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Come si modificano le tabelle millesimali

Il parametro che determina la possibilità di modificare e/o rettificare le tabelle millesimali dipende dalla natura delle stesse.
Avv. Caterina Natalotto - Foro di Palermo 

È questo il principio espresso dalla sentenza del Tribunale di Roma del 23 gennaio 2020, alla luce delle numerose decisioni pronunciate, negli anni, dalla Cassazione ed alle modifiche introdotte dalla legge di riforma del 2012, che dettagliatamente chiarisce in materia di rettifica o modifica delle tabelle millesimali

Cosa sono e a cosa servono le tabelle millesimali

Prima di addentrarsi nelle maglie delle modifiche o delle rettifiche delle tabelle millesimali è doveroso chiarire cosa sono, a cosa servano e quali sono le norme che le regolano.

Le tabelle millesimali regolano il peso, ovvero, la composizione della volontà in assemblea, del singolo proprietario all'interno del condomino e servono a ripartire le spese relative alle parti comuni fra tutti i proprietari. Rappresentano, dunque, la misura dei diritti di ciascun condomino sulle parti comuni e sui servizi condominiali.

Quando si acquista un immobile, solitamente, viene allegato al contratto di compravendita il regolamento condominiale e con questo spesso si trovano le tabelle millesimali. Infatti, le tabelle millesimali rappresentano un allegato del regolamento. Il valore dei millesimi non muta con le successive compravendite, ma rimane inalterato, fatti salvi i casi di rettifica o modifica.

Le tabelle millesimali, comunque, possono formarsi in vari modi, nella maggior parte dei casi vengono predisposte dall'originario proprietario o costruttore e si chiamano "tabelle contrattuali ", in mancanza, devono essere deliberate dall'assemblea e si chiamano "tabelle assembleari ". In questo ultimo caso, ai fini della loro approvazione, occorre distinguere due ipotesi:

1) tabelle che derogano ai criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge, che richiedono per l'approvazione l'unanimità dei condomini (si parla di tabelle contrattuali assembleari);

2) tabelle che adottano i criteri di ripartizione delle spese comuni stabiliti dalla legge, che possono essere approvate dalla maggioranza degli intervenuti e di almeno la metà del valore dell'edificio (art. 1136 c. 2 c.c.).

Si deve anche aggiungere che un Condominio può essere gestito anche in mancanza delle tabelle millesimali, esse non sono obbligatorie se il numero di condomini non è superiore a dieci.

Tuttavia, se il numero dei condomini è superiore a dieci deve essere formato un regolamento, che le contenga.

Una volta formate sono vincolanti per tutti i condomini e per lo stesso Amministratore, il quale è obbligato ad applicarle nella ripartizione delle spese.

Le norme che si occupano delle tabelle millesimali sono contenute segnatamente nel Codice civile. A titolo esemplificativo si citano:

l'art. 1118 c.c. a mente del quale il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene;

l'art. 1138 c.c. secondo il quale, quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell'edificio e quelle relative all'amministrazione;

l'art. 68 disp. att. c.c. secondo cui il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi, in apposita tabella allegata al regolamento di Condominio. La norma rinvia all'art. 1123 c.c. (in materia di ripartizione delle spese), all'art. 1124 c.c. (manutenzione e sostituzione di scale e ascensori), all'art. 1126 c.c. (lastrici solari di uso esclusivo) e all'art. 1136 c.c. (costituzione dell'assemblea e validità della deliberazione);

l'art. 69 disp. att. c.c. si occupa della rettifica e modifica delle tabelle millesimali.

Se le tabelle presentano degli errori.

Tuttavia, può accadere che le tabelle, sia esse contrattuali che assembleari, siano viziate da errori: da intendersi quale obiettiva divergenza tra il valore realistico della singola proprietà ed il valore proporzionale ad essa attribuito, ovvero, quale divergenza dovuta a significative variazioni dello stabile o di una parte dell'edificio, cioè quando questi siano stati sottoposti a modifiche di riduzione o ampliamento per più di un quinto dell'unità immobiliare.

Ebbene, in questi casi è possibile chiedere la revisione delle tabelle millesimali di riferimento.

Si parla di rettifica nei casi in cui risulta che sono conseguenza di un errore (art. 69 c. 1, n. 1 disp. att. c.c.), errore significativo ed essenziale, avente ad oggetto la superficie, la cubatura o l'estensione, o l'attribuzione di una destinazione d'uso diversa da quella reale ovvero può trattarsi di un errore matematico di calcolo o di misurazione (errore di fatto ); oppure errore può consistere nell'aver considerato degli elementi che la legge qualifica non significativi, come lo stato di manutenzione (errore di diritto).

