati, appartenenti a soggetti terzi estranei al giudizio.

Per questo motivo la Corte di Appello aveva confermato l'insussistenza dell'onere risarcitorio a carico del condominio relativamente alla mancata utilizzazione dell'immobile, come già rilevato dal giudice di primo grado.

Infatti, secondo il ragionamento seguito dalla Corte, anche se il condominio avesse eseguito i lavori relativi alle parti comuni, non sarebbero comunque venute meno le infiltrazioni e le conseguenti condizioni di inutilizzabilità dell'unità immobiliare di proprietà della società condomina.

Di qui il ricorso in Cassazione proposta dalla predetta società, la quale contestava in primo luogo il fatto che la Corte di Appello di Roma, pur inquadrando correttamente la vicenda nell'ambito dell'art. 2051 c.c., non avesse fatto applicazione dell'art. 2055 c.c., errando quindi nel non ritenere che il danno per l'inutilizzabilità dei locali dovesse solidalmente imputarsi sia al condominio sia ai proprietari dei due giardini privati sovrastanti.

La responsabilità da cose in custodia.

L'art. 2051 c.c. dispone che "ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito".

Il custode è il soggetto che ha una effettiva e non occasionale disponibilità non solo materiale, ma anche giuridica, del bene ed è (o dovrebbe essere) in grado di controllare i rischi alla stessa inerenti. Il condominio, come detto, è quindi custode delle parti comuni.

Queste ultime possono produrre danni ai condomini e ai terzi sia qualora si tratti di cose inerti (il cortile, il tetto, la facciata, ecc.) sia qualora possano produrre un pregiudizio una volta attivate dall'uomo (si pensi agli impianti).

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Perché scatti la responsabilità del custode, la cosa deve costituire causa del danno e non mera occasione di esso. Più precisamente, è necessario che sia direttamente la cosa in custodia a produrre l'evento dannoso. Deve infine ricorrere un nesso di causalità tra la cosa e il danno.

Qualora ricorrano le condizioni di cui sopra, il soggetto che ha in custodia la cosa può andare esente da responsabilità solo provando l'esistenza di un caso fortuito, idoneo a interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno.

Il custode, pertanto, nel caso in cui sia richiesto del risarcimento del danno, non può limitarsi a provare di avere custodito e sorvegliato la cosa con la diligenza del buon padre di famiglia, ma deve dimostrare quale sia stata la causa del cattivo funzionamento della cosa e che tale causa era imprevedibile e non poteva essere prevenuta.

Il danneggiato ha invece soltanto l'onere provare il nesso causale tra la cosa e il danno.

Nei casi di risarcimento del danno da cose in custodia occorre comunque sempre valutare anche la condotta del danneggiato. Da questo punto di vista possono prospettarsi due ipotesi.

Da un lato può verificarsi che il comportamento di quest'ultimo sia stato totalmente arbitrario, imprevedibile e incontrollabile, tanto da rendere inevitabile la produzione dell'evento dannoso.

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Si pensi, tanto per fare un esempio, al soggetto che nel tentativo di raggiungere un balcone aggrappandosi al tubo pluviale ne provochi il distacco e precipiti al suolo.

In casi del genere, come è evidente, la condotta del danneggiato può ritenersi causa esclusiva della produzione del danno, tale da interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno, integrando quindi gli estremi del caso fortuito ed escludendo la responsabilità del custode del bene.

Può invece avvenire che la condotta del danneggiato abbia contribuito alla produzione del danno o ne abbia aggravato le conseguenze. In questi casi si fa applicazione del disposto di cui all' art. 1227, comma 1, c.c., richiamato dall'art. 2056 c.c., in base al quale se il concorso del fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate.

Cose in custodia e concorso nel danno: decisione della Suprema Corte.

Nel caso sottoposto ai giudici di legittimità era però avvenuto che il danno generato alla società condomina fosse stato causato da due condotte concorrenti, entrambe di omessa custodia, una imputabile al condominio e relativa all'acqua fuoriuscita dalle tubazioni dell'impianto fognario e dalla superficie del campo da tennis condominiale, e l'altra imputabile a soggetti terzi per la mancanza di impermeabilizzazione di due giardini privati.

Nella specie non ricorreva quindi una ipotesi di concorso del condomino danneggiato nella causazione dell'evento dannoso (come detto, alla società condomina nulla poteva essere rimproverato da questo punto di vista), bensì di concorso di un terzo estraneo all'origine del sinistro.

Come anticipato, la Corte di Appello di Roma, nel prendere atto di questa concausa, aveva giudicato corretta la decisione del giudice di primo grado di escludere una delle voci di risarcimento del danno avanzato dalla società condomina, ossia quella relativa al mancato utilizzo dell'immobile.

Secondo i giudici dell'impugnazione tale circostanza avrebbe infatti fatto venire meno la responsabilità del condominio in quanto, anche se quest'ultimo avesse ripristinato le parti comuni, l'infiltrazione avrebbe comunque continuato a verificarsi a causa dell'acqua proveniente dalla contigua proprietà dei terzi.

Questa decisione è stata però cassata dalla Suprema corte, che ha ricordato come in casi del genere debba farsi applicazione del disposto di cui all'art. 2055 c.c., secondo il quale se il fatto dannoso è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido al risarcimento del danno.

In casi del genere il condominio risponde quindi dei danni anche ove essi siano imputabili al concorso del fatto di un terzo, a meno che la condotta di quest'ultimo risulti dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento lesivo, eliminando quindi alla radice il presupposto della corresponsabilità.

Di conseguenza, nel caso in cui, come avvenuto nella specie, il danno da mancata custodia imputato al condominio sia dovuto anche al fatto concorrente di un terzo, il condominio è comunque tenuto a risarcire integralmente il pregiudizio economico subito, secondo il meccanismo della corresponsabilità in solido di cui all'art. 2055 c.c., in forza del quale il soggetto danneggiato è legittimato a conseguire per l'intero il risarcimento anche da uno soltanto dei coobbligati, il quale ha poi la possibilità di agire in regresso nei confronti del corresponsabile per ottenere la restituzione pro quota del danno liquidato, sulla base del diverso grado di responsabilità che ciascuna delle parti ha avuto nella causazione dell'evento pregiudizievole.

Sentenza
Scarica Cass. 12 marzo 2020 n. 7044
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