Dallo scorso mese di marzo (dell’anno 2012 n.d.A.) per le controversie in materia condominiale, prima d’iniziare una causa è necessario esperire il così detto tentativo di mediazione.
Scopo di tale procedimento (al di là degli aspetti legati alla riduzione del carico giudiziario) è quello di far trovare un accordo (conciliazione) alle parti litiganti. Il procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziaria. Non lascia adito a dubbi, sul punto, il primo comma dell’art. 5 d.lgs n. 28/10 a mente del quale:
“ 1. Chi intende esercitare in giudizio un'azione relativa ad una controversia in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilita' medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicita', contratti assicurativi, bancari e finanziari, e' tenuto preliminarmente a esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il procedimento istituito in attuazione dell'articolo 128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie ivi regolate.
L'esperimento del procedimento di mediazione e' condizione di procedibilita' della domanda giudiziale.
L'improcedibilita' deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
Il giudice ove rilevi che la mediazione e' gia' iniziata, ma non si e' conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'articolo 6.
Allo stesso modo provvede quando la mediazione non e' stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
Il presente comma non si applica alle azioni previste dagli articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e successive modificazioni”.
Che cosa bisogna intendere per conciliazione condominiale?
In sostanza, quali sono i rapporti, nell’ambito del condominio, ad essere soggetti a questa procedura? unicamente quelli riguardanti le cose comuni oppure il termine condominio dev’essere considerato in senso lato?
Solamente nel secondo caso i danni da infiltrazioni provenienti da parti comuni, vale a dire un’ipotesi di responsabilità oggettiva extracontrattuale, sarebbero attratti nell’alveo delle questioni necessariamente sottoposte a tentativo di conciliazione.
Quale potrebbe essere l’utilità del procedimento in materie del genere? Come per ogni altra materia sulla quale le parti sono chiamate a conciliare, l’utilità può essere individuata nella possibilità di chiudere la vicenda in modo più rapido rispetto all’ordinario procedimento giudiziario. In casi del genere scopo principale della parte lesa è duplice:
a) ottenere il risarcimento del danno;
b) giungere all’eliminazione delle cause dell’infiltrazione (se ancora presenti)
Obiettivi che, si concorderà, se le parti sono ben disposte, possono essere raggiunti anche senza la necessità di lunghe e costose cause. E’ bene ricordare, infine, che qualora non risultasse chiarissima la causa del danno, il mediatore potrebbe nominare un consulente per favorire la conciliazione tra le parti.