Si parla di modifica, quando per le mutate condizioni di una parte dell'edificio (art. 69 c. 1, n. 2 disp. att. c.c.), è alterato per più di 1/5 il valore proporzionale dell'unità immobiliare, anche di un solo condomino, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici, di incremento o diminuzione delle unità immobiliari stesse. La modifica deve essere rilevante e incidere sull'essenza dell'edificio.

A titolo di esempio, si considera tale la trasformazione di una cantina in un appartamento; la trasformazione di una mansarda non abitabile in un appartamento, la sopraelevazione o il cambio di destinazione.

In ogni modo, nel caso in cui l'assemblea decide di procedere alle modifiche, il relativo costo deve essere sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

E se l'assemblea non ritiene di dover deliberare sulla revisione delle tabelle millesimali chiesta da un condominio?

La revisione, sia essa per modifica o per rettifica può avvenire in sede di assemblea condominiale, o in ipotesi di disaccordo in sede giudiziaria lasciando al Tribunale la valutazione sulla necessità ed identità della revisione stessa.

La decisione del Tribunale di Roma (n.1467 del 23 gennaio 2020) qui allegata, interviene in favore di un condomino il quale aveva chiesto al condominio di modificare le tabelle millesimali dell'edificio, perché gran parte delle unità immobiliari di proprietà esclusiva erano state oggetto di notevole ampliamento delle superfici residenziali, sia a scapito di intercapedini retrostanti le stesse, sia della superficie delle terrazze e comunque penalizzanti nei suoi confronti; non avendo ottenuto delibera favorevole in seno all'assemblea condominiale il condomino decideva di adire il Tribunale, previa tentativo obbligatorio di mediazione, anch'esso negativo, per ottenere la revisione delle tabelle millesimali stesse.

Ed infatti, quando non è possibile dar luogo alla rettifica assembleare delle tabelle millesimali (ad esempio, per il disaccordo dei partecipanti o per diniego dell'assemblea) ci si può rivolgere all'autorità giudiziaria, al fine di ottenere la revisione giudiziale delle tabelle medesime.

Ovviamente, anche un singolo condomino può chiedere la revisione delle tabelle millesimali evocando in giudizio il Condominio, in persona dell'amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.

L'amministratore che non adempie a quest'obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni (art. 69 c. 2 disp. att. c.c.).

Trattandosi di materia condominiale, si ricorda che è obbligatorio esperire il tentativo di mediazione.

Se il giudice ritiene fondate le argomentazioni dell'attore, come nel caso di specie, accoglie la richiesta e opera la revisione delle tabelle. La revisione giudiziale produce effetti dal momento del passaggio in giudicato della sentenza. Il condomino può agire per ottenere il rimborso delle spese di quanto versato in base alle tabelle errate esperendo l'azione di indebito arricchimento (art. 2041 c.c.).

Nel caso del nostro inascoltato condomino, il Tribunale è intervenuto con l'ausilio di un C.T.U. chiamato a verificare l'esistenza delle incongruenze denunciate ed ha chiarito che avendo le tabelle vigenti natura regolamentare, nel senso che mirano unicamente a regolamentare tra i condomini i rapporti giuridici di contribuzione alle spese sulla scorta dell'estensione della proprietà dei medesimi, che già esiste nella realtà, si debbano considerare documenti con solo valore dichiarativo e di semplice accertamento, la cui approvazione è un atto - riprendendo quanto recentemente stabilito dalla Corte di Cassazione civ. (3221/2014) - che ha natura valutativa della situazione di fatto.

L'approvazione di detta tabelle è dunque un "atto attraverso il quale si riconosce l'esattezza di un operazione di calcolo, effettuata mediante l'adozione di specifici coefficienti correttivi in dipendenza della presenza o meno di elementi oggettivi (l'estensione, l'esposizione, l'altezza, ecc) inerenti alla proporzione tra il valore della singola unità e quella dell'intero edificio".

Il Tribunale, dunque, ha ribadito che "di conseguenza il regime delle modifiche delle tabelle dipende dalla natura delle stesse nel caso concreto".

Per intenderci, ogni qual volta si rende necessario valutare la modificabilità delle tabelle millesimali, prima di ogni cosa si deve verificare se hanno origine negoziale- contrattuale, la cui fonte è una convenzione tra condomini in deroga ai criteri legali di riparto, ovvero sia un semplice atto di adesione dell'assemblea ad una valutazione sposta da un tecnico nel rispetto dei parametri e criteri legali.

Nel primo caso le tabelle millesimali potranno essere modificate solo dall'assemblea condominiale all'unanimità o dall'autorità giudiziaria, avendo queste natura strettamente contrattuale.

Nel secondo caso invece - così come affermato dalla Cassazione SS.UU. del 2010 n.1877, e l'opportuna e conseguenziale legge di riforma del 2012 - sarà sufficiente la maggioranza di cui all'art.1136 2° c.c. e cioè la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore dell'edificio.

Sentenza
Scarica Trib. Roma 23 gennaio 2020 n. 1467
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