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Pendenza insufficiente di una conduttura comune e responsabilità: a chi spetta la prova dei danni?

Malfunzionamento dell'impianto fognario comune: per ottenere il risarcimento, colui che si dichiara danneggiato da una cosa in custodia ha l'onere di comprovare i danni.
Avv. Marco Borriello 

Anche un bene inanimato può provocare danni a carico di un terzo, se il proprietario non compie quelle attività necessarie affinché la cosa non sia pericolosa e non arrechi pregiudizio a nessuno. Se ciò dovesse accadere, al danneggiato spetterebbe, senz'altro, il diritto al risarcimento, ma sempreché siano rispettati determinati presupposti.

Ha trattato questo argomento la recente sentenza n. 3621 della Corte di Appello di Roma emessa il 19 maggio 2023. Lo ha fatto nell'ambito di un contenzioso, sfociato in secondo grado, tra il proprietario di un immobile, a sua detta danneggiato dal malfunzionamento dell'impianto fognario comune, e il condominio.

Approfondiamo meglio, però, il caso concreto.

Responsabilità da cose in custodia: a chi spetta la prova dei danni? Fatto e decisione.

Nel lontano agosto del 2013, in concomitanza di un rilevante evento atmosferico, il seminterrato di un negozio in Roma si allagava del liquido fuoriuscito dal servizio igienico ivi ubicato.

Per questo motivo, a detta del titolare dell'esercizio commerciale, l'immobile riportava danni per oltre 14.000 euro. Per tale pregiudizio, il predetto condòmino chiedeva conto e ragione al fabbricato.

Secondo la tesi del proprietario, l'evento doveva essere attribuito al cattivo funzionamento dell'impianto fognario comune. Il condominio, perciò, anche attraverso la propria compagnia assicuratrice, avrebbe dovuto provvedere al risarcimento dei danni, in quanto responsabile custode del bene. Non essendo avvenuto ciò, la lite si spostava in sede giudiziale.

Dinanzi al competente Tribunale di Roma, l'attore confermava la propria versione dei fatti, supportandola con una perizia di parte, redatta in base ai rilievi fotografici forniti dall'attore, e con una fattura concernente i lavori di ristrutturazione eseguiti nell'immobile de quo. Ebbene, nonostante ciò, la domanda era respinta.

Per l'ufficio capitolino, era stata acclarata la responsabilità del condominio per l'evento in contestazione. La CTU, infatti, aveva confermato che il danno era stato causato dalla pendenza insufficiente di una conduttura comune, dalla rottura del collettore principale e dall'inadeguato posizionamento di base del medesimo. Tuttavia, l'attore non aveva opportunamente comprovato i danni patiti nell'evento.

La perizia di parte non era stata, infatti, sufficiente allo scopo, anche perché redatta a distanza di un anno dai fatti e solo sulla base delle foto prodotte dal committente. Inoltre, essa faceva riferimento a dei lavori di ristrutturazione in corso, cioè quelli descritti nella fattura agli atti, che in realtà risultavano eseguiti molto tempo prima della perizia stessa. Insomma, la prova dei danni non era stata raggiunta.

Responsabilità da cose in custodia: un utile vademecum della Cassazione

In sede di appello, la Corte di Roma confermava, integralmente, il primo giudizio. Gli elementi probatori prodotti dall'appellante a supporto della propria domanda risarcitoria erano insufficienti per le stesse ragioni espresse in primo grado. Anche l'appello, perciò, è stato rigettato.

Considerazioni conclusive

Per ottenere il risarcimento, colui che si dichiara danneggiato da una cosa in custodia ha l'onere di comprovare il nesso causale, tra la cosa e l'evento, e i danni. In presenza di tali presupposti, al proprietario/custode non resta che risarcire la controparte, salvo che dimostri che i fatti sono riconducibili al cosiddetto caso fortuito.

Nella vicenda in commento, però, l'attore, poi appellante, non ha fornito la prova dei danni.

Essa non poteva essere rappresentata da una perizia di parte perché, come ricorda la Corte di Appello di Roma, "essa costituisce una semplice allegazione difensiva, priva di autonomo valore probatorio".

Non poteva, altresì, bastare una semplice fattura, perché "la produzione di fatture a documentazione delle spese sostenute dal danneggiato non è prova immediata dell'entità del danno, ma fornisce per il suo accertamento solo elementi da considerare in concorso con altri, anche desunti da nozioni di comune esperienza (Cass. n. 5565 del 1991 e Cass. n. 779 del 1971) e a maggior ragione da valutazioni tecniche acquisite con consulenza, come nel caso di specie (Cass. n. 134/2020)".

Ecco, dunque, spiegati i motivi del rigetto.

Sentenza
Scarica App. Roma 19 maggio 2023 n. 3621
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